La telefonata di Salvatore Failla alla moglie: «Sono solo, ho bisogno d’aiuto»

Un file audio datato 13 ottobre 2015, giorno in cui squilla il telefono nella casa presso Siracusa della famiglia di Salvatore Failla, il dipendente della Bonatti sequestrato in Libia fin dal marzo di quell’anno: «Sono rimasto solo, ho bisogno d’aiuto», diceva Failla alla moglie con una voce che, con ogni probabilità, proveniva da una registrazione. «Ho bisogno di cure mediche, sono solo, muovi qualcosa, avverti i giornali e i Tg, la Bonatti non ne vuole sapere niente. Ti prego, muovi tutto quello che puoi». Quello fu l’ultimo contatto fra Salvatore Failla e la moglie, che obbedì poi alla Farnesina evitando qualsiasi ulteriore contatto; e che ora si dice «in colpa» per non aver fatto di più.

LA TELEFONATA DI SALVATORE FAILLA ALLA MOGLIE: «SONO SOLO, MI SERVE AIUTO»

Sono rientrate nelle primissime ore di oggi le salme dei due tecnici uccisi in Libia, all’aeroporto di Ciampino.

La tragica voce di Salvatore Failla viene fatta ascoltare alla stampa dalla moglie.

I giorni successivi alla telefonata vengono raccontati dal Corriere della Sera.

«Amore mio, rispondimi, dove sono Fausto, Gino e Filippo che stavano con te?», invocava lei. Ma dall’utenza libica sparisce la voce metallica di Salvo e compare l’italiano stentato di uno dei sequestratori (o presunto tale) che le chiede se ha ben ascoltato il messaggio. Dopo quel 13 ottobre il telefono di casa Failla è squillato molte volte con il numero libico che appariva sul display: «Ma io non ho più risposto. Ho seguito le indicazioni della Farnesina perché sul caso di mio marito e dei suoi colleghi, mi dicevano, si stava lavorando. Io ho fatto quello che mi veniva detto. Non ho parlato con i giornali e non ho risposto alle telefonate. E ora mi sento tremendamente in colpa per non avere fatto nulla…».

 

«Dove è lo Stato?» si chiede ora la figlia di Salvatore, Erika Failla: «Abbiamo fatto quello che ci hanno detto ma non è servito a nulla. No, ora i funerali di Sato non li vogliamo. Mio padre era una persona buona».

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Sulla situazione libica, intanto, è intervenuto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni riferendo al Parlamento, tornando a sottolineare come il nostro paese sarebbe tutt’altro che intenzionato a farsi trascinare in «avventure inutili». Per i sequestrati, continua Gentiloni, non è stato pagato alcun riscatto.

Il governo non si farà trascinare in avventure inutili e perfino pericolose per la nostra sicurezza nazionale. Non è sensibile al rullar di tamburi e a radiose giornate interventiste ma interverrà se e quando possibile su richiesta di un governo legittimo

Secondo Paolo Gentiloni, con il sequestro dei quattro italiani le forze dell’Isis, che pure stanno prendendo piede in Libia, non sarebbero implicate. «L’ipotesi più accreditata è quella di un gruppo criminale filo-islamico operante tra Mellita, Zuwara e Sabratah». C’è poi l’incognita autopsia: sarebbe stata effettuata in Libia nonostante le espresse richieste della Farnesina, senza alcuna autorizzazione e preavviso. Ora i medici legali italiani temono che le prove autoptiche per ricostruire la vicenda siano state “compromesse”.

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