Salva Roma e debito: i guai di Marino punto per punto

02/07/2014 di Alessio Barbati

Giorni di fuoco per il Sindaco Ignazio Marino a pochi giorni dalla consegna del piano di rientro prevista per venerdì prossimo. Si continua a discutere nell’aula Giulio Cesare del Palazzo Senatorio tra diserzioni di Sinistra e Libertà e occupazione, proseguita anche durante la notte, dei lavoratori di Multiservizi, due dei quali si sono “incatenati” al banco del Sindaco.

Conferenza europea della Fondazione De Benedetti "Casa e Mercato del Lavoro"

CHE COS’È IL PIANO DI RIENTRO – Il piano di rientro, in questi giorni il principale grattacapo del Sindaco Marino, è quanto ha chiesto il Governo al primo cittadino, in cambio dell’accesso ai fondi previsti dal decreto Salva Roma. Permetterà di risparmiare 445 milioni di euro in tre anni e servirà a garantire a Roma il riconoscimento degli extra costi sostenuti per le sue funzioni di Capitale, una cifra che si aggira intorno ai 150 milioni di euro l’anno. È un documento articolato in tre parti che si apre con l’analisi storica delle cause del disavanzo tra il 2009 e il 2013, prosegue con l’esposizione delle misure che si intendono prendere, e si conclude con l’effettivo piano di investimenti. Il budget è stato diviso in macroaree che spaziano dalla rigenerazione urbana ed edilizia alla cultura, passando dal ciclo dei rifiuti e ai trasporti. Il piano inoltre prevede la divisione delle società partecipate del Comune di Roma in tre grandi settori: “servizi pubblici locali”, “servizi strumentali”, “aziende speciali e mutue assicuratrici”.

L’ITER DELLA SPENDING REVIEW – Se ieri il piano triennale è stato illustrato in giunta, nelle prossime ore il Sindaco la sottoporrà al governatore Zingaretti, al quale verrà chiesto di raddoppiare i finanziamenti all’Atac. Il presidente della regione aveva promesso 140 milioni per il trasporto pubblico; non bastano secondo Marino che ne chiede 300 il primo anno, per poi scendere progressivamente fino a 240 dal 2017 in poi. Domani mattina il documento sarà sul tavolo interistituzionale Governo-Comune-Regione e venerdì, ultimo giorno utile, sarà consegnato al Presidente del Consiglio che avrà 60 giorni per approvarlo o respingerlo.

IL DECRETO SALVA ROMA – Per Decreto Salva Roma si intende la conversione del Decreto Legge n. 16 del 6 Marzo 2014. È un documento organizzato in 21 articoli su proposta del Presidente del Consiglio, del Ministro dell’economia, del Ministro dell’interno e del Ministro dell’istruzione, volto al superamento di situazioni di crisi finanziaria degli enti territoriali, e a garantire l’equilibrio di bilancio e la stabilità finanziaria dei medesimi. La stesura definitiva arriva dopo due tentativi fallimentari nonostante l’ostruzionismo di Lega Nord e MoVimento 5 Stelle che hanno tentato di impedire ogni approccio di mediazione sul testo.

COSA CAMBIA – Il DL 16/2014, da molti considerato come l’addio definitivo all’Imu, consente ai comuni di fissare, per il solo 2014, l’aliquota massima del Tasi, per l’abitazione principale, al 3,3 per mille. Visto il grave dissesto finanziario in cui verte la Capitale, il decreto consente al Commissario straordinario del governo di anticipare alla gestione ordinaria del Comune 570 milioni di euro. Di contro, al Sindaco Marino viene affidato il compito di redigere il piano di rientro dal debito, di adottare modelli innovativi per la gestione del trasporto pubblico locale e della raccolta dei rifiuti, oltre alla dismissione o alla liquidazione delle società partecipate che non abbiano come fine sociale attività di servizio pubblico.

COSA SUCCEDEREBBE SENZA SALVA ROMA – Se a Roma venisse negato l’accesso al fondo straordinario previsto dal decreto, il rischio di default della Capitale potrebbe trasformarsi in una spiacevole realtà. Ma cosa succederebbe se le casse comunali rimanessero a secco? Un buco di 600 milioni di euro nei bilanci porterebbe al taglio obbligato del 90% dei finanziamenti alle municipalizzate, oltre che al licenziamento del 50% del personale dell’Atac e dell’Acea, con una relativa riduzione dei servizi. Il trasporto pubblico rimarrebbe fermo, i rifiuti non verrebbero più raccolti dalle strade, l’illuminazione pubblica si spegnerebbe e i salari dei dipendenti statali verrebbero dimezzati. Questo scenario apocalittico ha creato nell’opinione pubblica la sensazione che la Capitale non sappia risolvere da sola i suoi problemi e che i suoi abitanti godano di privilegi negati agli altri cittadini.  Il dubbio è legittimo, soprattutto perché nessun’altra capitale del mondo ha potuto godere di una legge ad hoc, ma è veramente così? Roma rappresenta il comune più vasto d’Europa grande come Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Catania messe insieme. Inoltre, non gode di nessuno dei benefici appannaggio delle altre capitali europee, come strumenti amministrativi e risorse speciali e, nonostante questo, è sempre la città di Marino a pagare il conto delle duemila manifestazioni che ospita ogni anno, compresi gli eventi che si svolgono nello Stato del Vaticano.

Leggi il testo definitivo del Decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale

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