Rugby, la storia di McKinley: il mediano che ha perso un occhio. E che è stato convocato dall’Italia

Sarà l’affinità tra due «irlandesi d’Italia», sarà la fantastica vicenda personale, saranno i calci precisi tra i pali. La storia di Ian McKinley e della sua convocazione nella nazionale italiana di rugby da parte del commissario tecnico Conor O’Shea ha fatto il giro d’Europa. Inspirational l’hanno definita a Dublino e dintorni: il mediano d’apertura della Benetton Treviso che nel 2011, a soli 21 anni, aveva perso l’uso dell’occhio sinistro, ora può tornare a calpestare il palcoscenico del rugby internazionale non solo a livello di club.

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LA CONVOCAZIONE DI IAN MCKINLEY

Un sogno, per il momento. McKinley è stato inserito nella lista dei 44 pre-convocati dell’Italia per il tour azzurro di giugno che prevede sfide amichevoli dal valore di test-match contro Scozia, Figi e Australia. Saranno solo in 31 a superare il taglio e il giocatore di origini irlandesi è in corsa per un ruolo ampiamente coperto, con la concorrenza di Carlo Canna e Tommaso Allan, due punti fermi della nazionale di O’Shea. Ma la chiamata del commissario tecnico è in qualche modo una svolta in una carriera piena di cadute e di rinascite.

LA STORIA DI IAN MCKINLEY

McKinley era uno dei giocatori più promettenti del vivaio del Leinster, una delle storiche squadre di rugby del Vecchio Continente. Un giorno, nel corso di una partita, i tacchetti di un suo compagno di squadra, per errore, si conficcarono nel suo occhio sinistro. Un incidente terribile, ma che deve essere messo in conto in uno sport fisico come il rugby. Si sottopose a un intervento chirurgico e, in un primo momento, recuperò il 50% delle sue capacità visive. Poi, nel corso di una vacanza, l’improvviso distacco della retina, il buio, il ritiro dal rugby professionistico.

La seconda vita di McKinley ripartì proprio in Italia. Iniziò come allenatore delle giovanili del Leonorso Rugby Udine, una squadra di quarta divisione. Lui, così giovane, ebbe qualche problema di ambientamento, non riuscendo a interagire come avrebbe dovuto fare un coach con giocatori, in fondo, di poco più piccoli di lui. La risposta, tuttavia, arrivò dal National College Art and Design di Dublino, dove uno specializzando aveva progettato un paio di occhiali protettivi che potevano essere utilizzati in ambito sportivo. 

Gli occhiali non restituirono la vista a Ian, ma lo resero più sicuro e protetto. Tornò allora a calpestare i campi di rugby come giocatore, prima solo per scherzo. Quando, però, gli allenatori notarono i suoi progressi, decisero che sarebbe stato inutile sprecare un vero e proprio talento. E allora, eccolo tornare al professionismo, prima nel Viadana – squadra di Eccellenza, la massima serie italiana – e poi nelle franchigie delle Zebre e della Benetton che disputano il campionato di Pro-12 insieme a blasonate squadre di Irlanda, Galles e Scozia.

Anche se con una mobilità che non può tornare a essere quella dei tempi migliori, McKinley ha saputo comunque sfruttare il suo immenso talento, disputando un’ultima stagione da incorniciare. E chissà che questo sogno non continui in maglia azzurra.

FOTO da profilo Facebook

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