Alatri, la ferocia degli aggressori: Emanuele colpito con manganello e chiave svita bulloni

29/03/2017 di Redazione

Colpito con calci e pugni. Ma anche con un manganello e una chiave svita bulloni. Durante un pestaggio in due fasi. Sono alcuni particolari della rissa durante la quale, la notte tra venerdì e sabato ad Alatri fuori da un locale, è stato massacrato di botte Emanuele Morganti poi morto in ospedale dopo due giorni di agonia. Per aggressione e uccisione del ventenne studente sono indagate 9 persone, due delle quali sono finite in carcere. Si tratta di due fratellastri, Mario Castagnacci, 27 anni, cuoco in un ristorante di Roma, e Paolo Palmisani, 24 anni, impegnato nell’azienda edile di famiglia.

ALATRI, LA RISSA CHE HA UCCISO EMANUELE MORGANTI

Stando a quanto emerso dalle indagini, come riporta Clemente Pistilli su Repubblica, Emanuele si sarebbe recato al locale, il ‘Mirò, con la fidanzata Ketty e alcuni amici. Mentre i due fidanzati si trovavano al bancone uno degli aggressori avrebbe cominciato a sgomitare per essere servito subito. A quel punto i buttafuori, quattro persone in tutto, avrebbero allontanato dal locale Morganti. All’esterno del circolo Arci poi il dramma. Damiano Bruni, uno dei buttafuori, avrebbe colpito Emanuele con un manganello, poi trovato nella sua auto. Palmisani invece con una chiave svita bulloni. Castagnacci lo avrebbe poi fatto cadere a terra con un pugno alla testa. Palmisani, non contento, avrebbe continuato ad infierire insieme ad altre persone fino all’arrivo dei carabinieri. Il feroce pestaggio è andato avanti per 10-15 minuti. Il corpo esanime di Emanuele è stato probabilmente anche trascinato sull’asfalto e coperto di sputi dagli aggressori, come riferito da uno zio del giovane.

 

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Il procuratore capo di Frosinone Giuseppe De Falco ieri in conferenza stampa ha detto che c’è ancora molto da investigare: «Le persone fermate sono riconducibili ad ambienti delinquenziali e non escludiamo che volessero dare un segno del loro controllo della piazza». Emanuele con loro con aveva nulla a che fare. Era semplicemente un «ragazzo perbene» capitato in «una situazione che poi è esplosa». «Dobbiamo verificare – ha detto De Falco – se questa esplosione di violenza gratuita è stata dettata dall’abuso di alcol e sostanze stupefacenti, come verosimile, e approfondire il movente».

Il magistrato ha definito la vicenda «di una gravità spaventosa perché per motivi banalissimi si é arrivati alla drammatica morte di un ragazzo innocente». Un litigio banalissimo tra Emanuele e un’altra persona scattato per una bevanda da prendere per primo è stata l’occasione scatenante, la scintilla dalla quale si è arrivati alla rissa. Una lite con una persona probabilmente in stato di alterazione alcolica. Mentre lui Emanuele non era ubriaco. Tutt’altro.

(Foto Facebook)

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