Ecco perché anche l’Italia rischia attentati (secondo i nostri 007)

18/08/2017 di Donato De Sena

La strage di ieri a Barcellona fa inevitabilmente riemergere gli interrogativi (e le paure) legati al rischio di attentati terroristici nel nostro Paese, che fino ad oggi per fortuna non è stato colpito da gravi attacchi come quelli che si sono verificati negli ultimi anni in Francia, Germania, Gran Bretagna, Belgio e Spagna. La minaccia jihadista sembra molto distante dall’Italia, per l’assenza di aggressioni. In realtà il pericolo è concreto e ci costringe ad una costante allerta. A spiegarlo bene sono i documenti redatti dai nostri 007, come l’ultima relazione al Parlamento sulla politica dell’informazione per la sicurezza, presentata lo scorso 27 febbraio.

 

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IL RISCHIO ATTENTATI IN ITALIA: I RADICALIZZATI IN CASA

Il rapporto spiega innanzitutto che in Italia continua una «pressante campagna intimidatoria della pubblicistica jihadista caratterizzata da immagini allusive che ritraggono importanti monumenti nazionali e figure di grande rilievo, tra cui il Pontefice». Il tema dominante nella campagna jihadista è quello dell’«attesa della conquista di Roma, motivata anche dal ruolo assunto dal nostro Paese nella lotta internazionale al terrorismo e nella stabilizzazione di aree di crisi, prima fra tutte la Libia». Nel nostro Paese il rischio maggiore sarebbe legato alla «possibile attivazione di elementi ‘radicalizzati in casa’ dediti ad attività di autoindottrinamento e addestramento su manuali online, impegnati in attività di proselitismo a favore di Daesh e dichiaratamente intenzionati a raggiungere i territori del Califfato». «Sempre più concreto – spiega ancora l’intelligence nella sua relazione – si configura il rischio che alcuni di questi soggetti decidano di non partire, a causa delle crescenti difficoltà a raggiungere il teatro siro-iracheno ovvero spinti in tal senso da ‘motivatori’ con i quali sono in contatto sul web o tramite altri canali di comunicazione, determinandosi in alternativa a compiere il jihad direttamente in territorio italiano». In Italia come in altri Paesi Europei, dunque, «alla flessione delle partenze di foreign fighters dal territorio nazionale potrebbe corrispondere un aumento del rischio di attacchi ‘domestici’ da parte di una o più persone legate da fattori di prossimità. Al riguardo, rilevano soprattutto legami familiari, rapporti amicali ed esperienze condivise di devianza negli ambienti delinquenziali e nelle strutture di detenzione». Attenzione massima viene rivolta al fenomeno della radicalizzazione nelle carceri, «testimoniato anche dall’esultanza manifestata da diversi detenuti dopo gli attentati di Bruxelles e Nizza» e che è «indice di un risentimento potenzialmente in grado di tradursi in propositi ostili alla fine del periodo di reclusione».

IL RISCHIO ATTENTATI IN ITALIA: I MILITANTI DALL’ESTERO

Non è da sottovalutare poi l’«influenza negativa» esercitata nei centri di aggregazione da predicatori radicali dotati di una certa autorevolezza all’interno della comunità, soprattutto nei giovani primi di adeguata formazione religiosa che potrebbero essere indotti – rilevano i nostri 007 – a una visione conflittuale nei confronti dell’Occidente, foriera di derive violente». «Oltre a rappresentare un potenziale target di attacchi diretti, il territorio nazionale – concludono i servizi – potrebbe costituire un approdo o una via di fuga per militanti del Califfato presenti in Libia o provenienti da altre aree di crisi, una base per attività occulte di propaganda, proselitismo e approvvigionamento logistico, nonché una retrovia o un riparo anche temporaneo per soggetti coinvolti in azioni terroristiche in altri Paesi, come verosimilmente accaduto nel caso dell’attentatore di Berlino, Anis Amri».

(Foto da archivio Ansa: un’esercitazione antiterrorismo all’aeroporto Leonardo da Vinci di Roma. Credit: ANSA / TELENEWS)

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