Rimpatrio capitali, pronta l’impennata a settembre

Rimpatrio capitali, il governo si aspetta un’impennata delle richieste per settembre, quando con ogni probabilità gli italiani che hanno soldi da parte in Svizzera giudicheranno conveniente l’utilizzo degli strumenti sulla “voluntary disclosure”, normative che incentivano il rientro dei fondi illecitamente trattenuti all’estero, sopratutto dopo l’introduzione del reato di evasione fiscale in Svizzera. La scelta ora, per i “Paperoni” esterovestiti di tutta Italia, è fra il lasciare i fondi, inutilizzabili, in un bel conto blindato, o riportarli al di qua della frontiera, pagando le tasse dovute.

RIMPATRIO CAPITALI, PRONTA L’IMPENNATA A SETTEMBRE

Sul Messaggero Andrea Bassi ha sentito uno dei principali esperti italiani di rientro dei capitali.

«Dal mese scorso», spiega Fabrizio Vedana, vice direttore generale dell’Unione fiduciaria, «in Svizzera l’evasione è diventata un reato penale, e dunque i funzionari di banca che non segnalano operazioni sospette possono essere imputati». Così hanno iniziato a chiedere ai clienti di giustificare l’origine dei loro soldi. Chi non lo fa viene invitato a chiudere il conto. Una rivoluzione in un Paese in cui, secondo le stime, sono custoditi tra 120 e 200 miliardi di soldi italiani nascosti al Fisco. Insomma, il cliente di cui sopra non potrà far altro che contare i suoi cinque milioni, perché con le nuove procedure di segnalazione automatica, come proverà ad investirli, a comprare un immobile o un bene di lusso, finirà per essere intercettato dal Fisco. A meno che non aderisca alla procedura di «voluntary disclosure», la procedura di rimpatrio dei soldi varata dal governo. Un meccanismo così efficace che nelle nuove condizioni dettate alla Grecia per ottenere gli 86 miliardi di aiuti europei, l’ex Troika ha chiesto che anche Atene, come già ha fatto Roma, adotti una normativa simile.

Una procedura che però, finora, ha dimostrato di non essere molto popolare; questo perché una volta rimpatriati i capitali, le tasse evase vanno comunque pagate, e fino al mese scorso l’erario poteva pretendere importi molto gravosi.

LEGGI ANCHE: Tasse, l’allarme della Corte dei Conti: “Pressione fiscale al massimo”

Il governo ha modificato però al ribasso le somme esigibili.

A luglio è stato aggiunto il tassello più importante che mancava per assicurare il successo dell’operazione: una norma sul raddoppio dei termini di accertamento. In estrema sintesi si tratta di un consistente sconto a chi riporta i soldi in Italia. La voluntary non è una sanatoria, perché per regolarizzare i capitali è necessario pagare tutte le tasse evase. L’unico sconto è sulle sanzioni e sugli interessi. Però le tasse vanno pagate solo sui periodi per i quali il Fisco può effettuare accertamenti. Fino a luglio, con le vecchie norme sul raddoppio dei termini, si poteva arrivare fino a 8-10 anni indietro. Con la limitazione introdotta, invece, il Fisco potrà chiedere le tasse arretrate solo degli ultimi 4-5 anni. In pratica il prezzo per far emergere i capitali si è dimezzato.

Secondo gli avvocati che seguono le procedure, questa modifica legislativa permetterà di avere una vera e propria impennata delle richieste da qui a fine settembre; molte pratiche erano infatti bloccate sulla “start line” proprio in attesa di un provvedimento del genere. Il governo si fa già i conti in tasca: quanti soldi si potranno incassare con il rientro di questi patrimoni?

Al Tesoro ci sarebbe la ragionevole certezza di poter arrivare con facilità ad almeno 3 miliardi di euro. Anche perché 1,4 miliardi sono già impegnati da due clausole di salvaguardia, una vecchia risalente al governo Letta per scongiurare l’aumento di acconti Irpef e Ires. Ed un’altra più recente per evitare un aumento delle accise legato alla bocciatura da parte dell’Europa della normativa sull’inversione contabile per l’Iva.

Si ragiona anche sull’idea di prorogare il termine entro il quale poter dare il via alla procedura, magari arrivando a dicembre, alla fine dell’anno.

Copertina: Getty Images

Share this article