Report e i dubbi sulle reazioni avverse del vaccino anti-papilloma virus (HPV)

18/04/2017 di Redazione

Ha generato una serie di reazioni contrastanti il servizio della trasmissione di Raitre Report andato in onda ieri riguardante la farmacovigilanza e in particolare il papilloma virus (HPV) collegato all’insorgere del tumore al collo dell’utero e le reazioni avverse generate dal vaccino.

IL SERVIZIO DI REPORT SUL VACCINO ANTI-PAPILLOMA VIRUS

Nel servizio della giornalista Alessandra Borella viene stato spiegato che per prevenire il virus l’Italia è stata il primo paese in Europa ad introdurre il vaccino anti-papilloma, uno dei più costosi in età pediatrica, e che le nostre autorità sanitarie si sono basate su una valutazione positiva dell’Agenzia Europea del Farmaco, che ha dichiarato sicuro questo tipo di vaccini. Ma le segnalazioni sui possibili danni causati dal vaccino anti HPV – si spiega ancora – potrebbero non essere stati valutati correttamente. A porsi gli interrogativi sono un team di ricercatori indipendenti danesi della rete ‘Cochrane Collaboration’, che ha presentato un reclamo ufficiale a Strasburgo. L’accusa degli studiosi è rivolta all’agenzia europea del farmaco, accusata di aver sottovalutato le reazioni avverse. Le stesse gravi reazioni che in Italia vengono denunciate da decine di donne.

 

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«La prima cosa importante che diciamo – ha spiegato il conduttore di Report lanciando il servizio Sigfrido Ranucci – è che questa inchiesta non è contro l’utilità dei vaccini. Si tratta in tema di prevenzione probabilmente della scoperta più importante degli ultimi 300 anni. Parliamo però di farmacovigilanza: di che cosa accade quanto ti inietti il vaccino e hai una reazione avversa. La legge prevede che il medico appena venuto a conoscenza debba informare l’ufficio di farmacovigilanza, entro 36 ore. Ma in quanti lo fanno?». L’inchiesta dà spazio alla testimonianza di diverse donne che soffrono di dolori cronici su tutto il corpo che «non vanno via con nessun farmaco» e che ritengono legati al vaccino. «Un medico – è il racconto di Anna Pezzotti dell’associazione Rav Hpv – ha voluto ascoltarci e ha aperto un’inchiesta presso la farmacovigilanza. Qui mi è stato detto che a dicembre 2014 vi erano 900 segnalazioni di reazioni avverse al vaccino anti-papilloma virus e 180 di queste segnalazioni già presenti avevano gli stessi sintomi descritti da mia figlia». Di una rete di 40 famiglie solo 4 sarebbero riuscite ad ottenre una segnalazione. «Le altre – è stato raccontato ai microfono di Report – non riescono perché il medico si rifiuta di inoltrare la segnalazione. La giustificazione è: la letteratura scientifica ad oggi asserisce che non c’è nessuna correlazione tra i sintomi delle ragazze e il vaccino anti- papilloma virus». Eppure un medico – spiega il servizio – per legge è tenuta a farla subito la segnalazione di qualsiasi sospetta reazione avversa, nel caso dei vaccini entro 36 ore.

L’inchiesta riporta anche la testimonianza di alcuni medici. Come quella di Yehuda Shoenfeld, immunologo che lavora a Tel Aviv e che è diventato punto di riferimento di chi sospetta di aver subito danni dal vaccino. «Non sono convinto – dice – che il vaccino contro l’Hpv possa prevenire il cancro. Lo sapremo tra 20 anni, per ora è stata rilevata una riduzione delle lesioni precancerose. La durata della copertura vaccinale è ignota e ogni giorno vedo troppe reazioni avverse». Ma viene anche intervistato Beniamino Palmieri, medico dell’Università di Modena e di Reggio Emilia, che alle donne che sospettano di aver subito danni dal vaccino ha fatto conoscere uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità. «Ho riscontrato come dal 2008 al 2011 il 60% delle ragazze vaccinate con i due classici vaccini (anti-papilloma virus, ndr) manifestassero reazioni avverse» (un campione di 12mila donne tra i 9 e i 26 anni da 9 regioni diverse). «Auspicherei – è il suo messaggio – che il ministero della Sanità e gli osservatori epidemiologici regionali ci fornissero informazioni ulteriori». Si tratta di informazioni che per ora non arrivano, perché le Regioni raccolgono dati in maniera diversa. Alcune non sono ancora pronte ad elaborarli. Ed altre si rifiutano di diffonderli. E quando i dati ci sono, poi, a volte i conti non tornano: l’Aifa ha segnalato 293 casi di reazioni avverse nel 2012 in tutta Italia. La Lombardia, per lo stesso anno, 692 nella sola regione.

A livello europeo, invece, sul banco degli imputati è finita l’European Medicines Agency, accusata di poca trasparenza nell’immissione del mercato del vaccino e di aver sottovalutato le reazioni avverse. I casi più gravi si sono verificati proprio in Danimarca. Contro l’agenzia del farmaco europea puntano oggi il dito soprattutto ricercatori indipendenti. Il professor Peter Gotzsche, medico, chimico e biologo, parla di «truffa» ai danni del Ministero della Sanità. Il centro che raccoglie i dati delle razioni avverse si trova in Svezia, e avrebbe raccolto 71mila casi di reazioni avverse (numero considerato in difetto perché denuncerebbe effetti collaterali solo il 10% di chi realmente li ha). Il ministero danese ha anche chiesto all’Ema nuovi controlli sul vaccino, ma l’agenzia ha confermato il suo via libera.

«Cento milioni di persone sono state vaccinate. La maggior parte di queste segnalazioni – è quanto spiega parlando delle reazioni Enrica Alteri, direttore ricerca e sviluppo medicinali a uso umano presso l’Ema – vengono perché c’è quella che viene chiamata ‘relazione temporale’: ad esempio ho un vaccino e il giorno dopo mi fa male la testa. Bisogna domandarsi se questi eventi avvenivano prima del vaccino. La riposta è sì: può essere una coincidenza».

Con l’inchiesta vengono riportate anche le denunce di anomalie nei report che l’agenzia europea valuta prima di mettere in commercio un vaccino: ci sarebbe una mancanza di trasparenza, della possibilità di controllare i rapporti delle case farmaceutiche. Sulle modalità di valutazione dell’Ema è critico ad esempio anche Silvio Garattini, direttore dell’istituto di ricerca farmacologico Mario Negri di Milano. C’è anche la sua firma sul reclamo al mediatore europeo. «Il dossier per un farmaco – ha spiegato a Report – può essere presentato solo da una industria farmaceutica, ci può essere il massimo interesse ammettere in evidenza le cose favorevole. Lo stesso impegno a cercare i benefici dev’essere trasmesso anche a cercare i rischi». Come Garattini anche i ricercatori danesi e il professor Shoenfeld ritengono opportuno che almeno degli studi clinici prima dell’immissione di un farmaco sul mercato venga fatto da un ente indipendente.

Il servizio di Report è stato condiviso da tanti utenti sui social network. Ma ha ricevuto anche critiche. «Libertà non è poter dire ‘c’è una bomba allo stadio’. Report ha diffuso allarme su HPV senza basi scientifiche», ha scritto su Twitter il medico Roberto Borioni, professore ordinario di Microbiologia e Virologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e autore di numerosi articoli scientifici su riviste internazionali e relatore a numerosi congressi. «Le ipotesi allarmistiche riportate non hanno base scientifica. Traduzione: sono bojate», ha aggiunto.

Nel pomeriggio, poi, sono arrivate anche le dichiarazioni del ministro della Salute Beatrice Lorenzin. La titolare del dicastero ha affermato: «Diffondere paura propugnando tesi prive di fondamento e anti scientifiche è un atto di grave disinformazione ed è quanto ha fatto ieri sera la trasmissione di Rai3 Report, dedicata al vaccino contro il Papilloma virus, il primo vaccino contro il cancro che l’uomo è riuscito a produrre». Il ministro ha poi sottolineato come il servizio arrivi in un momento delicato della campagna sui vaccini: «Medici e scienziati di ogni parte del mondo stanno cercando di controbattere ai falsi miti degli anti vax, che sfruttano paura ed ignoranza  per convincere i genitori a rinunciare ai vaccini».

(Immagine: frame da video di Report)

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