La fake news del milione di posti di lavoro del Jobs Act di Renzi

31/08/2017 di Redazione

Matteo Renzi ha celebrato su Twitter e Facebook il successo del Jobs Act, la riforma più importante del suo governo, rimarcando come ormai sia vicino il traguardo del milione dei posti di lavoro creati grazie alle nuove regole del mercato del lavoro e gli incentivi collegati alla normativa.

I dati ISTAT usciti oggi saranno commentati dai politici nel modo più diverso. Ma i numeri sono semplici e chiari e sui numeri non si discute. Gli italiani che lavorano sono più di 23milioni, risultato che non toccavamo dal 2008, inizio della crisi. Ma il dato più interessante è che da febbraio 2014, inizio dei #MilleGiorni, a oggi sono stati creati 918MILA posti di lavoro, di cui 565MILA a tempo indeterminato (61%). Questo significa che il MILIONE di posti di lavoro è a portata di mano. Solo che per creare un milione di posti di lavoro è stato necessario il JobsAct, non uno slogan in campagna elettorale. Il JobsAct ha funzionato bene: come sarebbe bello se questo fosse riconosciuto anche da chi ci ha insultato in questi anni. Come sarebbe civile la politica se oggi ci fosse il riconoscimento anche dai nostri avversari. Forse non accadrà. Ma noi andiamo avanti, adesso avanti. Non fermiamoci ora. Bisogna crescere sopra i 23 milioni, ridurre la disoccupazione giovanile, creare opportunità per chi vuole provarci. Avanti, insieme

 

COSA C’ENTRA IL JOBS ACT DI RENZI CON LA CRESCITA DELL’OCCUPAZIONE

Renzi si riferisce alla crescita del numero di occupati, che http://www.istat.it/it/archivio/203230Istat rilevava a 22 milioni e 145 mila nel febbraio del 2013, e ora invece stima a 23 milioni e 63 mila. Il più alto numero di occupati nella storia del nostro Paese è stato rilevato da Istat ad aprile del 2008, quando gli occupati complessivi erano 23 milioni e 189 mila.  Ci sono due fattori, però, che spiegano, molto di più del JobsAct o, più credibilmente, della ripresa economica che caratterizza l’Eurozona da ormai diverso tempo, la crescita dell’occupazione. Il primo fattore è demografico: la forza lavoro, composta da chi è occupato e chi ne è in cera, è aumentata in modo rilevante. Nove anni fa la forza lavoro era pari a poco meno di 25 milioni persone, ora sono più di 26. Una differenza di più di un milione di persone spiegabile con l’aumento graduale della popolazione italiana, favorito dall’immigrazione. Questo spiega perché un comparabile dato di occupati produca un diverso tasso di occupazione, al 59% nel 2008, ora al 58%.  Riprendiamo il tweet di Francesco Seghezzi in merito: “Siamo tornati al 2008”. Sì ma nel frattempo la popolazione è aumentata…nella migliore delle ipotesi mancano all’appello 350mila occupati.

Renzi

L’altro fattore è il prolungamento nella forza lavoro di persone over 50, prodotto in primis dalla riforma Fornero che ha innalzato l’età per il pensionamento. Istat nel 2008 rilevava infatti 5 milioni e mezzo di occupati nella coorte anagrafica superiore ai 50 anni, ora saliti a più di 8 milioni. Il sistema economico italiano non ha prodotto evidentemente più di 2 milioni e mezzo di posti di lavoro tra gli over 50, ma la fine dei prepensionamenti e l’allungamento dell’età lavorativa hanno favorito l’aumento occupazionale. Nella coorte anagrafica più anziana il tasso di occupazione, il dato più preciso per capire l’andamento del mercato del lavoro, è infatti salito verticalmente dal 24,5 di aprile 2008 all’attuale 31,3%.

IL TASSO DI OCCUPAZIONE SCENDE TRA GLI UNDER 50 NONOSTANTE IL JOBS ACT DI RENZI

Nei segmenti demografici più giovani la creazione di nuovi occupati infatti non si vede: tra i 25 e i 34 anni il tasso di occupazione scende di 10 punti, da circa il 70 a circa il 60%, mentre tra i 35 e i 49 anni è calato di tre, dal 76 al 73%.  In queste coorti anagrafiche ci sono inoltre molti meno occupati, a causa appunto dell’invecchiamento della popolazione.  Un ulteriore elemento di questa tendenza è evidenziata dalla solo appartente contraddizione dell’aumento degli occupati over 50, e la forte crescita del tasso di disoccupazione in questo segmento, aumentato del 15,4% nell’ultimo anno. Queste dinamiche spiegano il contrasto tra un mercato del lavoro che “crea” quasi un milione di occupati in più e un tasso di disoccupazione che aumenta all’11,3%, ancora vicino al record del 13% toccato nel 2014, e sostanzialmente statico da più di due anni. Proprio da quando è entrato in vigore il Jobs Act: ad aprile 2015 il tasso di disoccupazione era stimato al 12,1%, ora invece è all’11,3%. Il tasso di occupazione era rilevato invece al 56,1%, ora invece è al 58%. Nello stesso periodo il tasso di disoccupazione in Eurozona è passato da poco meno dell’11% a poco più del 9%. Senza contare che l’obiettivo fondamentale del JobsAct era l’aumento delle tipologie stabili di contratto di lavoro.

Renzi

Come ha fatto notare l’economista Marta Fana su Twitter proprio a Renzi, dal 2014 al 2017 è aumentata sensibilmente la variazione dei contratti a tempo determinato, cresciuti del 22%.

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