Forza Italia, Brunetta “commissariato”. Al via il processo per farlo saltare

Aggiornamento ore 21.00 – 

“Commissariato”, di fatto, ma non spodestato. Almeno per ora. Renato Brunetta riesce a “salvarsi” dopo la richiesta partita dai frondisti di Forza Italia guidati da Elio Vito di rivotare per il capogruppo azzurro. Alla fine, i dissidenti scelgono la tregua armata. Niente votazione per il rinnovo della guida azzurra a Montecitorio. Per il momento, il capogruppo resta al suo posto. Eppure, il redde rationem partito in assemblea è un primo atto chiaro di sfiducia nei confronti dell’ex ministro. Un passaggio dal quale Brunetta esce a dir poco indebolito politicamente.

BRUNETTA PERDE IL CONTROLLO DEL MATTINALE  –

Nel documento finale, si parla di un «rafforzamento e coordinamento delle attività e della gestione del gruppo», come rivendicavano i frondisti. Ma quel che pesa di più, anche a livello simbolico, è la sconfitta di Brunetta sul nodo “Mattinale”. Perde il suo foglio politico, il capogruppo. Costretto a rinunciare a quell’house organ che, secondo i dissidenti, «era ormai diventata la sua voce, non più quella del partito». In pratica, uno strumento di propaganda brunettiana. Oltre a costare ormai troppo per un partito come Fi alle prese con una rigida spending review interna. Adesso per “Il Mattinale” sarà un ritorno alle origini, di nuovo nelle mani della presidenza del partito. Ovvero, di quel Silvio Berlusconi che non pochi – al di là delle smentite  – considerano un «regista occulto» dietro l’operazione dei frondisti. Anche perché, si ragiona tra i corridoi di Montecitorio, «sembra impossibile che uno come Vito si muova con tale decisione senza che ad Arcore sappiano nulla».  

LA FRONDA SCEGLIE LA TREGUA ARMATA –

Quel che è sicuro, invece, è che dopo aver tentato la forzatura, la fronda azzurra abbia preferito optare per un compromesso. Non riesce nel colpaccio di far saltare il capogruppo, per ora. Ma dentro Fi c’è chi è convinto che sia soltanto un primo passo: «Non finirà qua, sarebbe assurdo sollevare questo polverone soltanto per un giornalino», ha rilanciato una fonte azzurra. Uno di quei deputati che non avevano firmato il documento di Vito, pur condividendo le critiche: «Bastava chiedere una riunione a Brunetta, per poi inchiodarlo di fronte agli errori della sua gestione. Ma Vito sta giocando anche un’altra partita, con ambizioni personali», racconta a Giornalettismo. Tradotto, l’ex ministro sarebbe pronto a proporsi come sostituito, nel caso si votasse in futuro per una sostituzione del capogruppo. Eppure, nel caso Brunetta saltasse, si mormora come il Cav vedrebbe bene il giovane deputato calabrese Roberto Occhiuto, già delegato d’Aula.

BRUNETTA SI SALVA, MA PERDE POTERE –

Per il momento, però, sarà ancora l’ex ministro Brunetta a guidare Fi a Montecitorio: «Qualche mese di tempo, prevedo. Vedremo se capirà la lezione. Altrimenti torneremo da Berlusconi a lamentarci….», hanno rivendicato a microfoni spenti i parlamentari più oltranzisti. Accanto a Vito, si ricostruisce a Montecitorio, anche Stefania Prestigiacomo avrebbe partecipato alla raccolta firme per il documento critico sulla gestione del gruppo. Lei, però, ha preferito non parlare. Vito invece, seppur uscito adirato prima della fine del vertice, pubblicamente ha esultato per la mezza vittoria:

 

Brunetta dovrà fare a meno anche della supervisione dell’ufficio legislativo. Gli resta soltanto l’incarico di capogruppo. Chissà per quanto tempo. Anche perché la partita per il riassetto di Forza Italia sembra appena partita. Con gli ultimi “fedelissimi” in lotta fratricida, come in una guerra tra bande, per spartirsi quel che resta di un partito ormai ridotto ai minimi termini. Di fatto, denunciano a Montecitorio i più delusi, «ormai fallito». 

BRUNETTA FORZA ITALIA AMMUTINAMENTO

Ore 17.30 – ASSALTO A BRUNETTA. VITO E I FRONDISTI VOGLIONO VOTARE PER UN NUOVO CAPOGRUPPO –

Altro che malumori stoppati. Non basta al capogruppo Renato Brunetta un’ora di monologo, né la difesa dei suoi due anni di gestione per frenare i dissidenti di Forza Italia. Dopo le polemiche e la ventina di firme raccolte per chiedere maggiore democrazia interna, ora la fronda di Elio Vito vuole il passo indietro del capogruppo. Vuole votare, su tutto. Compreso il rinnovo dei vertici del partito alla Camera. Tradotto, al di là dei toni pacati e dello  «spirito costruttivo» rivendicato a parole dai dissidenti, nell’aula Colletti prende avvio un “processo” all’ex ministro azzurro Brunetta. Con un chiaro obiettivo: le dimissioni dell’ex ministro.

«Ricandidati e mettiti alla prova del voto», è il messaggio rivolto dai malpancisti a Brunetta. Un avvertimento al quale il capogruppo intende però sottrarsi. «Fare una verifica sui vertici del gruppo di Fi alla Camera non è possibile, non è previsto dallo statuto», si è difeso di fronte ai cronisti, dopo aver cercato di smentire – stizzito – le domande sul suo futuro. Eppure l’assalto a Brunetta è già partito. Con Berlusconi rimasto a guardare, assente alla riunione-sfogatoio. E, secondo quanto mormorano in Aula, poco interessato a spendersi per blindare il capogruppo, al di là della nota pubblica con il quale ribadiva la sua fiducia.

 

FORZA ITALIA, PROCESSO A BRUNETTA –

È soltanto l’inizio di quello che rischia di essere un redde rationem contro l’ex ministro, dato che la riunione si è interrotta dopo un’ora per permettere ai deputati di rientrare a votare. Riprenderà alle 18.30, quando Vito si è già candidato per un nuovo intervento in assemblea. L’obiettivo dei frondisti? Ottenere il via libera per un voto sul rinnovo dello stesso capogruppo, dei vice e non solo. «Bisogna tornare a discutere e votare su tutto. Compresa la questione del Mattinale», è la proposta di Vito. Anche perché non sono mancate le polemiche sui costi e le spese del foglio parlamentare diretta espressione “brunettiana“. «Si tratti di costi che non possiamo più permetterci, il Mattinale deve tornare a disposizione del gruppo, non può essere la voce di Brunetta. A questo punto ritorni in mano a Berlusconi e sia lui a decidere cosa farne», accusano i malpancisti. Brunetta, invece, ha difeso l’house organ, che pesa – a suo dire- l’8% dell’intero bilancio del gruppo forzista

L’affondo di Vito, che in Transatlantico considerano un possibile sostituto alla guida dei deputati azzurri, è arrivato dopo quasi «57 minuti di soliloquio di Brunetta, una chiara strategia per prendere tempo ed evitare che partisse una discussione sul suo incarico», si racconta ancora tra i corridoi di Montecitorio. Anche se alla riunione, dove erano assenti soltanto una decina di deputati (su 53), «un vero processo in realtà non è partito». Il motivo?«Non si è entrati nel merito delle contestazioni. Anche perché Brunetta non ha alcuna intenzione di farsi da parte», spiegano da Montecitorio. Non è un caso che il capogruppo insista sull’impossibilità tecnica di un voto di metà mandato con il quale il gruppo possa giudicare la sua gestione: «Non è previsto, né dall’attuale statuto né de quelli precedenti, fin dalla nascita di Forza Italia nel ’94. I capigruppo sono sempre stati acclamati tutti su proposta di Berlusconi: questa è la regola», ha rilanciato. Eppure, anche la stessa Gelmini avrebbe avvertito: «Parliamo dei problemi senza nasconderci, nessun incarico è per sempre».

BRUNETTA SOTTO ATTACCO. QUELLE VOCI SU BERLUSCONI –

Ma c’è un altro nodo: c’è davvero il Cav, come si sospetta, dietro l’affondo al capogruppo? «Beh, difficile che Vito si muova senza che ad Arcore sappiano nulla», spiegano alcuni deputati. Anche perché, raccontano, anche Berlusconi si sarebbe stancato delle polemiche interne. E, a questo punto, preferirebbe che siano gli eletti a scegliere con un voto i loro vertici. Ma il voto ci sarà? «Non credo oggi, anzi lo escludo. Ma alle 18 si potrebbe discutere di votare la calendarizzazione della votazione». Un’ipotesi che Brunetta intende evitare a ogni costo. Anche perché consapevole che, con un voto, la sua poltrona sarebbe a dir poco a rischio. 

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