Cos’è il reddito di inclusione, nuovo sostegno per 400mila famiglie povere (quasi 2 milioni di persone)

09/03/2017 di Redazione

Stamattina l’aula del Senato ha approvato in via definitiva il ddl Povertà che prevede l’introduzione di una misura nazionale unica di contrasto della povertà: un reddito di inclusione per le famiglie meno abbienti. Non si tratta del reddito di cittadinanza proposto dal Movimento 5 Stelle né del reddito minimo richiesto da Sinistra italiana. Il disegno di legge delega che ha ottenuto l’ok di Palazzo Madama senza modifiche rispetto alla Camera. ll sostegno riguarderà quasi due milioni di persone in circa 400mila nuclei familiari (quasi 2 milioni di persone) con minori a carico.

 

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REDDITO DI INCLUSIONE, MISURA UNICA A LIVELLO NAZIONALE

Inizialmente si era pensato di chiamare il reddito di inclusione ‘reddito minimo di inclusione’, ma l’aggettivo è stato poi cancellato. I principi e criteri direttivi della delega stabiliscono che il reddito di inclusione deve essere una misura unica a livello nazionale, di carattere universale, subordinata alla prova dei mezzi (serve un Isee non superiore ai 3mila euro associato a un livello di reddito effettivo disponibile che sarà fissato nel decreto legislativo), un aiuto che scatterà solo con l’adesione del capofamiglia a un progetto personalizzato di attivazione e inclusione sociale e lavorativa predisposta dall’ente locale. Per beneficiare della misura sarà previsto un requisito di durata minima di residenza nel territorio nazionale. È previsto un graduale incremento del beneficio e dell’estensione dei beneficiari, da individuare prioritariamente tra i nuclei famigliari con figli minori o con disabilità grave, donne in stato di gravidanza, disoccupati di età superiore a 55 anni.

A fine 2017 il reddito di inclusione dovrebbe arrivare a una prima platea di 400mila famiglie e avere un valore simile al Sia (il Sostegno per l’Inclusione attiva, operativo da settembre 2016) fino a un massimo di 480 euro al mese.

REDDITO DI INCLUSIONE, COLMATO VUOTO CON GLI ALTRI PAESI

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti in una nota ha affermato: «Con l’approvazione del disegno di legge delega sul contrasto alla povertà si compie oggi un passo storico: per la prima volta il nostro Paese si dota di uno strumento nazionale e strutturale di contrasto alla povertà, il Reddito di inclusione (Rei), che ci consente di introdurre progressivamente una misura universale fondata sull’esistenza di una condizione di bisogno economico e non più sull’appartenenza a particolari categorie (anziani, disoccupati, disabili, genitori soli, ecc.)». Il Rei – ha proseguito Poletti – «rappresenta il pilastro fondamentale del Piano nazionale per la lotta alla povertà e colma un vuoto annoso nel sistema italiano di protezione degli individui a basso reddito, che ci vedeva come l’unico Paese, insieme alla Grecia, privo di una misura strutturale di contrasto alla povertà». E ancora, il reddito di inclusione – dice il ministro del Lavoro – «è il segno di un nuovo approccio alle politiche sociali, fondandosi sul principio dell’inclusione attiva, ovvero sul vincolo di affiancare al sussidio economico misure di accompagnamento capaci di promuovere il reinserimento nella società e nel mondo del lavoro di coloro che ne sono esclusi». Per quanto riguarda, poi, il reinserimento al lavoro «sarà naturalmente determinante il ruolo dei Centri per l’impiego che potranno contare su 600 ulteriori unità di personale che, nella prospettiva di attuazione del Rei, avranno il compito, in collaborazione con i servizi sociali del territorio, di favorire il collocamento al lavoro delle persone più deboli».

Poletti ha ricordato che la delega al governo prevede anche la razionalizzazione delle varie prestazioni sociali e il rafforzamento del coordinamento dei servizi sociali, con l’obiettivo di garantire in tutta Italia il raggiungimento di standard di qualità nei servizi. «Siamo già molto avanti – ha concluso il ministro – con la preparazione dei provvedimenti attuativi della legge, che intendiamo sintetizzare in un unico decreto legislativo, in modo da ottimizzare i tempi, rendendo operativo l’esercizio della delega prima dei sei mesi previsti, per dare risposta quanto prima ai cittadini in difficoltà».

(Foto di Ciro Fusco da archivio Ansa)

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