La bufala dell’astensione come reato inventata da Carlo Sibilia

15/04/2016 di Andrea Mollica

Referedum astensione

su Facebook in questi giorni circolano diverse bufale sul referendum sulle trivellazioni del 17 aprile. Una delle più curiose è stata diffusa da Carlo Sibilia del M5S, che si è letteralmente inventato la possibilità che l’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano e il presidente del Consiglio possano finire in prigione per il loro invito all’astensione.

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Il deputato del Movimento 5 Stelle, componente del cosiddetto direttorio insieme a Di Battista, Di Maio, Fico e Ruocco che gestisce parte dell’attività organizzativa pentastellata, ha proposto sul suo profilo Facebook una tesi così stralunata da poter esser qualificata senza alcun dubbio come bufala.

Il deputato del M5S cita, non in modo preciso, l’articolo 98 della legge elettorale, introdotto nel 1957, che dice

Il pubblico ufficiale, l’incaricato di un pubblico servizio, l’esercente di un servizio di pubblica necessità, il ministro di qualsiasi culto, chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile o militare, abusando delle proprie attribuzioni e nell’esercizio di esse, si adopera a costringere gli elettori a firmare una dichiarazione di presentazione di candidati od a vincolare i suffragi degli elettori a favore od in pregiudizio di determinate liste o di determinati candidati o ad indurli all’astensione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 600.000 a lire 4.000.000.

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La normativa, adottata nel 1957 ed estesa nel 1970 anche ai referendum, punisce il pubblico ufficiale che, abusando delle proprie attribuzioni e nell’esercizio di esse”, costringano o inducano gli elettori, contro la loro volontà, a determinati comportamenti di voto, siano essi favorevoli, contrari o astensionisti. Questa norma è stata pensata per punire comportamenti truffaldini di pubbliche autorità volte ad alterare il libero esercizio di voto dei cittadini. La casistica è molto varia, come gli eventuali favori garantiti da un sindaco per boicottare un avversario, e così via, ma certo non può essere riferito a chi semplicemente invita a prendere una determinata posizione politica, come l’astensione. Il sabotaggio di un procedimento elettorale non c’entra nulla con la promozione dell’astensione a un referendum.

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La bufala inventata da Carlo Sibilia è smentita da una ormai consolidata prassi giurisprudenziale sull’astensione dei referendum. Nessun magistrato ha mai condannato, e neppure pensato di indagare, cariche apicali della Repubblica che in passato si sono schierate per l’astensione. Una consuetudine avviata da Bettino Craxi, deputato della Repubblica e leader socialista, che invitò gli elettori ad andare al mare invece che a votare nel referendum che introdusse la preferenza unica nel lontano 1991. L’allora presidente del Senato Marcello Pera invitò pubblicamente a non votare ai referendum sulla fecondazione assistita del 2005 in una lettera inviata al Corriere della Sera. Anche Silvio Berlusconi invitò a non votare i referendum del 2011 quando era presidente del Consiglio.

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L’astensione dal procedimento elettorale in realtà è stato un reato nel nostro ordinamento. Nella norma elettorale citata da Carlo Sibilia, la 361 del 1957, la mancata partecipazione al voto «era definita all’articolo 4 un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un suo preciso dovere verso il Paese». L’articolo 115 elencava alcune sanzioni:

L’elettore che non abbia esercitato il diritto di voto, deve darne giustificazione al sindaco (….) L’elenco di coloro che si astengono dal voto (…)senza giustificato motivo è esposto per la durata di un mese nell’albo comunale (…) Per il periodo di cinque anni la menzione ‘non ha votato’ è iscritta nei certificati di buona condotta

Sanzioni penali simboliche, niente carcere ovviamente, definitivamente abrogate nel 1993. L’astensione non è quindi un reato, così come non lo è l’invito a farlo. Si tratta di una scelta politica legittima, condivisibile o meno che sia. La nostra Costituzione definisce il voto un dovere civico all’articolo 48, ma la sua osservanza è stato lasciata alla libera scelta dei cittadini sin dall’avvio della Repubblica. Al netto di alcune sanzioni puramente simboliche quasi mai applicate e poi abrogate da ormai diversi decenni.

(Photocredit copertina: Facebook/Carlo Sibilia)

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