La rabbia dell’Italia per il referendum del Ticino contro i frontalieri

26/09/2016 di Andrea Mollica

Dura reazione dell’Italia per la vittoria dell’iniziativa popolare del Canton Ticino che si è posta l’obiettivo di modificare la Costituzione locale per tutelare i lavoratori svizzeri, scoraggiando l’assunzione degli stranieri. La preferenza per gli elvetici ha ottenuto il consenso popolare grazie ai timori verso i frontalieri, le decine di migliaia di italiani che ogni giorno attraversano il confine elvetico per lavorare. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e il presidente della Lombardia Roberto Maroni hanno commentato in modo negativo l’esito del referendum

LA VITTORIA DEL REFERENDUM CONTRO I FRONTALIERI ITALIANI

La destra svizzera ha ottenuto un altro successo contro l’immigrazione europea. InTicino, la parte della Confederazione Elvetica dove la presenza dei lavoratori stranieri è probabilmente più sentita, ha vinto piuttosto nettamente l’iniziativa popolare Prima i nostri che vuole modificare la Costituzione cantonale per concedere una preferenza agli occupati svizzeri. Al referendum i sì hanno ottenuto il 58%, un successo atteso ma meno netto rispetto al 68% conseguito nell’iniziativa del 9 febbraio 2014, quando la Svizzera approvò la limitazione dell’immigrazione dai Paesi Ue. A due anni e mezzo da quel voto niente è successo, ed è probabile che anche in questo poco o nulla cambierà per i lavoratori italiani.

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UN REFERENDUM CHE NON CAMBIA NULLA?

La compatibilità del voto ticinese con la legislazione federale è stata messa in dubbio immediatamente dal governo elvetico, il Consiglio federale, e lo stesso esecutivo cantonale, il Consiglio di stato ticinese, hanno rimarcato la difficoltà di adottare una simile modifica, in chiaro contrasto con norme nazionali e di diritto internazionale. Pochi giorni fa il Consiglio nazionale, la Camera bassa della Svizzera, ha approvato la legge che recepisce il referendum del 9 febbraio 2014. Dopo una estenuante trattativa con l’Unione europea la Confederazione elvetica ha rinunciato alle quote per limitare l’immigrazione dai Paesi aderenti all’Ue e all’Associazione europea di libero scambio. Un tradimento del voto popolare che ha scosso l’opinione pubblica, ma che è logica conseguenza di referendum incompatibili con gli accordi esistenti tra Confederazione elvetica e Unione europea.

LA SVIZZERA E I TRATTATI BILATERALI CON L’UNIONE EUROPEA

Dopo che nel 1992 la Svizzera, in uno dei referendum più sentiti della storia elvetica, aveva detto no all’adesione al futuro Spazio economico europeo, la Confederazione Elvetica e l’Ue hanno sviluppato una lunga serie di accordi bilaterali. La Svizzera ha recepito una parte rilevante del diritto comunitario per poter accedere ai benefici del Mercato unico europeo. Tra di essi c’è anche il principio della libera circolazione, messo in discussione dal referendum del 9 febbraio 2014 come dal referendum ticinese. L’Ue si è mostrata indisponibile ad accettare limiti a uno dei quattro pilastri del mercato unico europeo, e la Svizzera ha preferito cedere. La destra elvetica, l’Udc/Svp di Blocher come la Lega dei Ticinesi, hanno promosso l’iniziativa Prima i nostri anche in segno di protesta contro la remissività del Consiglio federale nei confronti di Bruxelles.

LA PROTESTA DELL’ITALIA

In Italia la protesta sul voto ticinese è arrivata dalle massime cariche istituzionali interessate. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha ribadito la necessità di rispettare il principio della libera circolazione tra il nostro Paese e la Svizzera, mentre Roberto Maroni ha annunciato contromisure in caso di discriminazioni nei confronti dei frontalieri. Il presidente della Lombardia non ha esitato a schierarsi contro l’iniziativa della Lega dei Ticinesi, formazione d’oltreconfine storicamente legata al Carroccio. In Svizzera la democrazia diretta ha un rilievo particolare, tanto che la Costituzione federale quanto quelle locali possono esser costantemente modificate con referendum. I tentativi di modificare il diritto comunitario in questo modo appaiono però strumentali. L’adesione elvetica ai trattati bilaterali è avvenuta grazie al sì referendario, e l’unico modo per limitare l’immigrazione degli italiani, così come di altri lavoratori comunitari, sarebbe la bocciatura degli accordi esistenti tra Ue e Svizzera nella loro interezza. Per ora però questa possibilità appare molto remota, visti i timori per i contraccolpi che sarebbero causati dall’uscita dal mercato unico europeo.

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