Perché lo spacchettamento del referendum è improbabile

11/07/2016 di Redazione

Lo spacchettamento del referendum costituzionale in tre o cinque quesiti sembra improbabile. La suggestione di dividere il Ddl Boschi che abolisce il bicameralismo paritetico, riforma il Senato e il Titolo V, e sopprime Province e Cnel, lanciata per prima dai Radicali, non sembra poter neppure raccogliere le firme sufficienti tra i parlamentari. Corte di Cassazione e Consulta avrebbero inoltre diversi dubbi su una simile ipotesi, come riporta un articolo de La Repubblica.

SPACCHETTAMENTO DEL REFERENDUM, L’OBIETTIVO DELLE FIRME

Mancano solo quattro giorni a venerdì 15 luglio, la data entro la quale dovranno arrivare in Corte di Cassazione le richieste per il referendum costituzionale sul Ddl Boschi. Presso la Suprema Corte sono state già depositate le firme di un quinto dei deputati e dei senatori previste dall’articolo 138 per svolgere una consultazione in caso di mancata approvazione della revisione della Carta senza la maggioranza dei due terzi. La raccolta delle firme tra i parlamentari è stata svolta proponendo un unico quesito referendario. In questi giorni si è rafforzata l’ipotesi di uno spacchettamento del referendum costituzionale, in tre o cinque quesiti. Secondo un articolo di Goffredo De Marchis de La Repubblica le chance dello spacchettamento sono però piuttosto basse. Il quorum delle firme dei parlamentari deve essere raggiunto entro venerdì, e i gruppi parlamentari più numerosi, PD e M5S, non intendono sottoscrivere questa richiesta.

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SPACCHETTAMENTO DEL REFERENDUM COSTITUZIONALE, I DUBBI DELLE CORTI

Il mancato impegno dei partiti principali di maggioranza e opposizione rende particolarmente arduo il raggiungimento delle 126 firme dei deputati e delle 63 sottoscrizioni dei senatori da presentare in Cassazione. Le 500 mila firme o la richiesta di cinque consigli regionali, le altre vie indicate dal 138 per il referendum sulla revisione costituzionale, sono praticamente impossibili da percorrere. Secondo La Repubblica ci sarebbero poi numerosi dubbi sia sull’ammissibilità di più referendum sullo stesso quesito, che nel merito dei quesiti se dovessero essere presentati entro il 15 luglio. Per la prima volta la Cassazione dovrebbe decidere su quesiti referendari diversi richiesti dallo stesso proponente, il Parlamento. Questo renderebbe difficile l’ammissibilità, anche se non esiste una giurisprudenza su cui fare eventualmente affidamento.  Anche la Corte costituzionale, che giudicherebbe un eventuale ricorso sulla bocciatura, sembra avere secondo la Repubblica un orientamento contrario alla suddivisione dei quesiti referendari. Il Tempo segnala una novità sulla campagna del Sì: Renzi avrebbe individuato nell’ex presidente del Senato Marcello Pera la personalità giusta per guidare il fronte dei favorevoli alla riforma.

 

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