Poveri ma vecchi

30/12/2013 di Redazione

Il 12,7% delle famiglie residenti in Italia vivono in condizioni di povertà relativa, un pensionato su due non arriva a percepire mille euro al mese mentre i poveri in senso assoluto sono raddoppiati rispetto al 2005. È lo scenario presentato oggi dall’Istat che ha pubblicato il quarto Rapporto sulla coesione sociale, elaborato dall’Istituto Nazionale di Statistica in collaborazione con Inps, e ministero del Lavoro sui dati relativi al 2012.

Rapporto Istat dati povertà in Italia 4

IN ITALIA UN BAMBINO SU DIECI VIVE IN POVERTÀ ASSOLUTA – Quel 12,7%, che identifica che le famiglie residenti in Italia in condizioni di povertà relativa, rappresenta uno dei valori più alti registrati dal 1997, un dato aumentato dell’1,6% rispetto al 2011 e che va ad accostarsi alla crescita del 2,2% per i singoli individui che vivono in condizioni di povertà relativa, che costituiscono il 15,8% del totale dei residenti del nostro paese. A vivere in condizioni di povertà assoluta, invece, sono il 6,8% delle famiglie e l’8% degli individui, quasi triplicati nelle regioni del Nord dal 2005 ad oggi. Peggiorano le condizioni di vita per le famiglie numerose, specialmente quelle residenti al sud. In Italia, un bambino su cinque vive in condizioni di povertà relativa, mentre uno su dieci sperimenta la povertà assoluta.

INTEGRAZIONI SALARIALI – Coloro che percepiscono un’indennità di mobilità sono aumentati del 10,3% nel 2011, del 19,4% nel 2012 e del 3,3% nel primo semestre 2013. Nel corso del 2012, prosegue l’Istat, il 61,5% dei beneficiari di indennità di Integrazione salariale ordinaria (CIGO) lavora nelle regioni del Nord, il 18,1% in quelle del Sud, il 16,4% in quelle del Centro e il 4,0% nelle Isole. Il fenomeno, riguarda in misura maggiore gli uomini e si concentra nella fascia di età tra i 30 e i 50 anni. Sempre nel 2012, il 54,0% dei beneficiari di indennità di Integrazione salariale straordinaria (CIGS e CIGD) risiede nelle regioni del Nord, il 22,6% in quelle del Centro, il 17,0% in quelle del Sud e il 6,4% nelle Isole.

DISOCCUPAZIONE AL 10,7% – Sul fronte dell’occupazione i dati sono altrettanto sconfortanti: il tasso di occupazione degli individui in età compresa tra i 20 e i 64 anni è del 61%, due punti in meno rispetto al 2008. I disoccupati sono 2.744.000: 636.000 in più rispetto al 2011, con un tasso di disoccupazione del 10,7% aumentato di 2,3 punti percentuali rispetto al 2011 e di 4 punti se confrontato con i dati del 2008.

DISOCCUPAZIONE GIOVANILE AL 35% – Resta alto il tasso della disoccupazione giovanile: che nel corso del 2012 ha superato il 35%, aumentando di 6 punti rispetto al 2011 e di ben 14 punti percentuali rispetto al 2008. Su dieci laureati di primo livello che hanno conseguito il titolo nel 2007, sette hanno trovato un impiego, la stessa percentuale di coloro che si sono laureati con il ciclo unico. Leggermente migliore la situazione per chi ha conseguito una laurea specialistica: 8 laureati su 10 hanno trovato un lavoro. L’ingresso nel mondo del lavoro risulta più difficile per i laureati che vivono nel Mezzogiorno e per le donne, indipendentemente dalla tipologia di studi appena conclusa. scende anche il numero dei diplomato che decidono di iscriversi all’università: nel 2003/2004 erano il 73%, oggi questo dato è sceso al 58,2%.

ABBANDONO SCOLASTICO – Aumenta anche il numero di coloro che abbandonano gli studi: nel 2012, sono il 37,8% i giovani 18-24enni che, in possesso della sola licenza media, non stanno seguendo alcun corso di formazione. Fra questi, quasi uno su quattro sta cercando attivamente un lavoro mentre il 38,5% risulta inattivo. Di questi il 49,1% vive nel Mezzogiorno. Nel corso del 2012 hanno abbandonato gli studi 758.000 giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni, ovvero il 17,6% del totale della popolazione relativa a quella fascia di età, una percentuale che però sale al 41,3% se si considerano solo i cittadini stranieri residenti nella penisola. Dopo l’Italia, nei paesi dell’Europa a 15, solo Spagna (24,8%) e Portogallo (20,8%), a fronte di un valore medio al di sotto dei 14 punti percentuali.

LAVORO – Sono quasi un milione i lavoratori dipendenti del settore privato: il dato è relativo al 2013, anche se provvisorio perché riferito alla media del primo semestre dell’anno che si sta concludendo. Calano dell’1.3% i contratti a tempo indeterminato che si attestano a quota 10.352.343. A essere maggiormente colpiti da questo calo i lavoratori al di sotto dei 30 anni (-9,4%).

STIPENDI E PENSIONI – Nel corso del 2012, la retribuzione mensile netta è stata, in media, di 1.304 euro per i lavoratori italiani e di 968 euro quelli stranieri, con un aumento di soli 4 euro rispetto al 2011. per gli italiani. In calo, invece, la retribuzione netta media degli stranieri, che perdono 18 euro: il valore più basso dal 2008. Il 46,3% dei pensionati italiani percepisce meno di mille euro mensili, il 38,6% un reddito da pensione fra mille e duemila euro, solo il 15,1% dei pensionati ha un reddito superiore a duemila euro.

L’ITALIA, UNO DEI PAESI PIÙ VECCHI DEL MONDO – Calano anche le nascite: nel 2012 sono nati in Italia poco più di 534.000 bambini, contro i 547.000 del 2011 e i 562.000 del 2010). Un nuovo nato su quattro, il 28,3% del totale, non nasce da una coppia sposata, quasi il triplo rispetto al 2000, quando questo dato si attestava al 10,2%. In aumento anche il numero dei bimbi nati nati da almeno un genitore straniero (dal 13% del 2005 a quasi il 20% del 2011) e quella di nati da entrambi i genitori stranieri, passati dal 9,4 del 2005 al 14,5% del 2011. Lieve aumento per il numero dei figli nati da donne italiane, passato 1,2 del 2005 a 1,4 del 2011, mentre cala il numero medio dei figli per le donne straniere, da 2,4 a 2 nel giro di sei anni. Nel frattempo aumentano le aspettative di vita, che si attestano a 79,4 anni per gli uomini e a 84,5 per le donne (stessi valori registrati per il 2010), con un guadagno rispettivamente di circa nove e sette anni in confronto a trent’anni fa. Nello specifico, un uomo di 65 anni può aspettarsi di vivere altri 18,4 anni e una donna altri 21,9 anni, un ottantenne altri 8,3 e una ottantenne 10,1 anni. Questo, unito al calo delle nascite fa dell’Italia uno dei paesi più vecchi al mondo.

(Credit Image: © Xu Nizhi/Xinhua/ZUMAPRESS.com)

 

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