Porta a porta: altro che Casamonica, l’orrore è Bruno Vespa

17/09/2015 di Boris Sollazzo

PORTA A PORTA –

Ci sarà un motivo per cui ricordiamo Bruno Vespa per un pugno di episodi professionalmente non esaltanti, al di là dei nei che ora sono scomparsi ma un tempo erano il suo marchio di fabbrica e di quelle mani che si strofinano avide di particolari scabrosi e rivelazioni improbabili a ogni puntata.

Porta a porta è stata chiamata la terza Camera, nessuno ha mai rinunciato a sedersi nel suo salotto, lui è un giornalista di lungo corso. Insomma dovrebbe avere in carnet scoop pazzeschi e puntate epiche da tramandare con racconti leggendari ai posteri.

Bruno Vespa Porta a Porta
A volte si fa i selfie, altre diventa paparazzo…

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E invece no. O meglio alcuni ne ha fatti, ma se cerchiamo nella nostra memoria, ricorderemo il suo viso emozionato – l’unica volta che in quei lineamenti è apparso un barlume d’umanità – alla chiamata in trasmissione di Giovanni Paolo II; la sua ostinazione nel proporre nello speciale del 20 luglio 2001 una cronaca che per molti è stata parziale e per altri faziosa (mentre Mentana già raccontava da ore la verità, lui ci offriva, ad esempio, la tesi del poliziotto che urlava “l’hai ucciso tu col sasso pezzo di merda”, dopo poco ritenuta non credibile da chiunque, una suggestiva teoria per cui un esponente delle forze dell’ordine lì presente sosteneva che la pallottola impazzita fosse stata deviata da un mattone tirato dai no global, teoria che neanche a Dallas nel 1963 si sarebbero bevuti). E infine il mitico plastico di Cogne, l’apice di una tv del dolore e dell’orrore, capace di scarnificare morbosamente la cronaca nera a uso e consumo dello spettatore televisivo, che non avendo più il Colosseo ha bisogno di sangue e bestialità in seconda e terza serata su RaiUno.

CASAMONICA? PEGGIO ALEXANDER BOETTCHER –

Forse in questo greatest hits entrerà presto l’intervista in studio a due parenti dei Casamonica. E fa male sapere che gli abbiamo inibitoa altre idee geniali, tipo: chiacchierata con la prima fidanzatina di Carminati, magari con Valeria Marini e Gigliola Cinquetti in studio, o Provenzano, quel pio vecchietto che non ama i social, con Crepet e Beppe Fiorello, che potrebbe interpretarlo in una fiction. Forse questo non accadrà, ma non sottovalutiamo l’anchorman che ambisce a essere il Tacito della modernità, con i suoi Annales natalizi a riscrivere la storia politica italiana, il Tito Livio di Montecitorio e dintorni.
Il punto è che la nostra repubblica a responsabilità limitata, squisitamente devota all’indignazione del giorno dopo, si lamenta della puntata sui Casamonica, poi non dice nulla su quella che ieri ha pensato bene di raccontarci il caso Boettcher-Levato, la coppia che ha sfigurato con l’acido Stefano Savi. E non solo. Una trasmissione imbarazzante, con Roberta Bruzzone che sembra imitare Virginia Raffaele che la imita, e Vespa che finge sensibilità nel definire il volto di Savi, coraggiosamente in aula per mostrarsi e guardare in faccia chi gli ha rovinato la vita.

Balbetta per tre-quattro secondi, il conduttore, poi soddisfatto definisce quel viso. “Agghiacciante”, dice. E lì capisci che non voleva aver riguardo per il ragazzo, ma solo alimentare i bassi istinti di un pubblico a cui poi sottopone una pornografica sequenza di volti segnati da aggressioni simili, senza alcuna sensibilità, con una curiosità animalesca e sconvolgente. Una bacchetta con cui Vespa indica i particolari più insopportabili, la richiesta di tornare indietro a vedere ancora un’immagine particolarmente choccante, sangue e orrore che diventano il centro di tutto. E non capisci se il conduttore è più avido di particolari sulla crudeltà del carnefice o sulla crudezza della descrizione del calvario della vittima. Sono trasmissioni come queste l’orrore, altro che il Casamonica show: pessime nel fare informazione (il servizio sull’eroica Lucia Anniballi, anch’essa sfigurata in una situazione analoga, virato tutto sul romanticismo di un amore maledetto, come spesso accade anche sui giornali, quasi a voler giustificare il gesto folle di un bastardo senza pietà), atroci nell’infossare la sensibilità di un pubblico già ferino, incapace di fare giornalismo vero ma solo infotainment. I parterre di Porta a Porta, poi. E’ lì che ti viene sempre il dubbio che sbagli tu, che satira politica e sociale così non l’ha mai fatta nessuno. E pazienza se è involontaria.

Porta a porta andrebbe rottamato, semplice. E così Bruno Vespa. E invece ci troviamo di fronte alla destra o ai grillini che si lamentano dei soldi a Benigni o ad altri ma tacciono sul corrispettivo che ogni anno si porta a casa il conduttore (anche giustamente, a livello economico: la raccolta pubblicitaria della trasmissione rende sostenibile quella spesa per la Rai). Ma non basta lo share, per tenere sul nostro piccolo schermo un programma così, che citando la sua colonna sonora, dovrebbe andarsene Via col Vento. Non basta che vi sia una concorrenza risibile e orientata a imitare questo modello – vedi Matrix, che merita una stroncatura a parte: perché sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico -, non si può tollerare che l’approfondimento televisivo sia così superficiale e non di rado pacchiano. Pensate alle presentazioni di film o fiction o allo speciale su Charlie Hebdo in cui ha trovato l’occasione per uno spot subliminale all’Ak 47 con se stesso come testimonial (si scherza, ma neanche troppo, guardate il video).

Un modo per far fare selfie con Berlusconi, Grillo e Frank Matano lo troveremo, per Bruno, promesso. Ma lui liberi quelle serate Rai dalla sua presenza.
Persino l’Italia non si merita Porta a Porta.

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