Le 10 pizze «napoletane» che non saranno mai patrimonio dell’Unesco

07/12/2017 di Gianmichele Laino

Pizza e pizzaioli sono diventati ufficialmente patrimoni immateriali dell’umanità secondo l’Unesco. Ma ci sono sempre tante, troppe ricette in giro che non meritano questo titolo. E che – in effetti – andrebbero contrastate per dare un’immagine univoca del prelibato piatto della tradizione napoletana, diventato un po’ il simbolo dell’italianità del mondo. Se è vero che aumentano sempre di più i puristi del genere – quelli che «ammettono» soltanto l’esistenza della pizza Margherita e della pizza Marinara -, è pur vero che, dalle rivisitazioni presunte gourmet fino ad arrivare alle peggiori trovate dei pizzaioli di periferia, sono in circolazione delle versioni di pizza davvero strambe. Talvolta, al limite del commestibile.

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PIZZA UNESCO, MA QUANTI ERRORI FACCIAMO? LA TOP 10 DEGLI ORRORI

Un esempio su tutti? La pizza tropicale. Sì, quella con l’ananas. E c’è da dire che non è nemmeno quella maggiormente censurabile. Pur nella sua combinazione aberrante di sapori, infatti, la pizza tropicale ha una sua storia, una storia fatta di immigrazione e di sogno americano. A suo modo, è diventata un’icona dopo che Sam Panopoulos – recentemente scomparso – si trasferì dalla Grecia al Canada, inserendo nella sua ricetta il frutto tropicale. Ma questa versione agrodolce della pizza non può convincere gli appassionati del genere.

Se pensate di averle sentite proprio tutte, allora – forse – vi sarà sfuggita la storia della Rabbit Pizza. Lanciata da una catena neozelandese (non a caso chiamata Hell Pizza), prevede la combinazione di straccetti di coniglio affumicati, pinoli, crema di formaggio e rosmarino. In Oceania pare che sia un successone. Noi, invece, esprimiamo più di qualche riserva. E ci fermiamo qui per non essere volgari.

PIZZA UNESCO, LE VERSIONI AMERICANE

Più di una perla, in questa top-10 degli orrori, ce la regala la catena americana Domino’s Pizza. Vi proponiamo i nomi che, già da soli, non lasciano molto spazio all’immaginazione: BBQ Chicken, Bacon&Chicken, Pepperoni passion (dove Pepperoni sta per un insaccato americano e non per l’ortaggio) e Meatzza. La notizia più sconcertante, però, è che questa catena americana sia approdata in Italia e che stia riscuotendo un vasto successo.

Che dire, poi, della Happy Meal Pizza, che crea una sorta di corto circuito con la tradizione del fast food? Su una base di pizza, infatti, si stagliano uno o più hamburger (in stile Mc Donald’s) e una manciata più o meno abbondante di patatine fritte. Oltre al fatto che i trigliceridi potrebbero protestare anche loro per eccesso di rialzo, una combinazione del genere sembra davvero un insulto alla nobile tradizione dei pizzaioli italiani premiata con il riconoscimento dell’Unesco.

PIZZA UNESCO, QUELLE DOLCI SONO TERRIBILI

Infine, la summa di tutti i mali: le pizze dolci. C’è quella all’Oreo, quella ai frutti di bosco, quella more e burro e quella con gli Smarties. Speriamo che la decisione dell’Unesco di rendere la pizza patrimonio immateriale dell’umanità possa portare alcuni operatori della ristorazione a convertirsi al «buon costume della tradizione».

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