Pedro Sanchez bocciato, la Spagna rimane senza governo

03/03/2016 di Andrea Mollica

Pedro Sanchez

è stato bocciato dal Congresso dei deputati e la Spagna rimane ancora senza governo. Pedro Sanchez, il segretario generale del PSOE, è riuscito a farsi appoggiare solo da Ciudadanos come nuovo presidente del governo, e l’opposizione ferma di PP e Podemos al nuovo esecutivo rafforza la possibilità di elezioni anticipate.

PEDRO SANCHEZ PSOE

Pedro Sanchez non ha ottenuto la maggioranza al Congresso dei deputati per diventare il nuovo presidente del governo, il terzo socialista dopo Felipe Gonzales e Luis Zapatero. La bocciatura era prevista, visto che la prima e la forza del Parlamento spagnolo uscito dalle elezioni dello scorso dicembre, PP e Podemos, hanno votato contro il nuovo governo formato da PSOE e Ciudadanos. Dopo essersi opposto alla grande coalizione con Mariano Rajoy, Pedro Sanchez ha ottenuto da re Felipe l’incarico di formare un nuovo governo. Dopo un mese di trattative, il segretario generale del PSOE ha strappato un accordo solo con la formazione guidata da Albert Rivera. La somma dei 90 mandati socialisti con i 40 seggi dei centristi di Ciudadanos è però assai lontana dai 176 voti necessari per avere la maggioranza assoluta.

PODEMOS

La Costituzione spagnola prevede per un presidente del governo di chiedere due volte il voto di fiducia al Congresso dei deputati. La prima volta serve la maggioranza assoluta, la seconda invece solo quella relativa. I no di PP e Podemos, sommati alle altre forze minori del Congresso, sono stati 219. Il nuovo governo Sanchez potrà nascere solo se il centrodestra popolare o la sinistra di Pablo Iglesias si asterranno al secondo voto di fiducia per Pedro Sanchez previsto per venerdì. Un’ipotesi improbabile, vista la durezza degli attacchi subiti dal leader socialista. Mariano Rajoy ha svolto un intervento durissimo contro il presidente del governo incaricato, mentre Pablo Iglesias ha accusato i socialisti per aver rifiutato di far un governo di cambiamento con Podemos. La situazione di stallo creatasi dopo il voto di domenica 20 dicembre 2015 sembra destinata a proseguire, e a risolversi con nuove elezioni anticipate.

MARIANO RAJOY

La Costituzione spagnola, dopo che un presidente del governo si sottopone a un voto di fiducia del Congresso dei deputati, prevede un massimo di due mesi per la formazione del nuovo esecutivo. Pedro Sanchez ha consapevolmente innescato questo meccanismo, insieme a Ciudadanos, anche per scaricare su Mariano Rajoy la colpa di non aver formato un nuovo governo. Il PSEO, diviso su una grande coalizione con gli storici rivali del PP, sarebbe stato forse disponibile a formare una maggioranza con loro in caso di dimissioni di Mariano Rajoy, che però si è rifiutato di cedere a questa pressione. Il tentativo con Podemos è fallito per le posizioni troppo distanti tra il PSOE e la sinistra radicale, in particolare per la questione dell’integrità territoriale della Spagna. Podemos è infatti favorevole a consentire alla Catalogna di votare sulla propria indipendenza, posizione inconciliabile coi socialisti. La Spagna è sempre stata governata da esecutivi monopartitici, e la logica delle alleanza politiche post elettorali sta mettendo in particolare difficoltà i partiti, accresciuta dal logorio delle sue storiche formazioni che hanno guidato la democrazia postfranchista e l’esplosione dei due nuovi movimenti, Podemos e Ciudadanos.

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