Pd Giubbonari, l’ultima assemblea. Orfini: «Debiti? Colpa di chi c’era prima di Renzi» | VIDEO

PD GIUBBONARI, L’ULTIMA ASSEMBLEA

Roma, via de’ Giubbonari, sede del Partito democratico centro storico. È l’ora dell’ultima assemblea per una storica sezione nata nel 1946 e che fu già del Pci, poi Pds e Ds, fino a diventare casa dem. In piedi, accanto al presidente Matteo Orfini arrivato per spiegare alla base le ragioni e le responsabilità di un’amara chiusura, c’è Gaspare. Non è il più giovane degli iscritti, ma mostra con orgoglio la sua tessera, simbolica: «C’è chi mi ha chiamato “l’ultimo giapponese”, che si iscrive al Pd dopo che è morto. Spero non sia così…», avverte. Sono gli spauracchi delle scissioni evocate, paure che spaventano chi milita in un partito da tempo ormai diviso in due: da un parte la segreteria renziana, dall’altra la vecchia Ditta di Bersani, pronta allo strappo nel passaggio cruciale della legislatura, il referendum costituzionale.

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Ma il Pd non è soltanto un partito lacerato. È anche un partito costretto, entro pochi giorni, a chiudere pezzi di storia. Come la storica sede romana, a due passi da Campo dei Fiori. Il motivo? L’ordine di sfratto arrivato dal Campidoglio, dopo la sentenza del 22 settembre del Consiglio di Stato.

PD GIUBBONARI, L’ULTIMA ASSEMBLEA PRIMA DELLO SFRATTO

Non ci saranno barricate, per i vertici non c’è altra scelta che rispettare la legalità: il Pd dovrà uscire dalla sua casa. Colpa della mancanza di un regolare titolo di concessione da parte del partito per occupare i locali di proprietà del Comune. E di tanti, troppi debiti – 170 mila euro quelli legati soltanto alla sezione dei Giubbonari, ndr – che il Pd – rivendica il suo presidente – ha cominciato a ripagare soltanto di recente. «Renzi non è mai venuto qui dopo l’annuncio di sfratto? Non è certo con la sua gestione che si sono accumulati i debiti, ma con chi c’era prima. Questa segreteria ha commissariato il Pd romano. Provo rabbia perché penso a come è stato gestito di schifo questo partito negli anni passati. Qui c’era chi pensava che si potesse stare nelle sedi senza pagare», incalza lo stesso Orfini. Uno schiaffo diretto non soltanto a Pier Luigi Bersani, ma anche ai suoi predecessori al Nazareno, così come ai segretari romani: «Quando terminerà il commissariamento, ognuno sarà richiamato alle proprie responsabilità. Oggi c’è chi fischietta, ma i debiti si sono creati negli anni e chi ha diretto il partito, sia a livello nazionale che locale, dovrà risponderne». Tradotto, in casa dem è guerra pure sulla chiusura delle sedi. E quella di via de’ Giubbonari, pur eclatante, rumorosa, non è certo l’unico caso.

Matteo Orfini ne ha anche per chi, dall’ex sindaco Ignazio Marino fino all’attuale sindaco M5S Virginia Raggi, accusa di non essersi voluto sedere attorno a un tavolo per trovare un accordo: «Non ci hanno mai voluto ascoltare. Ora noi rispetteremo la sentenza, andremo via. Ma al comune di Roma chiediamo cosa intenda fare di questo luogo. Vuole aprire un altro negozio di vestiti o di scarpe? Un locale per vendere panini? Non credo sia quello che serve al territorio, qui c’è fame di partecipazione. E noi vogliamo tornare. Parteciperemo al bando per la riassegnazione». I tempi, però, restano ancora un’incognita. Così per un anno, in via temporanea, Orfini avverte gli iscritti che non resteranno senza una sede. E che il Pd è già in trattativa, avanzata, per trovare un nuovo spazio. In attesa del ritorno sperato in via de’ Giubbonari. 

Non tutti però credono in quel ritorno. Anzi, c’è molto scoramento tra i militanti, soprattutto tra i più anziani: «Una volta che si chiuderanno queste porte non rientreremo più», sono convinti diversi iscritti. Altri se la prendono con i 5 Stelle: «Quelli ci odiano, figurarsi se ci faranno rientrare…». Ma anche nell’ultima assemblea non mancano le divisioni, seppur senza tensioni, tra gli stessi militanti: «Se mi sento scaricato dal partito? Certo, non è che stiano facendo molto per la base», c’è chi attacca. Altri invece difendono il premier Renzi: «Una volta c’era il centralismo democratico, il segretario dava la linea. Bersani sbaglia? Io ce l’ho più con D’Alema, sulla riforma costituzionale non si può ricominciare da capo. Intanto portiamo a casa quel che abbiamo sempre chiesto…», si lamenta contro la minoranza Pd un altro vecchio iscritto. Scontri e divisioni che rimbalzano nelle discussioni dei militanti del Pd Giubbonari, ora senza casa, a poche settimane dal giorno del giudizio sul governo e sul Pd renziano

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