Libero, Salvini, i meme razzisti. La libertà d’espressione non ce la meritiamo

14/11/2015 di Boris Sollazzo

Ho davanti i giornali, ormai vecchi. Lo schermo del pc è sui commenti incivili e ributtanti all’articolo contro il titolo di Libero di stamane “Bastardi islamici”, firmato da Maddalena Balacco. Che, giustamente, leggendolo, si è vergognata di essere italiana. Io leggendo chi l’ha ingiuriata con violenza volgare e spesso sessista – e curiosamente identica alla retorica dei bastardi di cui sopra che tanto odiano – avrei voluto bruciare il passaporto come poco prima, leggendo la prima pagina del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro (famoso per un NON attentato), avrei voluto fare con il mio tesserino da giornalista. Perché, parafrasando Guccini, la libertà d’espressione “può portare male, se non si conosce bene come domarla,ma costa poco, val quel che vale e nessuno ti può più impedire di adoperarla”. A dirla tutta, nella canzone Quattro stracci, si parlava della fantasia, ma ci sta bene lo stesso.

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La libertà d’espressione deve avere dei limiti? Ci siamo posti questo quesito di libertà per Charlie Hebdo. Il nostro ipocrita paese ha brandito matite al cielo, ha messo #JesuisCharlie ovunque, poi ha iniziato con i “però”. I “se la sono cercata”. Loro, che difendevano la libertà di essere atei, l’indipendenza di pensiero, una capacita di satira totale e senza schemi, vittime fisse, privilegi per alcuni e pregiudizi per altri, hanno subito l’oltraggio dei nostri dubbi.

Io, il mio “però”, lo sollevo per Libero. E per Matteo Salvini. E per i meme razzisti che girano. E per i gombloddi che entro poco arriveranno e che probabilmente collegheranno la Cia, Israele, Benzema, il Bilderberg, Léa Seydoux, Mohamed Salah e Platini agli attentati a Parigi.

La libertà d’espressione non ha limiti, se te la meriti. Ma devi dimostrare di essere degno, perché è un diritto e un dovere su cui si basa la nostra civiltà. Quella che dobbiamo difendere dai barbari. Dai bastardi, come li chiamano alcuni. E difenderla è anche rispondere, con essa, all’idiozia violenta e pericolosa di chi insulta una cultura, una religione, una storia millenaria, per otto fanatici. Metà dei quali cresciuti tra Parigi e Bruxelles. Bastardi francesi, dunque, e bastardi belgi. Nostri cugini, sodali nel progetto Europa e non solo. Figli delle nostre diseguaglianze, della nostra cultura, del nostro odio. Quello di Libero. Quello di Salvini, che insulta buonisti, vuole bombe (dopo le ruspe), insinua e semina razzismo. E quello dei commenti vergognosi al bellissimo articolo di Maddalena.
Mi piacerebbe, confesso, invocare la magistratura perché intervenga. Ma, ahinoi, come dimostra il terrorista francese nel commando, controllo e repressione (era già negli schedari ma a nulla è servito), sono troppo spesso inutili. Serve l’esempio, l’educazione, la formazione. E siccome tutti siamo coinvolti, tutti abbiamo la responsabilità di rendere questo mondo migliore, usiamo il nostro libero arbitrio.
I distributori che portano i quotidiani in edicola, tutti insieme, rifiutino a Libero le loro prestazioni. Gli edicolanti si rifiutino di accettare quel giornale. E i lettori non lo comprino. E noi giornalisti manifestiamo davanti alla sede nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. A Via Parigi 11 a Roma, per quanto suoni beffardo il luogo in cui è, in questo momento. Buttiamo davanti alla porta il nostro tesserino, in caso non lo ritirino a loro. Scriviamo tonnellate di mail e lettere di protesta.

Twitter e Facebook hanno le segnalazioni. Segnaliamo quell’uomo, che si fa superare in civiltà e dignità politica da Marine Le Pen. Una che ne ha fatte di affermazioni vergognose. E ogni singolo utente sconosciuto che offende, che nega la libertà d’espressione con l’insulto, venga aggredito da mille altri che con la forza di argomentazioni civili e gli stessi mille difendano chi viene insultato e intasino la bacheca del leone da tastiera. Certo, siamo un paese a responsabilità limitata, con una moralità cangiante, un razzismo opportunista e una totale incapacità di rispettare le più banali regole della convivenza. Servirebbe un giudice a fermare chi non sa usare la libertà d’espressione. Ma rischierebbe di essere un rimedio peggiore del male, il dare il potere di censura “istituzionale”. E poi noi ora abbiamo il dovere di essere diversi. Ora la barbarie sta incancrenendo un continente. E non possiamo rispondere con la barbarie. Noi siamo diversi. Dobbiamo essere diversi. Noi l’odio non dobbiamo alimentarlo, ma sconfiggerlo.
Altrimenti tra chi arringa il popolino da una pagina di giornale con facili richiami alla rabbia o vorrebbe governare un paese ma usa la violenza verbale come arma contro il dissenso, e chi dall’altra parte del Mediterraneo nei campi, nelle moschee, nelle scuole coraniche, nel califfato organizza la jihad, che differenza c’è? Nessuna. Perché basta leggere i giornali di alcuni paesi (il civilissimo Egitto in testa), per capire che Isis, Al Qaida e terroristi sparsi hanno coltivato il rancore e avuto gioco facile partendo da quotidiani demagogici e razzisti e politici schiavi dell’opinione pubblica peggiore.

Difendiamo la libertà d’espressione. La nostra. Impedendo che chi non la merita, ne abusi. Perché ricordiamo, avere la patente non ti autorizza investire un pedone. Avere la patente di dà un diritto ma prima ancora una responsabilità. Il tesssrino da giornalista, lo stesso: non puoi usare la tua penna per infilzarla contro più chi ti aggrada senza motivo.
E vale anche per la vostra carta d’identità. Siate degni di essere uomini e donne, non bestie.

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