Paolo Del Debbio: «Basta. Non mi candido a sindaco di Milano»

Paolo Del Debbio non si candida a sindaco di Milano. «L’ultimo dinosauro uscito dal cilindro del Cav», come lo definisce Salvatore Merlo su Il Foglio, si tiene distante dalla sfida elettorale.

“Ma non sono interessato”. Berlusconi tritura anche così gli uomini che gli stanno intorno. “Berlusconi è come la candela della fiaba di Leonardo da Vinci. Attrae e riscalda, t’illumina ma se ti avvicini troppo ti brucia. Io gli sono debitore e gli sono grato. Ma la mia candidatura non è un’idea sua. E a me la politica non interessa”. Come ti vedi tra qualche anno? “Un vecchio rincoglionito”.

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E risponde alle critiche sui suoi programmi…

Ad Aldo Grasso la tua televisione non piace. “Dirò di lui quello che Renzi ha detto di Camusso: ce ne faremo una ragione”. E’ il più bravo e autorevole critico televisivo di questo paese. “Ce ne faremo una ragione anche di questo”. I giornali non contano? “Il popolo non li legge”. (Giuseppe De Filippi e Barbara Li Donni, Tg5: “Ecco il sindaco!”. E lui sorride)

E su Silvio Berlusconi ricorda…

Vent’anni di berlusconismo. Cosa è rimasto? “Il Cavaliere ha creato la scatola del centrodestra, più o meno ha creato il bipolarismo. E ha introdotto i temi liberali nel circuito: le tasse. Prima del 1993 non esisteva questa roba. C’era solo il peggio di Keynes. A volte è stato maldestro, ma Berlusconi ha introdotto il verbo liberale nel dibattito pubblico italiano”. Qualcosa l’ha ripresa Renzi. “Renzi non ha un orizzonte culturale, difficile che possa esprimere una visione. E’ un politico del common sense. Gianteggiante, sì. Ma di questo tipo”. Non che Berlusconi abbia mai avuto un orizzonte culturale definito.
“E invece ti stupirebbe. In quel periodo il Cavaliere mi dette una sola linea guida: dobbiamo far capire alla gente, dobbiamo tramutare in una cosa comprensibile le idee del liberismo. In questo fu bravissimo Antonio Martino, che si ispirava a Milton Friedman, l’economista che aveva scritto ‘Free to choose’, e che aveva fatto all’incirca quello che voleva Berlusconi: cioè tradurre in termini popolari il discorso liberale”. (Assistente di regia, passa quasi senza fermarsi, e ad alta voce: “La possiamo chiamare sindaco?”. E lui: “Chiamami professore”)

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