L’assurda vicenda legale del padre costretto a risarcire il molestatore di sua figlia

Costretto a risarcire la famiglia del molestatore di sua figlia che, davanti all’assurda sentenza, a soli 23 anni ha deciso di farla finita. È l’assurda storia di Davide che ora si trova a dover sborsare 40 mila euro ai genitori di Ezio Foschini, professore condannato in Cassazione a tre anni di reclusione. Il 59enne, già professore dell’istituto d’Arte di Faenza nel ravennate, è ritenuto colpevole di abusi sessuali sulla ragazza, all’epoca studentessa del liceo e 15enne. Eppure se da una parte il procedimento penale ha fatto il suo corso dall’altra la giustizia civile ha sentenziato tutt’altro. Una causa persa. La famiglia della ragazza aveva chiesto in aula il risarcimento dovuto in sede penale: 160 mila euro. Questo perché Foschini, a partire dall’esito della sentenza in primo grado, è diventato all’improvviso nullatenente bloccando di fatto ogni esecuzione. Abbiamo contattato Lorenzo Valgimigli, uno dei due legali che ha assistito la famiglia nel processo penale, e ricostruito l’assurdo iter che fa emergere una giustizia civile completamente lontana da quella penale.

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PADRE COSTRETTO A RISARCIRE LA FAMIGLIA DEL MOLESTATORE: L’INIZIO

– Tutto iniziò con la sentenza in primo grado, 2008. Il collegio penale di Ravenna condannò il professore a quattro anni, una pena che fu poi ridotta di un anno in appello a Bologna grazie alla concessione dell’attenuante dell’ipotesi lieve. A partire però dal primo grado i giudici impongono a Foschini una «provvisionale immediata». «A favore della ragazza – spiega Valgimigli a Giornalettismo – per sostenere le spese utili in cure e sostegno psicologico». Quei soldi però non arriveranno mai: Foschini risulta all’improvviso nullatenente. Macchina intestata ad altra persona, perfino la residenza cambia: in un casale abbandonato. Sul conto capeggia la cifra zero. Così, ai legali della famiglia della giovane, sale un dubbio. Foschini si è spogliato dei propri averi per non risarcire la ragazza? Si avvia così un altro processo (penale anche stavolta) dove si ipotizza che il «debitore illuda con manovra fraudolenta» ciò che invece è stato stabilito dai giudici. «Articolo 388 del codice penale – spiega Valgimigli – mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice». La guardia di Finanza fa le sue indagini: traccia i soldi ipotizzando lo sversamento di soldi nei conti dei genitori dell’uomo. Non solo: in base alla relazione depositata gli agenti sorprendono il professore stesso a casa dei suoi in «abbigliamento succinto e in cucina». In pratica in pigiama, in quella che lui stesso non ha dichiarato come residenza. Anche qui il penale dà retta alla famiglia della ragazza e condanna il professore a due anni di reclusione. Il penale però ha una strada lunga, esistono i ricorsi in appello e i soldi non arrivano nell’immediato. Così si intenta il processo civile.

PADRE COSTRETTO A RISARCIRE LA FAMIGLIA DEL MOLESTATORE: IL CIVILE CHE RIBALTA TUTTO

– I conti dei genitori di Foschini vengono posti subito sotto sequestro. Ed è questa mossa che paradossalmente incentiverà il giudizio civile verso un altro percorso. Cosa succede ora? «Cambia il giudice», spiega il legale. Si richiede, come di norma, una «consulenza tecnica». peccato però che nei conti del padre di Fochini siano rimasti 6mila euro o poco più. I soldi di Foschini? Svaniti o perlomeno, secondo il tecnico introvabili. Il ragioniere incaricato infatti «riscontra che non c’è prova alcuna» che i soldi nei conti dei genitori siano effettivamente quelli del professore. Si va sostanzialmente contro a quello che aveva individuato la Guardia di Finanza e quello che era stato deciso in sede penale. Non solo. «In forza di questo principio – spiega Valgimigli – il giudice condanna al risarcimento delle spese legali». Perizia del ragioniere inclusa. Alla base di tutto c’è anche lo «stato d’animo afflizione del padre» di Foschini alla vicenda che stabilisce la cifra di 40 mila euro di spese legali (di cui 5 mila al padre di Foschini per “danno biologico”). In sede civile la sentenza è immediatamente esecutiva. Risultato? Stipendio di Davide decurtato di un quinto e rimborsi da volgere a favore dei genitori dell’uomo che ha molestato sua figlia. «Ci siamo opposti agli atti esecutivi», spiega il legale. «Abbiamo chiesto la sospensione di primo grado per gravi motivi». Niente da fare. Il pagamento va avanti. E ora Davide rischia di perdere tutto. Casa inclusa. Sui social è partita una campagna donazioni a favore della famiglia. Sul conto figura il nome della ragazza. Perché è per lei che non si deve mollare: per il suo nome. Per quelle spese legali che nella sua testa, troppo giovane e fragile, hanno deciso tutto.

(immagine copertina NOAH SEELAM/AFP/Getty Images)

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