Non si multa chi va con le lucciole

Agosto, il mese più caldo dell’anno, si apre con una buona notizia per tutti gli amanti delle scappatelle notturne. La Cassazione ha infatti stabilito che chi viene pescato nell’atto di far salire in macchina una lucciola non puo’ essere multato.

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IL PRECEDENTE DEL 2011 – Viene così accolto il ricorso di un uomo multato dalla polizia locale del comune di Montesilvano, in provincia di Pescara, che nel 2010 è stato sanzionato in quanto aveva violato l’ordinanza che, testuali parole, proibiva “di fermarsi in prossimità di esercente il meretricio sulla via pubblica”. Come spiega la Gazzetta di Mantova, la sentenza ha quindi confermato quanto stabilito dalla Corte Costituzionale che nel 2011 aveva dichiarato illegittima la norma contenuta nel pacchetto sicurezza del 2008 nel quale venivano assegnati poteri straordinari ai sindaci. Il giudice di pace poi aveva dimezzato l’importo della multa assegnata all’automobilista di Montesilvano, scalandola da 500 a 250 euro. Ora invece la palla passa nuovamente al Tribunale di Pescara che non potrà tenere conto di quanto stabilito dalla suprema corte.

IL PACCHETTO SICUREZZA INCOSTITUZIONALE – Come ci spiega il Giornale, poi, la sentenza della Cassazione è figlia della decisione della Consulta di determinare l’incostituzionalità del pacchetto sicurezza nella parte in cui consente “provvedimenti a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minaccino la sicurezza urbana, anche fuori dai casi di contingibilità ed urgenza”. A quanto pare secondo la Consulta questa definizione violava diversi articoli della Costituzione, perché non prevedeva “una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello dell’imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati”, con il risultato che “gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci”.

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L’ORDINANZA – In sostanza, come prevede la sentenza del 2011 riportata dall’osservatorio sulle fonti, dev’essere il giudice a stabilire la legittimità della disposizione comunale. Nello specifico, la sentenza 115 /2011 prendeva di mira l’articolo 1 comma 1 della legge 125/2008, chiamata in precedenza “pacchetto sicurezza”, ovvero la parte che permetteva al Sindaco, definito “ufficiale del Governo”, di adottare provvedimenti “a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato”. Nello specifico la suprema corte ha considerato illegittima la parola “anche”, prima di “contingibilità ed urgenza”. Quindi questa frase:

provvedimenti a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minaccino la sicurezza urbana, anche fuori dai casi di contingibilità ed urgenza

ha in quell’ “anche” un qualcosa che aumenta a dismisura il potere dei sindaci “cozzando” con quelle che sono le leggi costituzionali, e nello specifico si andava a violare gli articoli 23, 70, 76, 77, 97 e 117.

UN POTERE SMISURATO – Le parole del resto sono importanti. Quell’ “anche” avrebbe istituito “una vera e propria fonte normativa, libera nel contenuto ed equiparata alla legge, in quanto idonea a derogare alla legge medesima, in contrasto con le regole costituzionali che riservano alle assemblee legislative il compito di emanare atti aventi forza e valore di legge”. Invece secondo la corte la “norma censurata, se correttamente interpretata, non conferisce ai sindaci alcun potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione in deroga a norme legislative o regolamenti vigenti”. Inoltre, secondo la Corte, la legge avrebbe attribuito ai sindaci “il potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione, le quali, pur non potendo derogare a norme legislative o regolamentari vigenti, si presentano come esercizio di una discrezionalità praticamente senza alcun limite, se non quello finalistico, genericamente identificato dal legislatore nell’esigenza “di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”.

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SINDACO, SCERIFFO O NO? – Di fatto il sindaco si sarebbe trasformato in uno sceriffo che avrebbe deciso di par suo con una discrezionalità del tutto propria e “libera” da ogni vincolo di legge. Solo che la legge stessa prevede il potere di ordinanza dei sindaci non limitandolo a casi contingibili ed urgenti e non attribuendo agli stessi il potere di derogare, in via ordinaria e temporalmente non definita, a norme primarie e secondarie vigenti non prevedendo una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati”. Non vengono specificati i campi d’utilizzo della normativa, non vengono previste deroghe per aumentare il potere dei sindaci e le norme non sono sufficientemente delimitate. Non bastano quindi le locuzioni “incolumità pubblica” e “sicurezza urbana” come binari sui quali far scorrere l’agire discrezionale dei sindaci.

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