Ancora nel pantano.

E sono tredici. Tredicisima fumata nera per l’elezione dei due membri della Corte Costituzionale. Parlamento ancora bloccato, almeno fino al prossimo voto, previsto per martedì.

Non sono bastati gli appelli – molto incisivi (per usare un eufemismo) del Presidente Napolitano. Non è stato sufficiente l’incontro, mercoledì pomeriggio, tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi per rinnovare il patto del Nazareno. Nulla sembra smuovere la politica dalle sue beghe, dai suoi rispettivi dispetti, dai suoi veti incrociati.

E’ l’ormai tipica cecità di una buona parte dei nostri politici. Il contesto, la crisi, la pazienza agli sgoccioli dei cittadini: nulla li turba. Vengono prima le loro mosse politiche. La loro partita a scacchi. Dare un segnale al governo, mettendo un bastone tra le ruote alle riforme al patto del Nazareno, è più importante che risolvere la crisi del paese.

Un teatrino incomprensibile agli occhi degli italiani, soprattutto oggi.

E quindi eccoci ancora qui. Impantanati. Nelle sabbie mobili. Con un Parlamento che fa la guerra al governo a cui ha dato la fiducia. C’è una saldatura, evidente, tra i conservatori di entrambi i poli. Tra i “resistenti”. Tra coloro che non vogliono che cambi mai niente. Sono coloro che vivono con fastidio il nuovo assetto politico italiano. Tra i deputati di Forza Italia c’è malessere tra chi ritiene troppo morbida l’opposizione del Cavaliere all’esecutivo; tra i dem c’è chi mal sopporta l’alleanza con Berlusconi e le riforme nell’agenda del governo.

Fuori dai palazzi romani, la crisi continua ad attanagliare famiglie, imprese, piccoli commercianti e giovani. Ma questo non sembra essere un problema per lor signori che, addirittura, riprenderanno a votare martedì. Dopo che noi avremo lavorato ancora oggi pomeriggio, venerdì, il fine settimana, lunedì. Solo martedì  – ovviamente a  mezzogiorno – gli “onorevoli” torneranno a fare il loro dovere costituzionale.

Ora, dopo l’ennesima sconfitta, la palla torna al governo. E quindi a Matteo Renzi. Continuare con la coppia Luciano Violante Donato Bruno, o cambiare candidati? Farsi imporre uno stop dal Parlamento, cercando magari di scaricare la colpa sul poco appeal dei candidati, o gettarsi in un braccio di ferro con deputati e senatori?

Il nodo, ovviamente, è nel controllo dei gruppi parlamentari da parte dell’esecutivo, in particolare del controllo di Matteo Renzi nei confronti del suo gruppo parlamentare, quello del Pd.

Ricordiamoci che questo è il Parlamento che, in seduta comune, ha fatto saltare l’elezione di Franco Marini e Romano Prodi al Quirinale.

Ma c’è un nodo che è anche tutto politico. E ripropone il “peccato originale” di questo governo. Cioè il modo in cui è nato. Renzi arriva al governo con una manovra tutta di palazzo, senza aver vinto le elezioni politiche, trovandosi a dialogare con dei gruppi parlamentari in cui ci sono pochissimi fedelissimi. E’ questo il nodo principale che accompagnerà tutta l’avventura a Palazzo Chigi dell’ex sindaco di Firenze.

Ora siamo davanti ad un braccio di ferro. Da una parte Renzi e Berlusconi faranno di tutto per far capire – con le buone o con le cattive – ai rispettivi gruppi parlamentari che – in questo modo – si andrà dritti alle urne, con conseguente addio immediato dei parlamentari al proprio scranno. Non è un caso – infatti – che dall’incontro di ieri tra Berlusconi e Renzi sia trapelata soprattutto l’intenzione di accelerare sulla  riforma elettorale. Dall’altro i parlamentari “resistenti” faranno di tutto per far saltare l’accordo del Nazareno.

In molti, ci risulta, consigliano al premier di tornare al voto ora, subito dopo aver fatto la legge di stabilità. Il Premier, invece, vorrebbe continuare a governare. Ma forse, viste le difficoltà che l’esecutivo trova ripetutamente in Parlamento, è giunta l’ora di “lavare” il peccato originale tornando alle urne. In questo modo, e a questo ritmo, il paese non lo si cambia in mille giorni, forse neanche in tremila.

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