‘Ndrangheta: nell’ombra è diventata più forte della mafia

07/05/2010 di Donato De Sena

Dalla storia di Pannunzi, trafficante sfuggito per due volte alle autorità italiane, alle parole di apprezzamento della gente per il boss Tegano. Dal traffico di droga alle vicende di Rosarno. L’Economist parla della più pericolosa organizzazione criminale italiana

L’Economist  parla del pericolo ‘Ndrangheta e delle su bande, le “più dure e pericolose d’Italia”. L’allarme – scrive il giornale – sarebbe scattato nei primi anni ’90, quando divenne l’organizzazione criminale più ricca del paese, riuscendo a surclassare Cosa Nostra siciliana: “Anche se un terzo gruppo, la Camorra di Napoli e dintorni, è diventata famosa grazie al best seller di Roberto Saviano, Gomorra, – si legge nell’articolo – la ‘Ndrangheta rimane quasi sconosciuta al di là dell’Italia”.

TRAFFICANTE IMPRENDIBILE – Secondo gli investigatori la ‘Ndrangheta avrebbe avuto vita facile grazie ai suoi legami con i cartelli colombiani che le avrebbero dato un ruolo di primo piano nel commercio di cocaina oltreoceano. L’uomo centrale nella rete di rapporti della organizzazione calabrese e i trafficanti sarebbe Roberto Pannunzi, un trafficante che contrattava alla pari con il cartello di Medellin e – come faceva sapere in tempi non sospetti anche il Los Angeles Times – capace nel periodo più florido della sua attività di importare in Europa fino a 2 tonnellate di cocaina al mese. Pannunzi – ricorda oggi l’Economist – è sfuggito alle autorità italiane per ben due volte. La prima volta fu arrestato a Medellin, il 28 gennaio 1994, dalla Polizia nazionale colombiana, ai cui uomini il latitante offrì “un milione di dollari subito” per farsi liberare. Estradato poi in Italia, Pannunzi si rese irreperibile non appena scadde il provvedimento di fermo. Arrestato nuovamente nel 2004, e condannato, riuscì nuovamente a rendersi irreperibile grazie ad una evasione da una clinica privata vicino Roma, clinica presso la quale era stato ricoverato per un attacco cardiaco. “La notizia – scrive l’Economist – è stata tenuta in silenzio per più di tre settimane, apparentemente in modo da non ostacolare una ri-cattura”.

APPLASI PER IL BOSS – Le forze dell’ordine, però, si sarebbero rifatte grazie alla cattura, avvenuta il 26 aprile, del reggino Giovanni Tegano, uno dei principali boss della organizzazione criminale calabrese. Tegano, il cui arresto è stato definito dal ministro degli Interni Roberto Maroni come “il più pesante colpo che avrebbe potuto esser inflitto alla ‘Ndrangheta”, era stato uno dei personaggi chiave della sanguinosa guerra di mafia che causò, in Italia, la morte di quasi 600 persone per sei anni, fino al 1991. Ma anche la notizia della fine della latitanza per un così pericoloso leader della ‘Ndrangheta ha un risvolto negativo. La folla di 500 persone che applaudiva il boss catturato all’uscita dalla stazione di polizia è l’emblema di come la criminalità possa far presa sulla gente in una regione che, tra l’altro, è una delle più povere d’Italia. Qualcuno – ricorda l’Economist – lo acclamava definendolo addirittura “uomo di pace”.

DIVERSI DA COSA NOSTRA – Il giornale inglese sottolinea il differente organigramma che differenzia la ‘Ndrangheta da Cosa Nostra, riportando le dichiarazioni di un affiliato: “Siamo tutti una cosa sola. Noi siamo la ‘Ndrangheta”. Non una piramide, ma un arcipelago di isole separate. Che si occupa di tante cose. Dal traffico internazionale di droga fino allo sfruttamento del lavoro. Rosarno docet.

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