Moncler porta Report in tribunale

E così Moncler porta Report in tribunale. L’azienda di Remo Ruffini è passata al contrattacco dopo il “terremoto” causato dall’inchiesta sulla produzione dei famosi piumini, andata in onda domenica sera nel corso del programma di Milena Gabanelli. Inchiesta che è partita mostrando le immagini forti della spiumatura delle oche negli allevamenti dell’est europeo, per poi passare a raccontare la delocalizzazione della produzione dei capi Moncler, che avviene interamente all’estero in paesi dove la manodopera costa poco, mentre in Italia molti laboratori tessili sono stati costretti a ridurre il personale o addirittura a chiudere dopo la rescissione del contratto con Moncler.

 

Photocredit: Moncler/Report
Photocredit: Moncler/Report

 

REPORT, MONCLER E L’INDIGNAZIONE DEL WEB – L’inchiesta di Report su Moncler – e non solo, visto che nel corso del programma sono stati citati anche altri marchi del lusso Made in Italy, come ad esempio Prada – è stato l’argomento del giorno sopratutto a causa della forte risposta del pubblico, che ha condiviso massicciamente sui social network le immagini delle oche spiumate e che commentato in toni spesso feroci la politica dell’azienda che sceglie l’estero per produrre i propri capi per poi rivenderli con un ricarico stellare nei negozi dei “quadrilateri della moda” presenti in tutte le grandi città del mondo. In molti hanno criticato quella che è stata definita una «indignazione facile» che nasce e muore con un semplice “Mi Piace” su Facebook, prevedendo che – almeno dal punto di vista dei consumatori – il tutto verrà dimenticato entro pochi giorni o comunque entro la prossima tornata di saldi, quando già si sarà passati a indignarsi per qualcos’altro. Ciò non toglie che l’inchiesta di Report e quello che ha causato poi, abbia comunque prodotto conseguenze reali: lunedì il titolo Moncler ha chiuso a – 4,88%, mandando in fumo 140 milioni di capitale.

IL TONFO IN BORSA DI MONCLER – Potere dei social network, come ha scritto questa mattina Francesco Spini su La Stampa? Forse, ma non solo. Perché il tonfo in borsa di Moncler – come sottolinea lo stesso quotidiano torinese –  è sicuramente stato influenzato anche dal report di Exane Bnp Paribas che proprio ieri aveva rivisto al ribasso il prezzo-obiettivo di Moncler, portandolo da 11 a 10,80 e preconizzando quindi un rallentamento nella crescita dell’azienda italiana.

LA RISPOSTA DI MONCLER: LE OCHE – In ogni caso, l’azienda di Remo Ruffini non è rimasta a guardare, e dopo il polverone scatenato da Report ha risposto con un lungo comunicato stampa in cui rigetta ogni accusa: a partire proprio da quelle oche che Stefania Giannini ci aveva mostrato mentre venivano spiumate a cottimo e disinfettate alla bell’e meglio. L’azienda ha precisato: nessuno di quegli allevamenti ungheresi mostrati da Report lavora con Moncler e quelle immagini tanto crude sono state associate all’azienda «in maniera del tutto strumentale».

[…] le piume utilizzate in Azienda provengono da fornitori altamente qualificati che aderiscono ai principi dell’ente europeo EDFA (European Down and Feather Association), e che sono obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali, come riportato dal codice etico Moncler […] Tali fornitori sono ad oggi situati in Italia, Francia e Nord America. Non sussiste quindi alcun legame con le immagini forti mandate in onda riferite a allevatori, fornitori o aziende che operano in maniera impropria o illegale, e che sono state associate in maniera del tutto strumentale a Moncler.

LA RISPOSTA DI MONCLER: LE PRODUZIONE ALL’ESTERO – Moncler interviene anche sulla questione della produzione all’estero e degli elevatissimi mark-up sui capi finiti, una volta arrivati in negozio per la vendita. E, più che una precisazione, si tratta di vere e proprie contro-accuse all’indirizzo di Report: l’azienda, infatti, smentisce fermamente di aver spostato la propria produzione dall’Italia all’Est europeo, essendosi di fatto sempre appoggiata a terzisti esteri. Mentre, per quanto riguarda i ricarichi, questi sarebbero perfettamente in linea con il mercato del lusso: Moncler sottolinea che, sciorinando quelle cifre, Report avrebbe indotto i telespettatori a farsi un’idea sbagliata dell’azienda e delle sue logiche:

[…] Moncler conferma, come già ha comunicato inascoltata a Report, che produce in Italia e in Europa: in Italia quantità limitate, e in Europa nei luoghi deputati a sostenere la produzione di ingenti volumi con elevato know-how tecnico che garantisca la migliore qualità riconosciuta a Moncler dai consumatori. Moncler non ha mai spostato la produzione come afferma il servizio, visto che da sempre produce anche in Est Europa. In Italia ha mantenuto collaborazioni efficienti con i migliori laboratori. Per quanto riguarda i ricarichi, il costo del prodotto viene moltiplicato, come d’uso nel settore lusso, di un coefficiente pari a circa il 2,5 dall’azienda al negoziante, a copertura dei costi indiretti di gestione e distribuzione. Nei vari Paesi la distribuzione applica poi, in base al proprio mercato di riferimento, il ricarico in uso in quel mercato. È evidente quindi che le cifre menzionate nel servizio, che prendono in considerazione solo una piccola parte del costo complessivo del prodotto, sono del tutto inattendibili e fuorvianti.

Photocredit: Rai/Report
Photocredit: Rai/Report

 

MONCLER PORTA REPORT IN TRIBUNALE. E REPORT RISPONDE – Il comunicato di Moncler, diffuso nel pomeriggio di lunedì mentre ancora imperversava la bufera dentro e fuori i social, si chiude con una frase che annuncia come la faccenda non sia destinata a finire qui: «L’azienda ha dato mandato ai propri legali di tutelarsi in tutte le sedi opportune». Moncler passa quindi alle vie legali, mentre Remo Ruffini – che non ha mai preso personalmente la parola – secondo le indiscrezioni de La Stampa sarebbe «esterrefatto e dispiaciuto» per come è stato dipinto il proprio marchio. Ci saranno strascichi legali, ma Milena Gabanelli è già passata al contrattacco, sottolineando come Moncler avrebbe «deciso di non confrontarsi con Report e alla domanda per iscritto se fosse dotato di qualche certificazione non ha risposto». La giornalista attacca il fatto che le piume che riempiono i piumini non sono soggette ad alcuna tracciabilità e che l’azienda potrebbe comunque tornare a produrre in Italia «tanto più quando è entrato il fondo Carlyle, invece ha preferito chiudere i laboratori nel Sud Italia». E se Moncler accusa Report di aver detto il falso, la Gabanelli si dice pronta a «produrre le proprie prove».

 

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CHI SI SCHIERA A FAVORE DI MONCLER – Ma la faccenda di Moncler ha portato molte persone a schierarsi: e tra coloro che biasimano i telespettatori di essersi indignati «per non sapere che oche non si tosano come le pecore» c’è anche chi accusa Report di aver voluto infierire sugli imprenditori italiani che producono ricchezza. Tra questi c’è il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti che alla querelle Report/Moncler oggi dedica ampio spazio sostenendo non solo come l’inchiesta andata in onda domenica non sia riuscita a provare che le piume di quelle quelle oche torturate finiscano effettivamente dentro un Moncler, ma anche che le cifre sui ricarichi sarebbero state presentate pervase da «un odio sociale» tipico del «il giornalismo di sinistra»:

Si è taciuto (bastava leggere i bilanci della società), che al netto dei costi del trasporto, degli stilisti, della ricerca, della pubblicità, dei negozi, dei dipendenti e delle tasse, Moncler per ogni piumino venduto non ricava più di cento euro. Il che non mi sembra una porcheria, tanto meno un reato. Ma sta di fatto che l’odio sociale del giornalismo di sinistra per chi produce ricchezza ha provocato un danno enorme a un’azienda leader che solo lo scorso anno ha versato alla collettività 50 milioni in tasse.

Una tesi, questa, sostenuta anche da Claudio Marenzi, presidente di Sistema
Moda Italia, che a Il Giornale ha giudicato opinabile e dettato «dall’invidia» il lavoro di inchiesta di Report, che già in passato aveva indagato sui “simboli” del Made in Italy come appunto la moda, il caffè e persino la pizza:

Stanno cercando di fare alla moda quel che è stato fatto alla nautica: un’industria distrutta dai pregiudizi, come se tutti i proprietari di barche fossero evasori o faccendieri. […] l’invidia è un sentimento molto distruttivo che si nutre di faziosità. E poi è facile prendersela con un settore che sembra, ma non è affatto frivolo. Il nostro è un mondo industriale serio, impegnativo e che funziona a dispetto di tante difficoltà.

La questione passa quindi agli avvocati. Probabilmente, però, i “Mi piace” del pubblico saranno già finiti.

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