Milano, il comune e quelle stupide telecamere intelligenti

16/11/2011 di Silvia Morani

L’esperienza di un cittadino ci rivela la leggerezza con cui viene affrontato il problema della sicurezza nelle città italiane

La sicurezza nelle nostre città sta diventando sempre più difficile da tenere sotto controllo: sembra quasi che il trascorrere degli anni sia direttamente proporzionale alla crescita di crimini di vario tipo che, ogni giorno, compromettono la tranquillità della vita di ognuno di noi. È sconfortante anche solo lanciare un’occhiata alle percentuali che testimoniano l’aumento della criminalità nelle principali città italiane, e lo è ancora di più constatare che, di fatto, siamo tutti potenziali vittime di delinquenti privi di rispetto e scrupoli e, soprattutto, di un sistema che si adopera ben poco per andare incontro al cittadino.

PAROLE – Già, perché sono tutti molto bravi a parlare, ma quando si tratta di passare ai fatti sembra che tutti dimentichino le promesse dorate che fino a poco tempo prima sbandieravano ai quattro venti per guadagnare popolarità. E le vittime, ovviamente, siamo noi. Purtroppo siamo tutti abituati a sprecare giornate intere cercando di non soccombere di fronte a una burocrazia che sembra creata ad hoc per far impazzire il cittadino e a delle autorità che, invece di fare il proprio lavoro, si limitano a (non) ascoltare e ad annuire. Siamo talmente abituati che la maggior parte delle volte neanche ce ne lamentiamo: il fatto che i nostri diritti basilari vengano quotidianamente calpestati ci sembra normale, perché hanno inculcato in noi l’idea che nessuno ha tempo per dare retta agli irrilevanti problemi di ogni persona, che c’è chi vale di più, chi ha determinati privilegi come se fosse un diritto inalienabile, mentre noi chi siamo? Nessuno.

GIOVANNI – Forse, se più persone avessero il coraggio e la determinazione di pretendere che venga concesso loro ciò che è giusto, riusciremmo a rendere migliori i servizi che dovrebbero essere offerti al cittadino. Ed è così che passiamo alla storia di Giovanni S., che ci ha scritto qualche giorno fa per raccontarci l’ingiustizia di cui due volte (nell’arco di quattro mesi) è stato vittima. Giovanni è un giovane imprenditore che vive a Milano da 5 anni, durante i quali non aveva mai avuto a che fare con esperienze spiacevoli come quelle che ha dovuto affrontare negli ultimi tempi.

8 LUGLIO – Siamo all’8 luglio: Giovanni esce di casa la mattina presto per recuperare la sua automobile, regolarmente parcheggiata all’angolo tra Via Mercalli e Corso Italia (una zona centralissima). “In quel momento”, racconta l’imprenditore, “ho scoperto che un vetro della mia auto era stato completamente infranto, altri segni di atti vandalici erano presenti sulla carrozzeria e dall’interno del veicolo erano stati asportati oggetti di valore e grossi pezzi dell’auto, tra cui tutta la consolle centrale comprensiva di navigatore satellitare”. Giovanni, dopo aver chiamato le forze dell’ordine, si è recato in Questura per denunciare il furto, facendo anche presente che la sua automobile era parcheggiata a due passi da alcune telecamere private che probabilmente avevano ripreso tutto quanto. Ma da quel momento sono passati quattro mesi e l’uomo non ha ancora saputo nulla della vicenda.

7 NOVEMBRE – La seconda esperienza è però ben più grave e risale alla settimana scorsa: il 7 novembre Giovanni ha subito un furto analogo. Dalla sua auto, stavolta parcheggiata in Viale Coni Zugna, sono infatti stati rubati nuovamente “diversi strumenti e oggetti per un valore di qualche migliaia di euro”. Ma quel giorno Giovanni era più ottimista: aveva infatti parcheggiato la sua macchina, proprio per evitare eventi del genere, sotto una delle fantomatiche telecamere “intelligenti” introdotte ai tempi della precedente giunta comunale e fin da allora pubblicizzate come la soluzione a tutti i problemi.

INIZIA L’ODISSEA – L’uomo ha quindi chiamato i Carabinieri, che lo hanno però liquidato dicendo che “la loro competenza territoriale avrebbe avuto inizio solo dalle ore 19”. Si è quindi rivolto al pronto intervento della Polizia di Stato (specificando che l’automobile era parcheggiata sotto una telecamera comunale), da cui ha ricevuto la risposta che “il dovere della polizia non è di fare favori al cittadino” e l’invito a recarsi in Questura per denunciare il fatto. E fin qui, a parte la classica tendenza a giocare a scaricabarile, niente di troppo imprevedibile.

LA POLIZIA DI STATO – Giovanni ha poi provato a rivolgersi al pronto intervento della Polizia Locale, che l’ha però liquidato per “mancanza di competenza in materia”. Una pattuglia di vigili di passaggio, prontamente fermata dall’uomo, si è poi rifiutata di verbalizzare l’accaduto invitandolo a recarsi presso la Polizia di Stato (sì, la stessa che l’aveva scaricato poco prima al telefono). Giovanni, impotente e ormai disperato, è quindi andato al Commissariato della Polizia di Stato, sperando che qualcuno lo ascoltasse e prendesse visione dei filmati che sicuramente avevano ripreso l’intero furto. Ma gli agenti gli hanno risposto che non trattandosi di un crimine importante, sicuramente non avrebbero avuto il tempo di occuparsene e i filmati sarebbero andati persi (perché, per legge, vengono cancellati dopo 7 giorni). Hanno in oltre aggiunto che comunque un filmato che mostra un delinquente alle prese con un furto non è sufficiente per denunciarlo, dichiarazione che, se fosse vera, dimostrerebbe l’estrema inutilità delle fantomatiche telecamere comunali per cui sono stati sprec… utilizzati ben 8 milioni di euro.

LA POLIZIA LOCALE – L’uomo però non si è arreso e, consigliato dagli stessi agenti, ha pensato che forse avrebbe potuto recuperare le immagini di persona. Si è quindi diretto alla sede della Polizia Locale di Via Beccaria, ma gli è stato detto che solo le forze dell’ordine (ossia la Polizia di Stato da cui Giovanni era appena stato congedato) hanno la possibilità di risalire alle riprese. L’imprenditore è riuscito comunque, insistendo, a compilare una richiesta di accesso agli atti, “con la speranza che questo potesse evitare almeno la cancellazione delle registrazioni”. Giovanni ha però aggiunto che “una volta consegnato il modulo, mi è stato detto che la mia richiesta sarebbe stata sicuramente rigettata perché considerata anomala”.

DUBBI – Quanto è accaduto l’8 luglio a Giovanni sembra il classico caso di incompetenza e svogliatezza italiana. Ma gli avvenimenti della settimana scorsa sembrano ben più gravi, e soprattutto fanno sorgere spontanea una lunga serie di domande: se queste telecamere sono state installate per assicurare alla giustizia anche questi criminali minori, perché poi nessuno ha dieci minuti da dedicare alla visione di riprese che mostrano chiaramente la dinamica (e forse anche l’autore) di un furto? A cosa servono queste telecamere, se poi è impossibile risalire alle immagini a meno che non mostrino un omicidio? E soprattutto, a cosa servono se è vero quello che ha affermato l’agente con cui ha parlato Giovanni, e cioè che anche se le immagini colgono in flagranza il delinquente, non sono comunque sufficienti per denunciarlo?

IL COMUNE DI MILANO – Abbiamo cercato di fare chiarezza nella vicenda, anche per provare a evitare che, tre giorni dopo, le famose immagini fossero automaticamente eliminate. Abbiamo telefonato al Comune di Milano, dove ci hanno passato l’ufficio dell’Assessore alla Sicurezza, Marco Granelli. Abbiamo così scoperto che il privato cittadino non può fare richiesta per l’acquisizione delle riprese: la compilazione della richiesta spetta infatti esclusivamente alle forze dell’ordine (confermando ciò che era stato detto dalla Polizia Locale)… già, proprio a quelli che avevano mandato via Giovanni dicendogli che avevano indagini più importanti di cui occuparsi. Quindi, secondo la risposta che abbiamo ricevuto, Giovanni avrebbe dovuto recarsi nuovamente alla sede della Polizia di Stato per convincerli a mandare la richiesta (o, più verosimilmente, per essere liquidato con due parole come era successo la volta precedente). Tutto ciò, ovviamente, “se le immagini esistono”. Quest’ultima risposta ci lascia un po’ perplessi: le telecamere non dovrebbero essere attive ventiquattro ore su ventiquattro? Ci viene risposto di sì, ma non sembra un “sì” molto convinto. Per quanto riguarda la sfortunata frase del poliziotto, a quanto pare non era veritiera. Ma il fatto che per molti agenti probabilmente lo sia è abbastanza inquietante.

IL FAX – Come volevasi dimostrare, Giovanni è stato contattato il giorno dopo (-2 all’eliminazione delle immagini) da un agente della Polizia Locale, che gli ha preannunciato l’invio di un fax con cui si sarebbero liberati da ogni responsabilità riguardo alla vicenda. Inoltre, aggiunge Giovanni, “mi ha fatto sapere che molto probabilmente i filmati delle telecamere sono già andati persi (a questo punto presumo che le telecamere fossero addirittura spente!)”. Ieri, l’ultimo giorno disponibile, Giovanni ha ricevuto il fax, dove, appunto, si spiega che la sua istanza di accesso agli atti è “irricevibile”, perché “la tipologia di documentazione richiesta non è direttamente acquisibile da parte dei privati”.

NIENTE DA FARE – Tutto inutile, quindi. Non solo Giovanni verrà risarcito solo parzialmente del valore dei beni che gli sono stati sottratti ma, cosa molto più grave, ha visto calpestato il proprio diritto a ottenere un minimo di chiarezza e giustizia riguardo alla vicenda. Gli unici che avevano il potere di accedere alle riprese hanno maleducatamente negato a Giovanni questa possibilità, il vortice della burocrazia e soprattutto della svogliatezza ha fatto il resto, rivelando inoltre la quasi assoluta inutilità di queste telecamere per cui sono stati investiti milioni di euro e che a quanto pare stanno lì per bellezza. I cittadini di Milano, e non solo, sono abituati a vedere in giro per la città le telecamere di videosorveglianza comunale che in teoria dovrebbero assicurare la sicurezza e rappresentare un deterrente per i potenziali criminali; ma forse, alla luce di questi avvenimenti, sarebbe meglio informarli del fatto che il singolo cittadino non ha nemmeno il diritto di far sentire la propria voce e di ottenere ciò che è giusto e che dovrebbe essere scontato, perché l’unica cosa scontata è la poca voglia di lavorare che sta diventando una malattia sempre più diffusa in qualunque settore pubblico.
Quello che è certo è che d’ora in poi Giovanni farà molta attenzione a dove parcheggerà la macchina.

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