Milano 2016 e il paradosso di un Pd vincente ma sconfitto

Giuliano Pisapia non si ricandida a sindaco di Milano nel 2016. L’avvocato ha mantenuto fede alla promessa fatta al momento della vittoria nel 2011. Un solo mandato. E da uomo di parola ha mantenuto ciò che ha promesso. Lasciando dietro di sé macerie nel Partito Democratico milanese. Ovvero chi gli fece la guerra nelle primarie del 2011 quando la segreteria sosteneva Stefano Boeri mentre Pisapia era appoggiato da Sel e Rifondazione comunista. E chi oggi non ha saputo costruire un’alternativa, con il rischio che il prossimo candidato “cali dall’alto”, ovvero da Roma, con tanti saluti all’autonomia di un Partito molto “renziano”.

Giuliano Pisapia è stato un ottimo sindaco, al di là delle polemiche di facciata. E la sua Giunta non è stata da meno. La città è migliorata, esistono nuovi spazi d’aggregazione, è nato un clima florido che ha contagiato un’intera generazione. Ma a che prezzo? Il 14 novembre 2010 l’avvocato vinse le Primarie contro Stefano Boeri, l’uomo della segreteria di Pierluigi Bersani, la stessa che non si fece vedere a Milano negli ultimi giorni pre-consultazioni quando la “rivoluzione gentile” di Giuliano Pisapia stava prendendo il largo.

La vittoria di Pisapia ha spinto Maurizio Martina, Roberto Cornelli e Pierfrancesco Majorino, rispettivamente segretario regionale, segretario comunale e capogruppo a Palazzo Marino, a rimettere il mandato.

Avevano ammesso la sconfitta. Semplice. Poi Giuliano Pisapia vinse le elezioni ed il Pd rientrò dalla finestra piazzando Boeri come Assessore alla Cultura dopo averlo voluto vicesindaco e Pierfrancesco Majorino come responsabile delle Politiche sociali, oltre ad un nutrito gruppo di ragazzi impegnatisi in campagna elettorale e premiati con incarichi in Comune. Ma Giuliano è uomo di parola ed ha deciso di andare via. Un uomo tutto d’un pezzo, onesto e con i suoi difetti, come tutti. Questo però non gli ha mai impedito di essere amato ed apprezzato. Gira sempre con la moglie, Cinzia Sasso, senza la minima scorta, e viene salutato da tutti, sostenitori ed avversari.

Il problema vero è che dopo Giuliano Pisapia a Milano c’è il niente. I continui inviti a tornare sui suoi passi, la scritta “Giuliano ripensaci” comparsa alla Festa dell’Unità e poi subito tolta dopo, Matteo Renzi che dal palco invita Giuliano a decidere “cosa fare da grande”, spingendolo alla ricandidatura, scatenando anche in questo caso – pare – irritazione e fastidio, è segno di un Partito Democratico impaurito dalle alternative.

Giuliano Pisapia è la foglia di fico di una classe dirigente che in cinque anni non ha prodotto una valida alternativa. Pierfrancesco Majorino, l’uomo che si pensava potesse raccogliere l’eredità “arancione”, spera nelle primarie per provare l’assalto a Palazzo Marino ma l’engagement inesistente sui social dimostra come il suo nome non possa accendere gli entusiasmi, tanto da venir “sbeffeggiato” da Roberto Formigoni che “ride” della paura dell’Assessore alle politiche sociali di un’alleanza Pd-Ncd su Milano:

 

E qui si entra nel capitolo più spinoso. Matteo Renzi. Milano è lo spot ideale per l’Italia che riparte. Una città in crescita che ha goduto dei benefici di Expo, una città in cui stanno nascendo infrastrutture, reti di trasporti, in cui s’investe. Perdere il bastone della rivoluzione arancione sarebbe dannoso, anche per l’esecutivo. Inoltre il centrodestra non riesce a produrre una minima alternativa. Neanche lì esistono nomi. Quindi perdere contro “nessuno” sarebbe pericoloso per tutto il Pd.

L’alternativa? Un nome sicuro, che raccolga la borghesia milanese, l’elettorato moderato, l’associazionismo bianco ed il bacino di voti di Comunione e Liberazione. Ovvero Giuseppe Sala, Direttore Generale del Comune di Milano sotto la Giunta Moratti ed attuale Commissario unico di Expo. Un nome perfetto, capace di riunire i consensi di vasta parte della città, che può brillare di luce propria grazie al successo dell’esposizione universale. E se al Nazareno si decidesse per Sala, le primarie salterebbero senza se e senza ma. Un secondo scherzo “Pisapia” con un indipendente appoggiato magari dalla minoranza lacererebbe il partito, questa volta definitivamente. Bisogna vincere. E si passerà sopra ogni cosa.

Quindi anche sopra il Pd milanese che dopo cinque anni di successo della giunta Pisapia rischia di essere scavalcato da Roma con gravi conseguenze sugli equilibri politici. I vertici di oggi potrebbero lasciare spazio ai vincitori di domani. Si disgregherebbe la rete che tiene insieme l’attuale classe politica milanese. Uno tsunami che salverebbe pochissime persone. La ricandidatura di Giuliano Pisapia avrebbe mantenuto lo status quo. Ed è per questo che si spera ancora in un ripensamento che non ci sarà. Il re è nudo. L’incapacità di produrre un’alternativa spinge il Pd nazionale a “superare” il Pd milanese con altri nomi ed altri obiettivi. Un partito che per vincere deve battere sé stesso. Sembra assurdo ma a Milano potrebbe accadere proprio questo. (Photocredit copertina ANSA/DANIEL DAL ZENNARO)

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