Migranti: «Non vendo il filo spinato ad Orban: è omicidio»

19/02/2016 di Redazione

«Omicidio»: parla senza mezzi termini Talat Deger, commerciante, artigiano, imprenditore tedesco di origine turca; uomo che ha detto un secco no a Viktor Orban, leader ungherese del partito xenofobo Jobbik. Un secco no “incontrato”, per così dire, sulla strada dei Balcani: un viaggio che il turco-tedesco aveva affrontato verso il suo paese d’origine e nel quale si era imbattuto in una colonna di un centinaio di migranti al ciglio della strada. Esperienza che, al momento giusto, è riuscita ad incidere profondamente sulla sua vita.

MIGRANTI, «NON VENDO IL FILO SPINATO A ORBAN: È OMICIDIO»

 

La Stampa racconta.

Al confine tra Serbia e Montenegro un gruppo di 100-150 persone camminava ai bordi dell’autostrada, con loro nient’altro che zaini e buste. Deger, che è cresciuto a Berlino Ovest, non lontano dal Muro, resta scioccato. Nella sua mente riaffiorano le immagini della sua infanzia: suo padre che nei fine settimane sale con lui su una pedana piazzata vicino il Muro per lanciare uno sguardo dall’altra parte; le code interminabili di tedeschi orientali che, dopo il 9 novembre 1989, si riversano a Berlino Ovest. Due, tre settimane dopo quel viaggio Deger riceve una telefonata dai dipendenti della sua azienda, la Mutanox, un grossista di Berlino che distribuisce tra l’altro reti di recinzione e filo spinato.

 

C’è un offerta molto importante, e di un certo peso dal punto di vista economico.

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 L’Ungheria ha inviato una richiesta per 10.000 rotoli di nastro spinato, una particolare variante del filo spinato caratterizzata da lame molto affilate: chi vi resta impigliato non ha nessuna chance di liberarsi da solo. Anzi: più si dimena, più peggiora le ferite e rischia la morte. La proposta ungherese è chiara: una prima tranche di nastro spinato da srotolare lungo 50 chilometri di frontiera. Valore potenziale della commessa: 500.000 euro. Deger capisce le intenzioni del governo di Orbán, ripensa al gruppetto ai bordi dell’autostrada – e rifiuta: la Mutanox non presenta nessuna offerta. «Le persone che scappano a piedi mettono in conto tutti i possibili rischi. Una simile barriera non li fermerebbe. Se si bloccano loro le vie di fuga, muoiono», spiega Deger nella sala ospiti della Mutanox, azienda che ha fondato una decina di anni fa insieme a Murat Ekrek e conta oggi 15 dipendenti. «Il nastro spinato ha tutt’altra funzione: viene montato a bordo delle navi per bloccare i pirati o nelle prigioni per impedire le fughe. Serve a proteggere dai criminali. Non si può pensare di difendere l’umanità da persone che non fanno altro che salvare la loro vita». Talat Deger indica la recinzione che separa la sua azienda dai binari. «Vede il nastro spinato in cima alla rete? Ecco, quella è alta tre metri: chi vuole superarla, deve prima arrampicarsi. Ma io mi difendo dai ladri e dai graffittari, non dai rifugiati». Utilizzare il nastro spinato trasformandolo in trappola come fa l’Ungheria «è omicidio».

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