Matteo Renzi al lavoro per cambiare le regole Ue anche dopo il voto

16/11/2016 di Redazione

Il veto che in queste ore l’Italia pone alla revisione del bilancio pluriennale dell’Unione Europea ha anche una valenza politica. La riserva del nostro governo è in parte legata, infatti, anche alla battaglia sul referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre e soprattutto alla necessità per l’esecutivo di recuperare consensi nell’elettorato anti-europeista.

RENZI E LA STRATEGIA PER RECUPERARE VOTI TRA GLI ANTI-EUROPEISTI

Dai sondaggi sulle intenzioni di voto per Matteo Renzi non arrivano in questi giorni notizie incoraggianti. Il ‘No’ alla riforma Boschi si aggira in media intorno al 53% e gli attacchi all’Ue sembrano essere particolarmente apprezzati dagli italiani, che invece si interessano meno agli altri argomenti della campagna elettorale. Ne parla Alberto D’Argenio su Repubblica:

Renzi ha così capito che solo l’Europa scuote l’elettorato, a maggior ragione ora che prova a pescare voti al di fuori del tradizionale campo del Pd, tra i moderati di centrodestra più inclini a criticare l’Unione. Su impulso del premier, dunque, ieri i ministri impegnati a Bruxelles hanno attaccato, ma cambiando obiettivo rispetto alle ultime sortite. Gentiloni e Gozi non se la sono presa con il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ma con il Consiglio, ovvero con i governi dell’Unione, in particolare con quelli dell’Est che con le loro politiche contro i migranti e il rifiuto ad essere solidali con i paesi in prima linea nell’accoglienza sono un bersaglio apprezzato da tutti.

 

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RENZI E IL LAVORO PER CAMBIARE LE REGOLE UE

Se comunque Matteo Renzi resterà in sella dopo il referendum, lavorerà per modificare le regole dell’Unione Europea:

Ma con i due veti Renzi punta anche a far capire ai partner che se dopo il voto del 4 dicembre resterà in sella, vuole cambiare davvero l’Europa. Altro messaggio che piace agli elettori. Per questo il premier ieri parlava di «Italia alternativa a questa Europa» e spesso ricorda che a marzo 2017 quando a Roma si celebreranno i 60 dei Trattati europei non accetterà un flop: «Gli altri leader sappiano – è il messaggio che Renzi spesso condivide con i suoi – che o l’Europa ripartirà da Roma o è meglio lasciar stare». Dunque, per citare un ministro in stretto contatto con Renzi sui temi europei, i due veti di ieri «danno coerenza alle polemiche post Bratislava e ai messaggi della campagna elettorale». Peraltro con buoni motivi.

Mentre i paesi dell’Est manterranno anche nel prossimo triennio, affondano la solidarietà Ue sui migranti e costruiscono muri. Inoltre dal bilancio comunitario spariscono i soldi dei programmi comunitari che interessano all’Italia. I capitoli per solidarietà e flessibilità scendono da 1.5 miliardi a 900 milioni. I fondi per sviluppo e innovazione vengono dimezzati a 200 milioni. I fondi Erasmus e per le piccole e medie imprese vengono entrambi tagliati a 100 milioni.

(Foto: ANSA / UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI – TIBERIO BARCHIELLI)

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