Mario Monti: «In Europa non si vince battendo i pugni sul tavolo»

Esattamente tre anni fa rimetteva il mandato nella mani di Giorgio Napolitano, che l’aveva fatto prima senatore a vita poi presidente del Consiglio. Proprio oggi Mario Monti torna a parlare, e lo fa a Repubblica in un’intervista ad Alberto D’Argenio: l’ex premier ripercorre la storia della crisi finanziaria del 2011 e del suo governo tecnico chiamato a salvare il paese dallo spread alle stelle e dallo spauracchio default. Ma soprattutto dello scontro con la Merkel che torna più che mai d’attualità con Renzi che rivendica un ruolo di maggiore rilievo in Europa. Monti non sposa più di tanto la linea: «Il peso non lo si acquista reclamandolo, ma dando un contributo di idee».

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EPA/OLIVIER HOSLET

Sono settimane in cui si fa un gran dibattere di banche e del decreto salva banche. C’è chi pensa che il bubbone sia stato lasciato crescere proprio sotto il governo Monti

A quell’epoca le banche italiane – con la cospicua eccezione del Monte dei Paschi di Siena, che salvammo senza alcun onere per i contribuenti – erano nel complesso in buone condizioni e nessuno ne chiedeva il salvataggio. Ma tutte le banche correvano un grande rischio, legato ai molti titoli di Stato detenuti. Il vero “salvataggio” ha avuto luogo grazie alla ritrovata solidità dei bond

Cosa può fare l’Europa ora? Monti ha le idee piuttosto chiare:

Sarebbe paradossale che l’Italia, salvatasi con le proprie forze nella situazione molto più grave di fine 2011, dovesse mettersi alla mercé della benevolenza altrui proprio mentre reclama un peso maggiore in Europa. […] Il mio scopo non era battere la Germania, ma completare l’uscita dell’Italia dalla crisi finanziaria e far sì che l’intera eurozona si dotasse di una rete di sicurezza. Questo non sarebbe stato possibile senza forzare in parte il dogma dell’ortodossia monetaria tedesca

Infine una piccola stilettata…

Per me, che ho evitato ogni spettacolarizzazione, narrativa e storytelling segnano l’eutanasia della politica che rispetto, quella che mette l’interesse generale al di sopra di quello personale. I “pugni sul tavolo” avrebbero infranto non i dogmi tedeschi, ma le mani dell’Italia

Photocredit copertina ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images

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