Polemiche su Marco Prato: suicidio annunciato, perché non era in sorveglianza speciale?

21/06/2017 di Redazione

Marco Prato è morto suicidandosi in carcere. Una scomparsa annunciata, visto che il Pr romano accusato dell’omicidio di Luca Varani aveva già tentato in passato di togliersi la vita. Ciononostante Marco Prato non era in sorveglianza speciale. Secondo Luigi Manconi, senatore del PD e presidente della commissione Diritti umani, il trasferimento del pr romano dalla casa circondariale di Regina Coeli alla prigione di Velletri è stato un atto irresponsabile. Il carcere laziale è infatti afflitto da problemi di sovraffollamento, e le condizioni disagiate di detenzione non favorivano il regime speciale di sorveglianza a vista di cui Marco Prato avrebbe avuto bisogno. Con un agente della polizia penitenziaria che avrebbe dovuto controllarlo sia di giorno che di notte. In una cella normale come quella del carcere di Velletri, che il pr romano condivideva con un altro detenuto, c’erano oggetti, come la bombola del gas per la cucina oppure lenzuola, che un detenuto con problemi psichiatrici gravi avrebbe potuto utilizzare per togliersi la vita.

MARCO PRATO SUICIDIO ANNUNCIATO, POLEMICHE PER LA MANCATA SORVEGLIANZA

Come purtroppo è successo. L’Italia prevede l’ergastolo per i criminali più efferati, non la pena di morte, e assicurare una detenzione rispettosa dei diritti umani così come attenta ai problemi dei carcerati è un dovere fondamentale dello Stato. «Nessuna sorpresa per un suicidio per molti versi annunciato. Al di là di rassicurazioni informali e generiche, nessuna delle autorità responsabili ha voluto recedere dalla posizione presa, nonostante l’indicazione dell’inadeguatezza della collocazione a Velletri e del rischio suicidario ancora esistente», ha dichiarato Mauro Palma, il garante nazionale dei detenuti .

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Marco Prato, inoltre, secondo la nostra Costituzione era innocente fino al terzo grado di giudizio. Non è stato colto in flagrante mentre commetteva l’omicidio di Luca Varani, e dichiarava di non esser stato responsabile della sua morte. Annalisa Chirico sul Foglio rimarca con forza come Marco Prato attendesse il dibattimento in tribunale per provare la sua innocenza.

Marco era convinto di poter dimostrare che lui, pur presente sul luogo del delitto, non aveva ucciso Luca. “Ricordo quasi tutto di quella sera”, mi aveva scritto dalla prigione di Velletri. “Io non ho ucciso Luca, non sono stato io a colpirlo con il martello e con i coltelli. La verità è che non ho avuto il coraggio di fermare Manuel, ero succube della sua personalità”. Non sapremo mai se Marco dicesse la verità o meno, se fosse innocente o colpevole, soltanto il processo ci avrebbe restituito una verità giudiziaria. A

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