L’ennesima morte di Marco Pantani

Stavolta sarà davvero difficile alzarsi sui pedali per poter osservare con lo sguardo la vallata sotto la montagna. Marco Pantani è morto per l’ennesima volta. La Corte di Cassazione ha stabilito definitivamente che il Pirata non fu ucciso. Il ricorso presentato dall’avvocato Antonio De Rensis contro l’archiviazione decisa dal Gip di Rimini a giugno 2016, voluto fortemente dalla mamma Tonina, è stato respinto.

LEGGI ANCHE > Marco Pantani, il sangue del Pirata deplasmato a Madonna di Campiglio per incastrarlo?

MARCO PANTANI CASSAZIONE, IL VERDETTO DEFINITIVO

Non ci sarà più nessuna indagine della magistratura italiana sulla morte del campione capace di mettere insieme nello stesso anno i successi al Giro d’Italia e al Tour de France. Era il 1998. Il 14 febbraio del 2004, il corpo del ciclista venne ritrovato senza vita nel Residence «Le Rose» di Rimini, in quella che sembrò sin da subito essere una delle vicende più oscure della cronaca nera italiana.

La Procura della città romagnola aveva stabilito che non c’erano né possibili indizi, né tantomeno possibili assassini con un ipotetico movente. Neanche quando l’inchiesta fu riaperta nel 2014, a dieci anni esatti dalla morte di Pantani.

MARCO PANTANI CASSAZIONE, CHI CANCELLERÀ QUELLE OMBRE?

La verità ufficiale, quella contenuta negli archivi dei palazzi di giustizia, continuerà dunque a raccontarci del fatale mix di farmaci antidepressivi e di cocaina, continuerà a metterci davanti agli occhi la storia del campione finito, entrato in un tunnel dal quale sarebbe stato impossibile uscire senza una ferma forza di volontà.

Eppure, le oscure ombre sul controllo antidoping che lo incastrò a Madonna di Campiglio, nel 1999, la mano lunga della criminalità organizzata, le dichiarazioni del bandito Renato Vallanzasca lasciano aperti gli interrogativi di una verità non ufficiale. Alla quale continuano a credere tutti quelli che hanno voluto bene a un campione irripetibile.

(FOTO: ARCHIVIO/ANSA)

Share this article