Mafia delle buche a Roma, il sistema: «Mazzette per non controllare»

C’è un sistema tra le buche rattoppate alla meglio a Roma e la corruzione negli uffici pubblici che dovevano vigilare?

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E una confessione emblematica lo sintetizza. «In cambio delle bustarelle? Talvolta ho chiuso un occhio sull’uso dei materiali». I funzionari dei municipi finiti in galera per lo scandalo delle inchieste sulle buche davanti all’evidenza delle prove raccolte dalla procura, infatti, parlano. E svelano una verità già intuibile viste le oltre duemila voragini aperte sull’asfalto di Roma, dalle periferia al centro. R. B., funzionario del V municipio, addetto al servizio territorio e ambiente e quindi alle strade, nei giorni scorsi ha risposto dal carcere di Regina Coeli.
Ed ha ammesso di aver ceduto («anche se in un periodo familiare difficile») davanti alla proposta dell’imprenditore L.M. (il ras del settore finito in manette nella prima ondata di arresti) di accettare bustarelle piene di soldi. «Un giorno mi offrì cinquemila euro». «Un’altra volta mi pare fossero novemila», «Una seconda volta dodicimila e poi se ben ricordo tremila». Alla domanda così rivolta dai pm Stefano Pesci e Alberto Pioletti come è pensabile che a quel punto «fosse adeguatamente severo nei controlli» B. ha confessato. «Ammetto», ha detto, «che per effetto di quei pagamenti sono stato meno attento e ho più di una volta chiuso un occhio, specialmente sul numero degli operai impiegati e talora sui materiali». Una verità choc, visti i rischi per i pedoni e gli automobilisti, che poi cerca di minimizzare. «Ci tengo a dire, tuttavia», ha precisato il funzionario finito in manette per corruzione, «che non ho mai ceduto sulla qualità del lavoro, perché ci poteva andar di mezzo la vita delle persone».

(in copertina ANSA)

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