M5S e l’uscita dal referendum per uscire dall’euro

28/03/2017 di Andrea Mollica

M5S euro, rapporto sempre travagliato e mai chiarito, neppure ora che i 5 Stelle sembrano avere una più che concreta chance di governo. I sondaggi rilevano il Movimento 5 Stelle come il grande favorito per le prossime elezioni politiche, l’unica forza ad avere una traiettoria positiva di crescita demoscopica. M5S si è sempre caratterizzato come una forza euroscettica, però distante dal nazionalismo e dall’antagonismo ideologico dei partiti nazionalisti. Beppe Grillo ha sempre rimarcato la sua differenza con la leader europea di questo posizionamento, Marine Le Pen. Il leader però è sempre stato contraddittorio sulla moneta unica: si era prima dichiarato favorevole a un referendum, senza dire cosa avrebbe votato, e poi aveva sostenuto l’esigenza di uscire dall’euro. Lettera morta anche sulla proposta di legge popolare per istituire il referendum sull’euro. In questi ultimi giorni i messaggi inviati dal M5S sull’euro sono sempre più confusi. Settimana scorsa è stato presentato il Libro a 5 Stelle dei cittadini per l’Europa. L’uscita dalla moneta unica era un concetto sfumato: la misura contenuta nel testo era una modifica dei Trattati UE per consentire l’opt-out. Per cambiare i Trattati serve però l’unanimità degli Stati membri, e sembra molto improbabile, anche impossibile, che se una simile modifica possa esser adottata in tempi relativamente brevi. Sul blog di Beppe Grillo sono presentate le proposte, che saranno poi votate dagli iscritti, sui temi di politica estera del futuro programma elettorale. I primi due temi riguardano l’euro: il no al Meccanismo europeo di stabilità, definito smantellamento della Troika, e l’introduzione della moneta fiscale.

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Luigi Di Maio aveva già rimodulato la proposta di referendum sull’euro, per cui sarebbe necessaria una legge costituzionale molto difficile da introdurre. Servirebbero maggioranze assolute non garantite da nessuna legge elettorale tra quelle in vigore a Camera e Senato, a meno che il M5S superi il 40%. L’introduzione della moneta fiscale, spiegata sul blog di Beppe Grillo dal Prof. Gennaro Zezza, dell’università degli Studi di Cassino, appare un’ulteriore frenata sull’addio alla moneta unica. La misura, non esattamente una novità, è preceduta da una riflessione, condivisibile, che appare come smentita definitiva o quasi all’uscita dall’euro, almeno nella pressoché sicura ipotesi di mancata modifica dei Trattati UE.

Ma l’uscita unilaterale dall’euro comporta una rottura di trattati, comporta una manovra di tipo aggressivo nei confronti dei nostri partner. Discutere se sia tecnicamente possibile oppure no non è neanche opportuno in questa sede, sicuramente è possibile, ma sicuramente i costi politici da sostenere sono alti.

Il M5S sull’euro propone

Reintroduzione in Italia di quella che possiamo chiamare una “moneta fiscale”, una moneta che non è moneta legale e quindi non va a violare i nostri trattati, ma che possa restituire al governo la capacità di effettuare un piano di investimenti e per sostenere il reddito dei cittadini, insomma un piano di rilancio. L’introduzione di monete fiscali in tutti i Paesi della zona euro, e soprattutto nei paesi della periferia sud, consentirebbe inoltre un cambio radicale di rotta, e cioè la fine della preoccupazione per l’austerità e per i vincoli fiscali sulle manovre del governo, e invece la capacità rinnovata di avere un piano di rilancio e di stabilizzazione di tutta l’area del Mediterraneo.

La moneta fiscale sarebbero i CCF, i certificati di credito fiscale che uno Stato emetterebbe a fianco dell’euro, come mezzo di pagamento alternativo per cittadini e imprese della propria economia. I CCF non sono una novità, se ne discute in ambito accademico, ed erano stati vagheggiati anche dalla Grecia di Alexis Tsipras nel momento di massimo scontro con le autorità europee. La moneta fiscale, curiosamente simile alla proposta di Silvio Berlusconi per trovare un’intesa col no euro Matteo Salvini, appare però una misura molto debole. Una simile proposta avrebbe bisogno l’avallo delle istituzioni europee per poter circolare regolarmente, e sembra improbabile che ciò possa accadere. Anche nel molto ipotetico caso del sì all’Europa, sembra difficile che una moneta garantita solo dalle tasse di uno Stato possa ottenere fiducia dai cittadini, specie se adottata in simili condizioni.  La moneta legale, come qualsiasi moneta priva di valore intrinseco, è fiduciaria, e ha valore in base alla credibilità di chi la emette.  Se ci fossero dubbi sul valore dei CCF  non potrebbero servire a ciò che propone il M5S, a stimolare la domanda via deficit pubblico ora impossibile o quasi alla luce dei vincoli europei.

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