Nike e gli operai sfruttati in Indonesia

Non è certo una novità che l’azienda americana Nike sia al centro delle denunce di associazioni umanitarie e lavoratori, in tutto il mondo, per lo sfruttamento della manodopera. Questa volta, però, la multinazionale che produce articoli sportivi non è accusata in modo diretto: come spiega Le Monde, le critiche coinvolgono le società intermediarie indonesiane. Quelle attraverso cui Nike preferisce subappaltare la fabbricazione dei suoi articoli, puntando sulla delocalizzazione per abbassare i costi di produzione. Incolpate per non pagare il salario minimo ai propri dipendenti.

INDAGINE – Come risposta alle critiche, Nike ha annunciato oggi che verificherà quanto segnalato attraverso un’indagine interna: “Prendiamo seriamente queste denunce, stiamo studiando il caso”, ha annunciato il direttore delle comunicazioni dell’azienda, Greg Rossiter. L’azienda ha spiegato di aver chiarito a tutte le società che gestiscono i subappalti quali siano le regole di comportamento: “Tutti i lavoratori devono essere pagati in modo conferme alle leggi sul salario minimo presenti nei propri paesi”, ha sottolineato Rossiter. Oltre a garantire altri diritti essenziali, come ferie e trattamento di fine rapporto.

INDONESIA – Eppure, i dipendenti delle società collegate alla Nike risultano tra i meno pagati in Asia, dietro quelli di Cina e India. Dopo alcune grandi manifestazioni di protesta, negli scorsi giorni, le autorità locali hanno aumentato i redditi di alcune categorie di dipendenti. A Giacarta, il salario minimo mensile è aumentato del 44% il 1° gennaio, fino a 2,2 milioni di rupie (circa 170 euro). Ma il pericolo è dovuto alle possibile deroghe concesse alle aziende che non sono in grado di garantire i ritocchi negli stipendi dei lavoratori. Secondo l’organizzazione non governativa americana Education for Justice (EFJ) si stima come almeno sei dei 40 subappaltatori che fabbricano in Indonesia per conto di Nike, abbiano già chiesto l’esenzione. Secondo il direttore della ONG, Jim Keady, la fabbrica Sukabumi, nell’area occidentale dell’isola di Giava, ha già ottenuto una deroga che consente di pagare i propri dipendenti 1.100.000 rupie contro 1.200.000 rupie richiesti dalle normative locali.

DENUNCIA – Per questo continua la sua denuncia: “I valori ultraliberisti di Nike non rispettano quelli della democrazia e i diritti umani”, ha accusato. Mentre è stato il direttore del Centro per i diritti sindacali, Surya Tjandra, a spiegare come – anche se le accuse coinvolgono i subappaltatori – sia Nike il responsabile principale. “I lavoratori in Indonesia guadagnano in modo appena sufficiente per sfamarsi. Mentre non hanno i soldi per pagarsi spese sanitarie ed istruzione”, ha svelato. Una situazione preoccupante, nel paese che rappresenta il più grande produttore sportivo della Nike, dopo il Vietnam e la Cina, con quaranta società subappaltatrici,  dove trovano lavoro circa 171.000 dipendenti.

(Photocredit: Getty Images)

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