L’Italia di Matteo Salvini: egoista e rabbiosa. E pericolosa

Nel Partito Democratico, storicamente, uno dei passatempi più frequentati è il litigio. Dal 2007, anno in cui il Pd è nato, ad oggi sotto questo punto di vista poco è cambiato. Nel 2007 era Walter Veltroni ad essere sotto attacco concentrico della sinistra del partito. Un attacco teso a “consumarlo”, a logorarlo, giorno dopo giorno. Per l’allora ala dalemiana del PD, anche se i democratici dopo le elezioni perse nel 2008 erano all’opposizione, il vero obiettivo da abbattere era il segretario, non Silvio Berlusconi.

Più o meno gli stessi che attaccano oggi Renzi, accusandolo di voler fare le riforme con Verdini, all’epoca, piuttosto che attaccare Berlusconi e il suo governo, avevano come unico riflesso culturale quello di bombardare la ditta per riprendersi il partito. Cosa che avvenne, prima con le dimissioni di Veltroni a febbraio del 2009, e poi con la vittoria di Bersani alle successive primarie.

Anche oggi, lo schema si ripete. Quella parte del Pd che fa le barricate contro il Pd stesso, cercando di mettere in ogni modo il bastone tra le ruote del proprio segretario e premier, sembra piuttosto disinteressata a quello che accade nel resto della politica italiana. Ossessionati da Berlusconi (e da Renzi) costoro sembrano ignorare il pericolo che la crescita della Lega Nord e di una destra radicale comporta per il nostro paese.

Nell’escalation del vilipendio leghista ora sono entrate anche la Chiesa e Papa Francesco. Oggetto del contendere, ovviamente, l’accoglienza agli immigrati. Nulla di sorprendente se si considera che questo è il vero cavallo di battaglia di Matteo Salvini, sul quale ha costruito la rimonta della Lega nei sondaggi in questo ultimo anno. Una crescita evidente, impetuosa, e anche inattesa nelle dimensioni.

Ma cosa sta costruendo Matteo Salvini? Il leader della lega, messa da parte la retorica antimeridionale dell’era di Umberto Bossi, punta tutto sulla paura del diverso, mettendo nel proprio mirino soprattutto gli immigrati. Non una novità nella storia della Lega, ma questa volta si è fatto un passo “avanti”, anche rispetto ai tempi dei Governi Berlusconi-Bossi. Salvini non attacca solo l’arrivo degli immigrati clandestini, il segretario della Lega Nord è contro l’accoglienza tout court.

Salvini attua una strategia pericolosa e cinica. Si appella a quella che potremmo definire l’Italia egoista. Composta da chi, dopo anni di crisi economica, vede nell’immigrato colui che gli porta via la casa, un ipotetico sussidio di disoccupazione, il lavoro. Ma tra questi cittadini attratti dal flauto magico salviniano  c’è anche chi è semplicemente razzista. Salvini, con l’aiuto di Casapound, come abbiamo potuto vedere a Roma, sia a  Tor Sapienza sia a Casal di San Nicola, sta creando una saldatura potenzialmente esplosiva tra lega nord ed estrema destra. Una saldatura che – sondaggi alla mano – rischia già oggi di proiettarsi al 20% delle intenzioni di voto. Un’espansione senza precedenti.

Salvini, davanti all’assalto verso il centro del Pd Renziano, che alle Europee ha conquistato un pezzo di elettorato una volta vicino al centrodestra Berlusconiano, ha spostato sempre più a destra l’asse della Lega e della sua alleanza, riuscendo ad aggiungere allo zoccolo duro leghista le fasce di cittadinanza più conservatrice e reazionaria del nostro paese. Se Berlusconi e la sua coalizione di governo strizzavano l’occhio a chi non amava pagare le tasse, lasciando intendere che le regole erano spesso più un problema che il presupposto necessario in ogni organizzazione civile, Matteo Salvini e questa nuova destra di regole neanche vogliono sentir parlare. E’ l’Italia che vuole fare quello che dice lei, come dice lei a prescindere dalle regole stesse. Se le regole non lo permettono, non vanno cambiate, ci si passa sopra con la “ruspa”.

E’ il leader politico che ha azzerato i concetti, tagliandoli con l’accetta, semplificando al massimo ogni complessità, ogni problema. Il problema dei Rom? Ruspa. Lo sbarco degli immigrati dalla Libia? A casa loro. Dove sistemare i rifugiati politici? Prima gli italiani.

Salvini ha messo in piedi un’abile operazione di comunicazione politica: ha preso un problema molto sentito dagli italiani, e ci ha messo una bandierina, agitando una soluzione – il “tutti gli immigrati a casa loro” – che lui per primo sa essere inattuabile. Lo sa lui e lo sa ancora meglio il presidente della Regione Lombarida Roberto Maroni che, da uomo di stato, sa bene come questo problema, con il quale dal Viminale anche lui ha dovuto fare i conti, sia irrisolvibile. Nessuna regola, per quanto ferrea, potrà mai porre un argine invalicabile alla disperazione delle migliaia di persone che scappano dalla guerra.

Ma per il leader della Lega, questo è un problema secondario, che almeno nell’immediato poco gli importa. Il suo obiettivo è continuare a drenare consensi da quell’Italia disillusa, impaurita e che la crisi ha reso più debole e più indifesa. Ma, attenzione, anche più incattivita e aggressiva. A questo pezzo di Italia, pronta ad abbracciare – lei sì – un uomo forte –, Salvini offre una ricetta semplice e irrealizzabile. Una ricetta che poggia su due pilastri: no all’Europa (dei banchieri, dell’Euro, della Merkel e della Germania) e agli immigrati.

Il leader del carroccio offre un passaggio verso il passato, verso un’impossibile Italia senza rifugiati e senza euro. Un’Italia che soddisfa sia i nostalgici, sia gli egoisti che non vogliono guardare al di là del proprio confine, sia chi non ce la fa e preferisce trovare nel “negro” che serve ai tavoli, la causa dei suoi problemi.

Ecco, il crescere dei consensi di questa saldatura tra destra estrema e lega, ci sembra possa mettere in difficoltà la nostra democrazia molto più del Senato delle regioni. Alla “narrazione” di Salvini, e alla sua Italia che, lo confessiamo, ci fa un po’ paura, è necessario contrapporre un’idea di paese, si fiducioso e non rabbioso, ma anche regole certe per un’accoglienza dignitosa, onesta e che non scarichi i problemi che questo comporta sulle fasce più deboli delle nostre città, come avvenuto in passato.

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