Libero si apparta in bagno con l’onanista dell’università: “Qui il regno del sesso gay”

In Statale a Milano è tutto un farne un’arte. Lo assicura Marco, il masturbatore seriale intervistato dai giornalisti di Belpietro.

Il giornalismo è una missione. Andare a scovare, raccontare, chi non ha voce. Gli ultimi, magari, i diseredati della terra. O le figure da bassifondi, un po’ film noir. L’atmosfera che Libero ci vuole trasmettere, andando a raccontarci il suo incontro al limite del promiscuo con Marco, il ragazzo che notoriamente si masturba nei bagni della Statale di Milano, invitando la gente ad assistere o filmare, è proprio questa.

LA STATALE CHE NON T’ASPETTI – Nei suoi racconti, raccolti dal cronista di Libero che con lui si apparta nei bagni del terzo piano, in Statale il sesso abbonda.

«Ti va di guardarmi mentre mi masturbo?». Università Statale di Milano. Terzo piano. Ore 12,14. Da dieci anni Marco fa questa domanda ai ragazzi che passano davanti ai bagni del terzo piano dell’ateneo. E da dieci anni trova qualcuno che lo accontenti. Sono in
tanti a frequentare la toilette in cerca di avventure, professori compresi. Pochi gradini e ognuno ottiene quello che vuole: palpeggiamenti, giochini, filmati, sesso in tutte le salse. Gratis o a pagamento. Tuttisanno che è un punto di ritrovo obbligato per la comunità omosessuale parallela, quella cioè che in tasca non ha la tessera di un movimento ma non rinuncia a vivere la propria sessualità, magari tra le pareti di un bagno studentesco. Sono queste voci, che circolano liberamente tra gli universitari e i dipendenti, a portarti lì.

Marcolino ha la ragazza (“sono uno normale, che credi”) ma a vivere questa vita parallela si diverte.

DI NASCOSTO – Anzi, lo eccita. Lo fa per il gusto della clandestinità, dice.

Sale un ragazzo che chiede l’indicazione proprio per quell’aula. La domanda serve per rompere il ghiaccio e tastare il terreno. È il Marco di cui sopra, trentatre anni. Nel giro di pochi minuti arriva alla fatidica domanda: «Ti va di filmarmi mentre mi masturbo? ». Una volta all’in – terno del bagno («in quelli delle donne si sta più tranquilli, giù c’è gentaglia»), racconta un pezzetto della sua vita dietro porte coperte di scritte oscene. Intanto, comincia a toccarsi. «Sono uno studente fuori corso di giurisprudenza, ma faccio il commerciante in Brianza per mantenermi. Vengo qui da dieci anni, c’è sempre qualcuno con cui fare qualcosa. Avrò visto centinaia di persone aprire queste porte e chissà quante altre mi sono perso» (…)
Quanti partner hai trovato qui?
«Se parliamo di “compagni di gioco”, un’infinità. A me piace toccarmi davanti a un altro uomo ma non mi interessa il contatto fisico o il rapporto completo». Salta fuori che Marco è fidanzato con una donna. «Si, stiamo insieme da anni. Cosa credi? A me piacciono le ragazze. Io sono uno normale».

UN VIAVAI CONTINUO – Dicevamo, è il gusto del mistero ad attirarlo dentro questa doppia vita. E, assicura Marco, non è mai solo a voler provare il gusto del proibito.

«Sono etero – ripete – però mi eccita questa condizione di clandestinità omosessuale, che poi clandestina non è neppure tanto». In che senso? «Nel senso che ormai questa è diventata una meta famosa per gay e anche per etero. Vengono in tanti, incuriositi dalla propria reazione o magari per vedere se davvero alla Statale c’è quello di cui parlano gli altri». Perché cosa succede nei bagni dell’università lo sanno tutti. Studenti, inservienti e pure professori. «Alcuni docenti sono habituè. Vengono qui dopo una lezione, si “svuotano”, e riprendono con quella successiva. In genere vanno al terzo piano, ma se la sala è occupata da qualcuno, si sale qui al quarto. Trovi gente di tutte le età e non ci sono barriere generazionali.Uomini di trenta, quaranta, cinquanta anni si “incontrano” con ragazzi molto più giovani. Certo, qualchevolta c’è bisogno di un incentivo economico». Parliamo di prostituzione? «Parliamo di alcuni che vengono per arrotondare (i più giovani) e di altri che non amano il corteggiamento (quelli che devono scappare a lavoro). Il resto vienequi perché si sente tranquillo»

L’incontro fra Marco e il cronista di Libero viene interrotto da una inopportuna donna delle pulizie. Il giornalista va via e il ragazzo lo rimpiange: “Peccato. Tanto fra poco arriverà qualcun’altro”. Insomma, una prassi quotidiana.

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