Libero Grassi, il faro che ci serve. Dopo 25 anni il suo esempio è ancora vivo

29/08/2016 di Boris Sollazzo

LIBERO GRASSI, L’ANNIVERSARIO DELLA MORTE

Libero Grassi era un uomo normale. Libero Grassi ha fatto “solo” il suo dovere di cittadino. Libero Grassi era, anzi è un eroe. Di quelli antichi, la cui coerenza e il cui coraggio, semplice e diretto, illumina chi gli sta attorno. Ancora oggi, a 25 anni dalla morte, ingiusta e spietata, che lo ha colpito.

Per questo, per anni, è stato dimenticato. In un’Italia in cui l’etica individuale e collettiva è terremotata da sempre, il suo carattere di granito e la sua fedeltà ai principi cardine del vivere comune e della legge rappresentano un faro che non potrà mai spegnersi, anche se l’oblio e la meschinità hanno provato ad affievolire la forza di quella luce.

Libero Grassi disse di no alla mafia, negandole quello che riteneva suo di diritto: il controllo assoluto del territorio, mediante il pizzo. A quei tentativi di estorsione, ripetuti e violenti, con ritorsioni che ne minarono la vita privata e la sua impresa, con attentati reiterati, rispose fermamente, dall’alto di ciò che era giusto e non di ciò che poteva convenirgli. Prima lo fece senza clamore, poi decise di rendere pubblica la sua battaglia. E il paese lo tradì: lo Stato che non lo protesse abbastanza (o affatto, possiamo dirlo), i suoi pari che non fecero quadrato attorno a lui, persino il presidente degli industriali di Palermo, Salvatore Cozzo, che lo accusò di “manie di persecuzione” dopo che il 10 gennaio del 1991, otto mesi prima del suo omicidio, pubblico su “Il Giornale di Sicilia” una lettera aperta a chi gli chiedeva quella tassa criminale.

Caro estortore,
volevo avvertire il nostro ignoto estorsore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere… Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al “Geometra Anzalone” e diremo no a tutti quelli come lui

LIBERO GRASSI BIOGRAFIA

Quell’uomo esile, viso scavato e sguardo fiero, ottenne che le forze dell’ordine, inizialmente, proteggessero la sua azienda, la Sigma. Ma si sa, Cosa Nostra è una goccia cinese che spazza via i quaquaraquà e gli indifferenti tanto invisi a Giovanni Falcone, che li considerava il vero humus in cui cresceva e prosperava la criminalità organizzata. Ma l’opinione pubblica, immemore e distratta, si dimenticò di lui, la solitudine divenne il mirino di una pistola che il 29 agosto del 1991 lo freddò con quattro proiettili, su un marciapiede. Quel sangue è ancora addosso a noi che non l’abbiamo aiutato, addosso a chi lo etichettò come professionista dell’Antimafia (non c’è autore, dopo Pasolini, peggio citato di uno Sciascia che oggi si pentirebbe di quell’articolo, non per le sue intenzioni ma per le strumentalizzazioni che ne sono state fatte). Lo era eccome, Libero: libero, sempre, di combattere per la sua Sicilia. Era un uomo intelligente e di successo, poteva diventare ricco altrove. Ma non voleva scappare, voleva migliorare la sua terra. Fin dai tempi del sacco di Palermo, fin dal saccheggio dell’era Lima-Ciancimino, lui scelse la strada dell’onestà e dell’impegno civile. Non la abbandonò neanche quando, a inizio estate, gli fu chiaro l’epilogo che avrebbe avuto quella storia. Poteva fuggire allora, non lo fece. Si sacrificò per noi, Libero Grassi, anche se non eravamo degni di lui.

LIBERO GRASSI FRASI

Tutti, perché lui credeva nei media, nella forza della dignità e dell’indignazione delle persone. Era convinto che rendere pubblico avrebbe coinvolto tutti. Che avremmo lottato con lui, non che saremmo stati complici del e nel silenzio. A Samarcanda disse:

Non sono un pazzo, sono un imprenditore e non mi piace pagare. Rinuncerei alla mia dignità. Non divido le mie scelte con i mafiosi. Se duecento imprenditori parlassero, milleseicento mafiosi finirebbero in galera. Non le sembra che avremmo vinto noi?

Già perché le sue parole portarono all’arresto di 8 picciotti e ufficiali dei boss. Fu la firma alla sua condanna a morte.

Falcone costretto all’esilio a Roma, con il solo Martelli a sostenerlo; Leoluca Orlando, il sindaco della primavera di Palermo, cacciato; sentenze demenziali come quella del tribunale di Catania che depenalizza il pizzo, dichiarando legale “pagarlo per difendere la propria azienda”. Quel 1991 è il preludio all’attacco totale che poi nella primavera-estate dell’anno dopo portò alle stragi spettacolari che uccisero Falcone e Borsellino e agli attentati a Roma e Firenze.

Al suo funerale Cossiga e una folla immensa. Ma contava, in quella moltitudine, solo la presenza di una famiglia che rifiuta la mitizzazione dell’uomo, l’icona, e ne rivendica la normalità, e delle sue lavoratrici, le sue operaie che mai gli avevano fatto mancare il sostegno. Si svegliarono le coscienze, fu approvata la legge antiracket 172 che istituiva un fondo per aiutare le vittime dell’estorsione mafioso.

Madonia, sprezzante, disse di lui “quel cornuto andava sparato, fermato, altrimenti tutti avrebbero seguito il suo esempio e si sarebbero ribellati”. Molti lo hanno fatto, quasi tutti hanno pagato un prezzo molto alto. Vedendo comunque fallire le loro aziende o addirittura cambiando vita e nome, in qualità di testimoni protetti e presto dimenticati.

LIBERO GRASSI IO SONO LIBERO FICTION

Ora la tv lo ricorda. Rai 1 stasera, in prima serata manderà in onda la docufiction Io sono Libero con Adriano Chiaramida e Alessio Vassallo e la regia di Giovanni Filippetto. Pietro Valsecchi ha deciso con Liberi Sognatori, una serie di quattro film tv su “persone normali diventate eroi per aver avuto il coraggio di fare fino in fondo il loro dovere, che hanno pagato con la vita i loro ideali di verità e giustizia” di far tornare alla luce anche la sua storia. Lo ricordano quei media in cui credeva, che considerava davvero il cane da guardia di tutti i poteri.

Perché Libero Grassi è ancora un faro e ci illumina. Anche 25 anni dopo la sua morte.
Noi, però, dobbiamo seguire quella luce, tutti insieme.

Photocredit copertina Youtube Samarcanda

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