Dalla Leopolda “incravattata” alla “Volta” buona?

Ci sono i video, come sempre. C’è un palco allestito in maniera suggestiva, come al solito. C’è un bel logo, anche se quel globo di Leopolda 2015 ricorda un po’ troppo quello di Internazionale. C’è tanta gente, come ogni anno. Eppure, la Leopolda è cambiata.

Mettiamo in chiaro le cose: è ovvio che sia così. Fare una manifestazione, nata  per fare opposizione, quando si è al governo è molto difficile. Perché nel dna della Leopolda c’è quel clima di movimentismo, di voglia di cambiamento, di irruenza, che non si adatta a chi da quasi due anni siede a Palazzo Chigi. Lo si era in qualche modo intuito anche lo scorso anno. Fare queste manifestazioni stando al governo non è semplice, ma questa volta sembra mancare quel “grip” per fare di Leopolda2015 l’Evento (con la E maiuscola) della politica italiana.

Leopolda convention in Florence

In parole povere una Leopolda di “lotta e di governo” non sembra possibile, almeno in questo momento. È una sensazione diffusa qui alla kermesse renziana. «La Leopolda che non inizia» la definisce qualcuno, la «Leopolda istituzionale», chiosa qualcun altro. Ma c’è chi la pensa diversamente, argomentando in maniera intelligente: «Prima, in un mondo politico fermo, la Leopolda era il luogo in cui accadevano le cose, oggi la Leopolda è diventato il luogo in cui vengono raccontate le cose che quel “movimento” di allora sta facendo in altri luoghi».

Ma c’è un altro aspetto da sottolineare: una volta era da qui, da questa manifestazione che partivano critiche, attacchi e proposte che gli “altri” dovevano in qualche modo rintuzzare, parare, inseguire. Oggi sembra il contrario. Gli attacchi arrivano sulla Leopolda, sulla sua “padrona di casa”, Maria Elena Boschi. Una Maria Elena Boschi che finalmente arriva sul palco della kermesse renziana (ma la sua assenza per un giorno intero ha sovrastato tutto il clima della Leopolda) accolta da un boato del pubblico della stazione. Ha ragione Claudio Velardi quando – su twitter – nota che portarla ieri sera qui sul palco, a prendersi la “standing ovation” del suo popolo l’avrebbe aiutata a seppellire le polemiche create dall’articolo di Roberto Saviano sul Post.

È proprio la Boschi a chiudere i cosiddetti question time: degli spazi di interazione con i ministri del PD che – sinceramente – sono stati piuttosto piatti. Non solo per i ragazzi “embedded” scelti per porre le domande, ma anche perché da quelle domande nulla è uscito di interessante. Non un sussulto, non una notizia, non una proposta. Non abbiamo sentito una cosa “diversa”, fosse anche una nota umana, che non conoscessimo già.

E, infine, non possiamo non accennare all’infelice referendum sui titoli più brutti dei giornali. Non è una difesa corporativa la nostra: proprio da Giornalettismo, quando è stato necessario, abbiamo lanciato i nostri strali contro la categoria. E non ci sottraiamo neanche per il futuro. Ma ci permettiamo di consigliare al premier di evitare in futuro simili scelte. Per due motivi: il primo è che un primo ministro queste cose non le fa. Un premier può rispondere anche aspramente ad un editoriale di un opinionista, ma non apre referendum contro i giornali. Il secondo  motivo è quasi ancor più evidente: perché fare un regalo così grande al Fatto Quotidiano? Fossimo stati in Travaglio ieri sera, vedendo il Fatto egemonizzare la classifica dei giornali anti-renziani avremmo brindato. Quasi un assist per Travaglio&Co: una bella polemica servita su un piatto d’argento.

LA “VOLTA” BUONA?

Cosa rimane di questa Leopolda2015, dunque?: per ora il tentativo di far emergere una classe dirigente “leopoldina”, che – in effetti – esiste e che si sta continuando a costruire.

Abbiamo visto passare sul palco in questi due giorni sia giovani amministratori – come i due conduttori – sia nuovi sindaci di lunga e provata fede renziana come Giorgio Gori; senza dimenticare l’annuncio da parte di Giuliano da Empoli del nuovo think thank renziano, con un orizzonte “europeo”. Per ora il nome è ancora “temporaneo” (Alessandro Volta), e avrà una sede a Milano e una a Bruxelles. Matteo pensa già al futuro. Costruire – a differenza di quanto fatto dai “padri” – la futura classe dirigente di questo paese è la madre di tutte le sfide.

ANSA/MAURIZIO DEGL INNOCENTI

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