Non è diffamazione dichiarare che «la Lega è un partito razzista». Il Gip dà torto a Salvini sul caso Kyenge

13/01/2017 di Redazione

Non è diffamazione dichiarare che “la Lega è un partito razzista”. A stabilirlo è il gip di Milano Maria Vicidomini nel decreto con il quale ha archiviato una querela (per diffamazione) che presentò il leader del Carroccio Matteo Salvini contro l’allora ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge. «Con quelle parole fomentano l’odio razziale», aveva commentato l’ex ministra in merito alle critiche e gli insulti che subì durante il suo mandato.

LEGGI ANCHE > Grillo e Di Maio i più amati dagli italiani. Ma hanno contro quasi l’80% del Paese

LEGA NORD “RAZZISTA”? IL CONTESTO

Ricorderemo tutti le «sembianze di un orango» dette nel 2013 da Roberto Calderoli, ex ministro e ora vicepresidente del Senato. Per quella frase Calderoli fu assolto da Palazzo Madama mentre sul profilo penale il processo è ancora in corso e ora la Corte costituzionale dovrà valutare se quell’offesa gode o meno dell’immunità parlamentare.
Non fu concessa l’immunità al leghista Mario Borghezio per “idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale o etnico” sulla nomina di Kyenge.

LEGA NORD “RAZZISTA”: LA TESI DEL GIP

Secondo il Gip le considerazioni dell’ex ministra erano argomentate con riferimenti specifici alle offese ricevute.

«Kyenge si limitò a rimarcare la necessità di sanzioni per i partiti o gruppi politici che si facessero portavoce di discorsi a contenuto razzista chiarendo espressamente che intendeva riferirsi non solo alla Lega Nord ma a tutti i i partiti. Si trattava dunque di affermazioni che nel loro complesso inerivano alla problematica dello stato di attuazione della legge-Mancino»

Non solo: esiste anche il diritto di critica politica. «Da ciò – ha argomentato il gip nell’ordinanza esposta su Repubblica – discende il pieno rispetto dei limiti della critica politica in quanto le forti espressioni utilizzate, lungi dall’essere generiche e risolversi in frasi gratuitamente espressive di sentimenti ostili, erano collegabili allo specifico episodio richiamato». Anche perché lei in quanto europarlamentare aveva la necessità di «monitorare le modalità di attuazione della legge-Mancino».

Share this article