Nba: LeBron James è tornato a Cleveland per vincere? Sì, ma non chiamatelo il Prescelto

14/10/2014 di Adriano Ercolani

Quest’anno anche i suoi più acerrimi detrattori dovranno tifare, almeno un po’, anche per LeBron James.

Sarà una sensazione nuova, anche piuttosto fastidiosa. Il fatto è che King James negli ultimi anni è cambiato, e parecchio.
Impossibile negare che la sua scelta di riapprodare a Cleveland abbia sorpreso molti. “E’ ora di tornare a casa” ha dichiarato lui stesso quest’estate. A prescindere da tutto ciò che ha portato a questa decisione, una scelta che ha un sapore romantico.
Lasciare le spiagge assolate di Miami per risbarcare sulle sponde del Lago Erie di certo non è il massimo a livello di lifestyle, con tutto il rispetto per il ridente stato dell’Ohio. Il fatto è che adesso il giocatore non ha più la scimmia che si è portato sulle spalle per tutti gli anni spesi con la maglia n° 23: semplicemente ha vinto.

2014 NBA Finals - Game Two

E proprio nella vittoria a molti di noi ha dimostrato di non essere un “vero” vincente, il che sotto tanti punti di vista l’ha reso molto più simpatico. Proviamo a spiegare la contraddizione in termini: in quattro anni a Miami ha raggiunto altrettante finali, vincendone due. Ma fu vera gloria? Non ne saremmo così certi.

Se nelle ultime stagioni NBA non fossero allegramente saltate le ginocchia di Derrick Rose e Rajon Rondo (solo per citare i crac a Est) i Miami Heat avrebbero dominato così facilmente nella East Coast? Quasi sicuramente sarebbero arrivati lo stesso alle Finals. Però più logori, quindi più fragili. Se in un paio di occasioni sono stati messi in difficoltà da una franchigia evidentemente inferiore ma più “tosta” come gli Indiana Pacers, cosa sarebbe successo con serie di playoff più difficili ogni anno?
Analizziamo anche le quattro sfide per l’Anello: nella prima, dopo essere stati sul 2-1 contro i Dallas Mavericks hanno preso tre sberle inaudite, dimostrando una fragilità emotiva francamente spiazzante. Nel 2012 hanno vinto, e con pieno merito, contro i Thunder, squadra che purtroppo possiamo ormai designare come la grande incompiuta degli ultimi anni, con buona pace dell’estro cestistico di Kevin Durant. La verità è che con un “finto” playmaker come Westbrook difficilmente si può vincere un titolo…
Torniamo ai Miami Heat. Il secondo anello l’hanno strappato ai nonni di San Antonio soltanto a causa di un tiro libero: se Kawhi Leonard avesse messo il 2/2 nei secondi finali di quella funambolica Gara6… addio titolo, altro che tripla allo scadere di Ray Allen. E comunque He Got Game rimane una leggenda: ma ha mai sbagliato una tripla in carriera negli ultimi due minuti di gara? La scorsa stagione infine sapete tutti com’è andata: il sistema degli Spurs (anzi scusate, IL sistema, dannati loro…) li ha semplicemente annichiliti.

LeBron James e Kawhi Leonard, Photocredit Andy Lyons/Getty Images,
LeBron James e Kawhi Leonard, Photocredit Andy Lyons/Getty Images,

Insomma, quello che è uscito dall’avventura a Miami è un LeBron James con una carrettata di titoli e ai nostri occhi sorprendentemente più umano, meno altezzoso di quando non vinceva e per mascherare la sua frustrazione si atteggiava a Padrone Supremo della Lega. Status che, a essere sinceri, magari aveva pure qualche ragione di reclamare…
Il primo campanello d’allarme che ha minato la nostra personale e un po’ snob avversione per lui ha iniziato a trillare lo scorso anno, quando in un’intervista a ESPN ha dichiarato: “Michael Jordan non ha mai avuto paura. Per me è l’ostacolo più grosso ancora da superare: temo il fallimento. Voglio vincere con tutte le mie forze e a volte questo mi crea il timore di non riuscirci”. L’ha confessato con due titoli NBA in bacheca, quindi in tempi non sospetti. Sincero, coraggioso e personalmente anche parecchio gratificante, perché confermava l’unica, vera riserva mai avuta nei confronti di LeBron: se avesse avuto la cattiveria cestistica, la sete (sportiva) di sangue di MJ o di Kobe avrebbe vinto almeno il doppio di quanto ha racimolato fino ad oggi. Perché una cosa è altrettanto certa: il connubio tecnico/fisico che possiede James è qualcosa che su un parquet non si vedeva dai tempi di Doctor J, altro che quei rachitici di Jordan o Bryant! E, ironia della sorte, anche Julius Erving ha vinto molto meno di quanto il suo talento immenso avrebbe meritato. Perché non ci sono Bird o Magic che tengano: il basket moderno l’ha inventato quello che giocava a Philadelphia…

2014 NBA Finals - Game Two

Basta divagazioni, torniamo a The Chosen One: se per qualcosa è davvero il Prescelto, lo è senza dubbio per dividere l’opinione pubblica. E’ tornato dunque ai Cavaliers e sono tutti contenti, anche quel proprietario della squadra che quando se ne andò gli ha tirato dietro una quantità di insulti che in confronto lo Shaq che ingiuriava Kobe dopo la scissione del 2004 potrebbe passare per un monaco tibetano. Poi alla notizia del ritorno del Figliol Prodigo il patron Dan Gilbert ha fatto le dovute scuse alla velocità della luce, LeBron le ha ecumenicamente accettate, e adesso la pace regna sovrana.
Nessuna nube all’orizzonte? Adesso non esageriamo…
In pochi hanno sottolineato che il ritrovato 23 ha firmato per soli due anni, in pratica una polizza prematrimoniale: se non vinciamo, e subito, potrei anche scappare un’altra volta con l’amante di turno, quella con più libidine per il luccichio degli anelli …Staremo a vedere.
E poi, ovviamente, non è che James sia tornato a Cleveland propriamente gratis, sia chiaro. Bravissimi i dirigenti in Ohio a fargli il dovuto spazio per il sontuoso ingaggio. Cosa che se altre squadre fossero riuscite a fare con un minimo d’intelligenza (leggete pure i Los Angeles Lakers), magari gli equilibri dell’NBA oggi sarebbero ulteriormente diversi.

LeBron James su Sports Illustrated
LeBron James su Sports Illustrated

Come detto all’inizio, in questa stagione un po’ si tiferà anche LeBron James. Anzi, ancora meglio, Cleveland Cavaliers. Se qualche motivo l’avete letto tra le righe qui sopra, quello ufficiale è che per la panchina hanno preso uno dei più grandi geni cestistici dell’era moderna. Abbiamo ammirato al limite della venerazione David Blatt quando nel 2006 ha portato allo scudetto una Benetton Treviso con un roster che era al massimo da quinto posto. Quel limite l’abbiamo poi tranquillamente superato la scorsa stagione, quando col Maccabi Tel Aviv ha vinto l’Eurolega battendo col gioco corazzate vere come CSKA Mosca e Real Madrid, nella Final Four più sorprendente (ed esaltante) a memoria d’uomo. Blatt è un mago del basket, LeBron per la prima volta in carriera si troverà a essere allenato da uno che ha un sistema di gioco completo ed efficace, con tutto il rispetto per Spoelstra e gli altri suoi ex coach. Blatt è un esordiente nell’NBA, per cui la sfida è ancora più affascinante.

Punteremo dunque i nostri virtuali dieci euro sui Cavaliers vincenti nel 2015?
La tentazione c’è.
I dubbi pure.
Se Duncan dopo aver centrato il quinto campionato ha deciso di concedersi un altro anno, significa che crede di poter vincere ancora. E se con lui lo credono anche Pop, il francese e El Narigòn, per le altre ventinove squadre potrebbe farsi dura anzichenò…
Altra questione: bastano LeBron James e quel folletto irresistibile di Kyrie Irving per arrivare al titolo? La rosa dei Cavaliers è una bella incognita: qualche senatore da adoperare come tiratore, qualche scommessa giovane, un reparto lunghi buono per la difesa ma quasi inutile una volta che entra nell’altra metà campo. Questa franchigia in tempi recenti qualche scommessa l’ha anche toppata, vedi ad esempio la bufala presa con la pescata al draft di Anthony Bennett. E Andrew Wiggins, appena arrivato con la scelta n°1 poche settimane fa, già fa i capricci e dice di voler essere ceduto dopo l’arrivo di Kevin Love dai Timberwolves. Ecco, forse con l’ala grande che va in doppia doppia da quando ha messo il primo dentino i Cavaliers potrebbero essere ufficialmente accreditati come favoriti al titolo. Certo, poi far convivere personalità “forti” come James, Blatt e qualche altro giocatore è tutt’altra questione.
Meglio rivestire con l’amianto le pareti dello spogliatoio della Quicken Loans Arena. Così, per sicurezza…

BASKET-BKN-BKO-NBA FINALS-GAME 2-SPURS HEAT

P.S. – Chiudo la dissertazione su LeBron James con la necessaria precisazione. Ogni singola parola scritta su di lui o qualsiasi altro argomento riguardante l’NBA va letta tenendo sempre, sempre presente che chi scrive è spesso influenzato da una forma di daltonismo ultimamente piuttosto dolorosa.
Io il mondo lo vedo solo in giallo e viola.
Ci sono ventinove squadre NBA che adoro discutere, analizzare, soprattutto veder giocare.
Poi ci sono i Lakers.

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