Umberto Veronesi e l’appello per liberalizzare la cannabis

C’è anche Umberto Veronesi tra i sostenitori della liberalizzazione della cannabis e delle droghe leggere. Con un editoriale pubblicato sul quotidiano “La Repubblica”, il direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia ha ricordato l’esigenza di «superare le barriere ideologiche e ammettere che proibire non serve a ridurre il consumo». Ma non solo: per l’oncologo la bocciatura da parte della Corte Costituzionale della legge Fini-Giovanardi – la normativa repressiva e proibizionista che equiparava droghe leggere e pesanti, prevedeva pene fino a 20 anni di reclusione e veniva considerata tra le cause dell’affollamento carcerario – ha  «dimostrato ancora una volta, la visione civilmente più avanzata dei nostri giudici rispetto al Parlamento».

Umberto Veronesi cannabis lettera Repubblica

UMBERTO VERONESI E LA LIBERALIZZAZIONE DELLA CANNABIS – La dichiarazione di incostituzionalità della Fini-Giovanardi da parte della Consulta avrà effetti dirompenti per il sistema e la popolazione carceraria. Si è stimato che dovranno essere riviste condanne per circa 10mila detenuti, condannati per reati di lieve entità legati all’uso di droghe leggere.  «Un numero enorme, circa la metà di tutti i reclusi per droga, complessivamente il 40% dei carcerati», ha ricordato Veronesi. Per il noto oncologo basta analizzare le statistiche e i numeri per comprendere come sia “antiscientifico” equiparare droghe leggere e pesanti:  Il motivo? «Si stima che circa il 50% dei nostri giovani faccia uso di cannabis, oltre a molti adulti. Significa che metà dei giovani italiani è criminale?», ha aggiunto Veronesi, secondo cui, «se fosse così, ci sarebbe un motivo in più per ritenere la Fini-Giovanardi un totale fallimento».  Vietare l’uso dei cannabinoidi per i giovani non è la soluzione, per Veronesi. Anzi, stimola la trasgressione. Questo perché lo spinello viene interpretato dai giovani come “una droga ludica”. Differente è il caso delle droghe pesanti. Veronesi smonta attraverso i numeri anche un’altra tesi dei sostenitori della repressione, quella secondo cui l’uso di sostanze stupefacenti leggere sarebbe soltanto l’apripista per un futuro utilizzo di droghe come cocaina ed eroina:

«Anche se pensiamo che la cannabis sia l’anticamera di sostanze più pericolose, davvero crediamo che penalizzando il possesso di una dose possiamo interrompere la spirale di angoscia esistenziale che porta al baratro mortale della droga pesante? I dati ci dicono di no. Se fosse vero, le statistiche non mostrerebbero circa 200mila dipendenti da droghe pesanti in Italia, più o meno come 10 anni fa. Rendere la cannabis un tabù o un piccolo crimine non serve affatto ad affrontare il problema. Se si deve ricorrere alla proibizione, significa che abbiamo fallito nella nostra azione educativa. La droga è un problema più sociale e culturale, che penale e una legge che impone sanzioni pesanti o addirittura la prigione non può risolverlo. Dobbiamo renderci conto che se rendiamo criminali i consumatori di droga, li obblighiamo soltanto ad uscire dalla legalità e dal controllo, senza che smettano di drogarsi».

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UMBERTO VERONESI CONTRO IL PROIBIZIONISMO SULL’USO DEI CANNABINOIDI – Non mancano nell’editoriale di Veronesi anche i paragoni con le esperienze estere: si ricorda come Svizzera, Olanda e il Portogallo abbiano adottato politiche di liberalizzazione. Questo approccio, dati alla mano, non ha aumentato l’uso, bensì soltanto ridotto la mortalità da overdose e la criminalità collegata alla produzione e allo spaccio. «Secondo molti esperti la liberalizzazione estesa metterebbe in ginocchio i grandi trafficanti e le economie che si basano sul narcotraffico come quella talebana in Afganistan e quella colombiana in Sud America. Da noi, la mafia». Secondo l’oncologo per eliminare parte del potere mafioso resta essenziale “tagliarle gli alimenti”, impedendole di trarre profitti ingenti dal traffico illegale di droga (60 sono i miliardi di euro incassati dalla mafia attraverso il traffico di sostanze stupefacenti, ndr). «Un giovane che cade nella “dipendenza”, se non è ricco, ha solo tre possibilità per procurarsi una dose: rubare, prostituirsi o spacciare. In ogni caso diventa un fuori legge», ha continuato Veronesi.

Umberto Veronesi
Umberto Veronesi

LEGALIZZARE NON BASTA – Secondo Veronesi però non basta la liberalizzazione della cannabis. Resta essenziale un lavoro culturale parallelo: «Bisogna educare e trasmettere il principio non che la droga è illegale, ma che ha un valore socialmente e individualmente negativo, informando tutti, a partire dalle scuole, sui rischi reali per la salute». Sempre, però, allontanando prima le “demonizzazioni”. Un appello, da oncologo di fama internazionale, viene poi lanciato a favore della cannabis terapeutica:

«È il momento di ridarle lo spazio che merita nella cura del dolore. Già molte regioni hanno reso accessibile la cannabis ad uso terapeutico. È assurdo, per il resto del Paese, rinunciare ad un potente antidolorifico solo perché ha la “colpa” di essere anche una sostanza stupefacente. Il dolore è il più grande nemico dei malati, annienta la loro dignità, spegne le loro energia e la volontà di combattere».

Per questo il dolore, secondo Veronesi, dovrebbe essere «affrontato con ogni mezzo a nostra disposizione». Cannabis compresa.

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