La folle fabbrica dei veterinari

In esubero, sottopagati e con amare sorprese alle spalle. Si tratta dell’esercito di aspiranti veterinari sfornati da ben 14 facoltà italiane. Troppi, rispetto ai colleghi europei, e con poche possibilità d’impiego. Oltre 10 mila veterinari preparano la loro tesi per i prossimi dieci anni e i dati sui redditi dei neolaureati presentano miseria ed ombre. Se l’ente pensionistico Enpav parla di stipendi da fame, Almalaurea riporta un reddito netto mensile di circa mille euro. Così, mentre presidi delle facoltà parlano di troppi dottori, l’orientamento universitario regala un quadro più “felice”, con un meccanismo di individuazione del fabbisogno che però sembra fare invece acqua da tutte le parti.

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QUANTO GUADAGNANO? – In Italia sono iscritti all’Albo professionale 28.994 medici veterinari (dati FNOVI – Federazione Nazionale Medici Veterinari Italiani). Secondo i dati forniti dall’Enpav (ente nazionale previdenza ed assistenza veterinari) i veterinari entro i 29 anni guadagnano sui 6 mila 847 mila euro netti l’anno (dati 2012). Aumentando con l’età gli stipendi aumentano, ma poco. Solo i medici over 40 dichiarano 15.031,56 l’anno. Non rientrano nella statistica il numero degli iscritti con reddito inferiore a zero è pari a 814 e il numero degli iscritti esonerati dall’invio del Modello 1 in quanto dipendenti pubblici sono circa 5.920.

Dati Enpav
Dati Enpav

Secondo invece i dati forniti da Almalaurea quelli che hanno trovato impiego a cinque anni dalla tesi lavorano l’85,6 per cento di loro con un guadagno medio di 1.126 euro. Qui sono disponibili invece i dati a tre anni dalla laurea. In pratica, stando a queste cifre, i giovani guadagnano già come i più esperti colleghi di 40 anni rilevati da Enpav. Anomalie? Evasioni fiscali? Non proprio. Secondo Angelo Troi segretario Sivelp (sindacato veterinario liberi professionisti) il quadro potrebbe esser peggiore. Tanti veterinari non riescono a guadagnare abbastanza. Così, spesso, chiedono poi al proprio commercialista di adeguarsi al ricavo minimo. «Quelli dell’ente pensionistico potrebbero perfino esser dati sovrastimati» spiega. «Abbiamo segnalato più volte ad Almalaurea questa problematica -spiega – inviando anche una lettera con richiesta di incontro».

Dati Enpav
Dati Enpav

CAMPIONI DIVERSI – Abbiamo chiesto ad Almalaurea chiarimenti sulle cifre. Dall’ufficio stampa precisano che i dati riguardano “neolaureati a 5 anni dalla laurea”, indicando l’alta probabilità di “campioni diversi”. All’interno del questionario Almalaurea, spiegano, sono richiesti nello specifico i redditi netti: «I nostri campioni sono stati costruiti in tal modo». Nelle rilevazioni sono inclusi anche i dipendenti che hanno prospettive di guadagno maggiori dei liberi professionisti. In confronto ai 5 anni tra neolaureati pubblici e privati si parla comunque di stipendio basso. Anche da parte di Almalaurea si parla di punto critico sulle prospettive di guadagno. La differenza – precisano – è di “350 euro in meno”, la questione reddito “è un punto debole”. I dati Enpav si riferiscono ai dati reali relativi ai redditi reali dei non dipendenti pubblici italiani e non attiene agli iscritti al sindacato.

IL MECCANISMO – Per creare un fabbisogno servono dati e stipendi. Come capire il bisogno di veterinari nel Paese? La programmazione avviene ogni anno tramite richiesta del ministero della Pubblica istruzione alle regioni. Questi ultimi emettono cifre, a volte con poca serietà. oltre agli atenei il fabbisogno di tiene conto delle indicazioni formulate dal Ministero della Salute e dalle esigenze del SSN e dei SSR. Il presidente Anmvi Marco Melosi ha precisato ad aprile:

Non è realistico pensare ad un assorbimento reale da parte del SSN e del mercato del lavoro con numeri più alti. La responsabilità a cui ci ha richiamato in questi giorni la Corte Europea dei Diritti Umani non è solo quella di formare ma anche di dare lavoro e di non generare costi sociali di una disoccupazione che si può evitare contingentando l’ingresso in settori professionali saturi, altrimenti si fa una programmazione salva-Facoltà.

Nei dati rilasciati durante il convegno del sindacato di medicina veterinaria pubblica (Sivemp) di Cosenza, la vice-presidente del Sivelp Rosalba Traversa in rappresentanza dei liberi professionisti, ha parlato di previsioni “di uscita” dal Sistema Sanitario Nazionale dei medici veterinari dipendenti: 1.222 in dieci anni. Il sistema universitario sforna ogni anno un fabbisogno di veterinari di un intero decennio? Servono figure private, ma il mercato nel settore è saturo. Risultato? Neolaureati che rischiano sempre più uno stipendio da fame, con poche possibilità di carriera nel settore. «Il reddito medio dei medici veterinari – spiega Troi – che hanno un reddito (escludendo così una consistente percentuale di laureati che sono a reddito zero o negativo), non raggiunge i quindicimila euro anno, tra i più bassi dei laureati. A fronte di studi impegnativi, di un corso di laurea quinquennale e di consistenti investimenti per un’attrezzatura che li mantenga sul mercato». Non solo. Secondo il Sistema sanitario nazionale i veterinari stabilizzati via contratto dei medici ambulatoriali (a ore) impone ai pubblici qualche ora a settimana. Si rischia un conflitto: «Con i liberi professionisti che i pubblici devono istituzionalmente controllare, e aprendo pericolose porte a situazioni grigie tra attività pubblica e libero professionale, con gravissime ripercussioni sulla tanto decantata sicurezza alimentare e sui controlli di filiera».

LA CRITICA AL SISTEMA – Anvur, agenzia nazionale di valutazione dell’università, afferma che gli sbocchi sono pochi e che il sistema di calcolo del fabbisogno tramite regioni presenta non pochi problemi. Lo fa informando con una direttiva del giugno 2012. Le indicazioni, come spiega l’agenzia, sono purtroppo le stesse da anni: “Prioritario procedere ad una rivisitazione dei criteri di analisi finora utilizzati”. Riguardo al metodo di fabbisogno Anvur parla di “spiccata eterogeneità” tra le varie realtà con sistema delle rilevazioni “poco affidabile”.

La lettera Anvur
La lettera Anvur

«Nel caso della regione Veneto – spiega Troi – l’anno scorso si è parlato di circa 350 veterinari pubblici, con 30 di loro che potrebbero andare in pensione l’anno seguente. Il fabbisogno reale indicato così dall’ufficio informazione della regione al Ministero è stato di 64 unità, di cui 34 private. Ma se i 30 veterinari pubblici non vengono assunti chi è che risponde di questa cosa?». I costi convengono anche se le lamentele arrivano da dentro le università stesse «Secondo il preside di una facoltà di veterinaria veneta – spiega il sindacalista – il costo medio di uno studente di veterinaria è di circa 60 mila euro l’anno». Tale numero, se moltiplicato per eventuali fuori corso, fa sfiorare anche i 300 mila euro per tutto il percorso di studi.

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DIS-ORIENTATI? – L’orientamento del Ministero è diffuso tramite il sito Universitaly. La rosa offre 71 corsi di laurea in 29 Università. Per veterinaria si tratta di 18 corsi di laurea in 15 Università. Se lo studente o familiare ha le idee chiare riuscirà ad individuare i 13 corsi di laurea magistrale in medicina veterinaria. Statistiche occupazionali e redditi medi di categoria però latitano. I laureati della classe magistrale in medicina veterinaria possono svolgere attività: di libera professione; nel S.S.N. a tutela della salute pubblica; nelle Forze Armate, nell’Industria pubblica e privata (zootecnica, farmaceutica, mangimistica, di trasformazione degli alimenti), negli enti di ricerca, pubblici e privati, nei laboratori e nelle università. «Ma – spiega Troi – dopo aver eliminato gli animali all’esercito. I veterinari presenti nel campo sono quelli che effettuano ispezioni delle carni, in pratica un lavoro part time».

VETERINARIA: FABBRICA DI ILLUSIONI – Scienze delle produzioni animali, corsi per educatori cinofili, la giungla dei corsi paralleli lievita. Attenzione però: chi esce dal corso non è veterinario. Il laureato che esce per esempio da Scienze delle produzioni animali di Udine non può firmare una ricetta. Renato Del Savio, presidente dell’Ordine dei Veterinari del capoluogo, ha criticato apertamente il caso: “State continuando a illudere gli studenti e a creare figure non riconosciute». Eppure questi aspetti andrebbero chiariti onestamente a famiglie e aspiranti dottori: «Perché – chiede Troi – lo Stato investe circa 300 mila euro, per ciascuno degli oltre mille e duecento veterinari che si laureano ogni anno?». In Germania ci sono 5 facoltà di veterinaria con 12 milioni di bovini. In Italia i capi sono per esempio sono sei.

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(Patrimonio Zootecnico e facoltà veterinaria in UE)

Secondo Troi occorre precisare alcune cifre in determinati contesti: «Servono i dati pubblici dei redditi medi e percentuali di occupazione dei vari settori, ovvero quanti veterinari sono stati per esempio assunti nell’esercito negli ultimi 5 anni? Se la risposta è uno solo si avrà una dimensione reale del problema».

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