Jobs Act: ecco come cambia il lavoro

Jobs Act, ecco come cambia il lavoro con la pubblicazione del testo definitivo di alcuni dei decreti di attuazione della delega al governo per la riforma del mercato del lavoro, e dello schema di decreto di altri provvedimenti che dovranno ora iniziare il cammino parlamentare fatto di pareri non vincolanti delle commissioni, come quelli già emessi riguardo i primi due decreti spiegati ieri da Matteo Renzi in conferenza stampa e che il governo ha deciso di non prendere in considerazione. 

9. «Mi chiedevo se volessi fare questa cosa con me» - È una domanda legittima, ma non nella prima mail: prima, suggerisce Grant, è bene approfondire un po’ il dialogo, perché siano chiari a entrambi i benefici che potrebbero venire da una eventuale collaborazione tra voi due. (Foto: Thinkstock)

 

JOBS ACT, COME CAMBIA IL LAVORO

Sono moltissimi i cambiamenti alla normativa di diritto del Lavoro che il governo ha annunciato ieri, alcuni già noti, altri che invece si sono scoperti, appunto, solo ieri nella conferenza stampa con Matteo Renzi, Giuliano Poletti e Federica Guidi, rispettivamente presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del Lavoro e Ministro delle Attività Produttive. Viene confermato come canale prioritario di accesso al lavoro il contratto a tempo indeterminato, con tutele progressive e senza la tutela reale, ovvero senza la reintegra concessa dal vecchio articolo 18 dello statuto dei Lavoratori. Spiega così la novità il Sole 24 Ore.

L’articolo 18 quindi cambia per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Per i licenziamenti ingiustificati il pagamento di un indennizzo economico crescente, in base all’anzianità di servizio, diventa la regola. Vale per i licenziamenti economici individuali e collettivi (almeno 5 nell’arco di 120 giorni) e per la gran parte dei licenziamenti disciplinari. La reintegra nel posto di lavoro resta per i licenziamenti discriminatori e nulli intimati in forma orale, nonché per i licenziamenti disciplinari in cui viene accertata l’insussistenza del fatto materiale contestato. Il risarcimento economico sarà pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 e un massimo di 24 mesi. Viene incentivata la conciliazione per evitare il contenzioso giudiziario: il datore di lavoro offre un indennizzo pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino ad un massimo di 18 mensilità, esente da tassazione. Il lavoratore accettandolo rinuncia alla causa.

Il mantenimento della tutela solo economica anche per i licenziamenti collettivi è uno dei casi in cui il parere non vincolante del parlamento è stato ignorato dal governo, il che fa dire a Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera per il Partito Democratico ed esponente della minoranza interna, di “errore politico” in un’intervista sul Corriere della Sera; in caso di licenziamento collettivo, afferma Damiano, il giudice si troverà a dover trattare diversamente lavoratori licenziati col medesimo provvedimento: alcuni dovrà reintegrarli (se assunti prima dell’entrata in vigore del decreto), ad altri dovrà concedere solo l’indennizzo economico.

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JOBS ACT, CHE FINE FANNO I CO.CO.PRO.

Una delle questioni più spinose, per la quale ieri Renzi ha parlato di “data storica”, è la cancellazione di alcune delle forme di para-subordinazione, ovvero i contratti a progetto che nello schema di decreto approvato ieri vengono cancellati a decorrere dal primo gennaio 2016.

Addio ai collaboratori a progetto (co.co.pro.), agli associati in partecipazione con apporto di lavoro e al job sharing. Dal 1 gennaio 2016 a buona parte dei rapporti di collaborazione saranno applicate le norme del lavoro subordinato. Restano salve le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi, il contratto a tempo determinato, il contratto di somministrazione, nel cui ambitosi estende lo staff leasing, il contratto a chiamata, i voucher (elevabili fino a 7.000 euro), l’apprendistato.

Così ancora il Sole 24 Ore. Dunque il contratto a progetto sparisce ma in realtà resta: potrà essere stipulato un co.co.pro, anche dopo il primo gennaio 2016, nel caso in cui:

  • Si tratti di prestazione oggetto di accordi collettivi stipulati dalle confederazioni sindacali comparativamente più rappresentative “che prevedano disposizioni specifiche sul trattamento economico e normativo per particolari esigenze produttive ed organizzative del settore di riferimento” – ovvero, se i sindacati si sono detti d’accordo a qualificare quella prestazione come oggetto di un possibile co.co.pro.
  • Si tratti di collaborazioni prestate da “professioni intellettuali che richiedono l’iscrizione agli albi professionali
  • Si tratti di attività prestate da componenti di organi di amministrazione e controllo di società e partecipanti a collegi e commissioni
  • Si tratti di collaborazioni con associazioni e società sportive affiliate alle federazioni nazionali

Questo schema di decreto dovrà passare per le commissioni parlamentari e potrebbe ancora essere modificato dal governo, anche se, come nel caso dell’articolo 18, il parere dell’esecutivo non è vincolante. Per gli esponenti della minoranza Pd come Stefano Fassina, intervistato su Repubblica, “con questo decreto il diritto del lavoro italiano torna agli anni Cinquanta. Renzi attua l’agenda della Troika economica con una fedeltà che — sono certo — il professor Monti invidierà”. Lo sbandieramento della cancellazione dei co.co.pro. sarebbe una “foglia di fico” visto che “rimangono anche i contratti a tempo determinato senza causalità; restano il lavoro intermittente, il lavoro accessorio e pure l’apprendistato senza requisiti di stabilizzazione. Il carnet di contratti precari non cambia”.

Federico Bernini/LaPresse
Federico Bernini/LaPresse

JOBS ACT: PARTITE IVA, TEMPO DETERMINATO, ARRIVA LA NASPI

Il contratto a tempo determinato a cui accenna Fassina esce dalle stanze del governo come è entrato: rimane possibile fino a 3 anni senza alcuna causale; anche per il Job-on-call, spiega Poletti, “l’abbiamo lasciato così perché non siamo stati tanto bravi da trovare una soluzione alternativa”; sopravvivono anche i voucher che saranno utilizzabili fino ad un massimo di 7mila euro annui. Per le “false partite Iva”, il governo ritiene che questi decreti funzioneranno come deterrente.

Il Jobs Act definisce il lavoro subordinato secondo determinate caratteristiche, per cui se i controlli verificano che c’è una partita iva fasulla, quello è lavoro a tempo subordinato. Oggi il confine è molto più rigido

Così ieri ancora Poletti. Entra in vigore inoltre l‘assicurazione universale sul lavoro, misura di welfare universalistico che avrà il nome di Naspi e che sostituisce l’Aspi e la mini-Aspi introdotta dalla riforma Fornero nel 2011. Si parla di una tutela che va incontro a chi si trova in disoccupazione involontaria a partire dal prossimo 1 maggio, “a condizione che il lavoratore abbia almeno 13 settimane di contributi negli ultimi 4 anni e 18 giornate effettive di lavoro nell’ultimo anno”, il suo importo massimo sarà di 1300 euro al mese, dopo 4 mesi tale somma sarà ridotta di  un 3% ogni mese e avrà una durata di 2 anni massimo. “Per i collaboratori iscritti alla gestione separata Inps, se perdono il lavoro avranno l’assegno di Dis-col, a condizione che possano vantare tre mesi di contribuzione nel periodo compreso tra il i gennaio dell’anno precedente l’evento di disoccupazione”, riporta ancora il Sole 24 Ore.

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JOBS ACT: IL PART-TIME, LE REAZIONI

Modifiche alle normative sul part-time: innanzitutto sarà possibile richiederlo per motivi di salute anche al di là di patologie oncologiche (“basta con la logica di ‘o stai a lavorare o vai a casa'”, ha detto il governo), o sarà possibile optare per il part-time in luogo del congedo parentale (ottenibile fino a 6 anni, invece che 3). Il Sole 24 Ore stima l’effetto delle misure del governo Renzi generalmente come “alte” e per Confindustria parla Alberto Bombassei su Repubblica: “Si tratta di norme meno vincolanti per le aziende. Dal momento dell’assunzione gli imprenditori, come credo sia giusto, si prendono impegni crescenti. Nel momento in cui un datore di lavoro assume un dipendente, non si sente più vincolato per la vita a quel rapporto, come accadeva prima. Per questo non pochi annunciano ora l’intenzione di assumere”. I sindacati proclamano la loro assoluta contrarietà al pacchetto: “Il governo parla di diritti ma mantiene la precarietà, dimentica le partite iva e regala a tutti licenziamenti e demansionamenti facili”, dice la Cgil, che annuncia una nuova stagione di “contrattazione” e il lancio di un nuovo “statuto dei Lavoratori”. Cisl e Uil sulla stessa linea: “Avremmo voluto un atteggiamento più coraggioso del governo sulla effettiva abolizione delle forme di precarietà”, dice Annamaria Furlan; “bisognava eliminare tutti i contratti di precarietà. Invece, sono rimasti quelli a tempo determinato a 36 mesi senza causale e hanno esteso la possibilità di ricorrere ai voucher”, aggiunge Carmelo Barbagallo.

 

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