Guido Improta si difende sulla Metro C: «Ho evitato la truffa»

Guido Improta, assessore alla mobilità di Roma Capitale nella giunta di Ignazio Marino, con una lunga intervista al Corriere della Sera, spiega la sua versione dei fatti sull’inchiesta di Firenze nella quale il titolare della politica romana dei Trasporti è citato nelle intercettazioni e su quella di Roma in cui sembra essere addirittura iscritto nel registro degli indagati (ma nessun avviso di garanzia è ancora stato inviato) insieme ad Ercole Incalza, il supermanager del ministero delle Infrastrutture, capo della struttura di missione per i Lavori Pubblici, arrestato nell’ambito delle inchieste che hanno portato alle dimissioni Maurizio Lupi.

 

Improta su Metro C: "Ho evitato la truffa ai romani"

GUIDO IMPROTA: «HO IMPEDITO LA TRUFFA AI ROMANI»

Secondo le notizie pubblicate finora dai giornali, Guido Improta sarebbe collegato ad Incalza tramite il manager di sua fiducia Stefano Perotti, direttore dei lavori per una tratta della Metro C.

Lievitazione dei costi, procedure, tempi di consegna: sono questi gli aspetti oggetto dell’inchiesta romana su «la più grande opera infrastrutturale del Paese». Perché la parte già realizzata è costata tre miliardi 739 milioni, cioè 692 milioni in più del prezzo di aggiudicazione dell’appalto. E per costruire i tre chilometri da San Giovanni al Colosseo sono stati previsti sette (!) anni già prima di iniziare. Fino all’arresto, il direttore dei lavori di questa tratta era Stefano Perotti, considerato il socio di Incalza

Così il Corriere della Sera pochi giorni fa. I reati di cui si vocifera sarebbero abuso d’ufficio e truffa aggravata. Al centro delle imputazioni per Improta ci sarebbe l’atto attuativo del settembre 2013 con cui  “al consorzio Metro C vennero riconosciuti oltre 250 milioni per chiudere il contenzioso con Roma Metropolitane, più una novantina di milioni extra”, spiega Repubblica. Intervistato da Alessandro Capponi e Ilaria Sacchettoni sul Corriere della Sera di Roma, oggi, l’assessore riprende la questione.

Partiamo dall’incontro risolutivo con Incalza. 

Con l’atto attuativo ho impedito la truffa ai danni di Roma, Incalza era il mio referente tecnico, non avevo alternative. Faccio notare che l’ex dg di Roma metropolitane, Federico Bortoli, che per inciso al nostro arrivo dirigeva l’ufficio legale, era contrario all’atto attuativo. Nel giugno 2011 Metro C indica Perotti quale direttore dei lavori della tratta T3 e, a settembre, Roma metropolitane esprime il proprio gradimento nei confronti di Perotti. Tutti gli atti concernenti la Spm (riconducibile a Perotti, ndr) sono stati adottati da Federico Bortoli, con il quale noi abbiamo unilateralmente risolto il rapporto di lavoro nel novembre 2014

Allo stesso proposito, Improta aveva spiegato: “mi pare tutto bizzarro perché il Cipe non delibera più soldi in favore della linea C dal dicembre 2012, giunta Alemanno. Noi non abbiamo mai chiesto soldi, non li abbiamo mai stanziati né gestiti. E la copertura per l’atto attuativo del 2013 era comunque disponibile nel quadro economico finanziario che abbiamo trovato”.

Rimane il fatto che i costruttori, una delibera dopo l’altra, si portavano a casa – costi dell’opera già lievitati a 3,7 miliardi – altri soldi… 

«D’accordo, ma è la fine del film… Io sono arrivato e trullero trullero dovevo pagare 253 milioni senza azzerare il contenzioso da due miliardi, era conveniente? Questi due miliardi erano gonfiati? Dopo l’atto attuativo, con tempi di consegna certi, tanto che abbiamo già chiesto 31 milioni di penali, il general contractor non ha più avanzato riserve né pretese».

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«CON L’ATTO ATTUATIVO TEMPI CERTI DI CONSEGNA»

Secondo Improta proprio l’atto attuativo che gli verrebbe contestato ha assicurato ai romani tempi certi sull’entrata in esercizio della Metro C.

Ma perché i costruttori dovevano avere quei soldi? 
«Le pretese, in base alla delibera 127 del Cipe, erano legittime. Caltagirone forse non ha regalato nulla a Roma ma di certo adesso il lavoro delle imprese si può valutare…». 
Nell’estate del 2013 ci fu un «ricatto» dei costruttori? 
Io posso solamente ricordare la situazione in cui eravamo, e non è un alibi: i cantieri erano stati chiusi e gli operai avevano portato le ruspe su via dei Fori Imperiali, anche il prefetto aveva espresso preoccupazione per l’ordine pubblico

“Pignatone ha dimostrato di non essere un magistrato da salotti, e infatti la Procura non è più il porto delle nebbie. Non so cosa pensare, forse ci sono divisioni all’interno”, chiude, un po’ caustico, l’assessore Improta, che avrebbe ricevuto negli ultimi giorni un diluvio di messaggi di solidarietà; anche Alfonso Sabella, suo collega di giunta con delega alla Legalità, conferma la mancanza di motivi per rassegnare le dimissioni invocate a gran voce dalle opposizioni e dal Movimento 5 Stelle. Lo dichiarava ieri a Repubblica.

Perché dovrebbe darle?. Qui l’unico indagato dovrebbe essere chi ha pubblicato la notizia su un avviso di garanzia che non è ancora arrivato perché o non è vero e si tratta di diffamazione oppure se è vero è rivelazione di segreto d’ufficio, reato punibile penalmente

Ma Improta ha già chiarito: se si trattasse di un’inchiesta per corruzione, la sua priorità sarebbe dare le dimissioni e “concludere l’esperienza in Campidoglio” per badare “a difendersi”.

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