Le nuove picconate di Ignazio Marino “La città muore, Roma nel caos per colpa di Renzi”

27/12/2015 di Boris Sollazzo

Era relegato nelle brevi di cronaca locale. Per tornare ad occupare uno spazio mediatico importante, ha dovuto attendere le vacanze di Natale. Marino non si arrende al tempo che passa e alla città che lo dimentica. Le manifestazione sotto il campidoglio per difenderlo sono un lontano ricordo. Ma l’astio politico nei confronti di Renzi è ancora un qualcosa con cui fare i conti.

Esterna, piccona, si sfoga quello che i romani chiamavano “l’alieno”.

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Lo fa al Tg1 l’ex sindaco, l’uomo dalle dimissioni a puntate che ancora non si capacita di quella sfiducia che gli ha tolto una poltrona che era convinto di occupare ben oltre il 2020. “Roma sta morendo asfissiata, non solo per lo smog. La soffoca la mancanza di politica e democrazia”. Non pago, esplicita il suo obiettivo, il premier. “Matteo Renzi la sta governando da Palazzo Chigi, con promesse di fondi e di supereroi, e invece la città è messa peggio di quando c’era Alemanno”. Bum, l’alleanza trasversale dei trombati era imprevedibile davvero. “Allora c’era la neve, ora il guano degli uccelli che infesta i lungoteveri”. Si sa, con lui i volatili non defecavano. “Evidentemente Renzi e i suoi 19 consiglieri-accoltellatori erano troppo impegnati ad allontanare un’amministrazione sana e si sono dimenticati che i dissuasori sonori andavano installati prima che arrivassero 4 milioni di uccelli”.

Si trattiene su commissario e prefetto. “Tronca e Gabrielli? Non sarebbe giusto attribuire a loro responsabilità politica che sono tutte di Matteo Renzi. Sul voto rinviato dico solo che una capitale europea non può stare due anni senza democrazia, la gente andrebbe a manifestare sotto Palazzo Chigi”. E forse qua scatta la nostaglia dei bagni – anzi dei bagnetti – di folla sotto il Campidoglio. Roma è sempre nei pensieri dell’ex primo cittadino, tanto che invita il presidente del consiglio a “fare una passeggiata con me in un quartiere di periferia della Capitale. Così vediamo con chi si è rotto il rapporto con i Romani”. Qui, il buon Ignazio dimentica forse le contestazioni violente subite a San Lorenzo, a Tor Sapienza e non solo. Ma si sa il vento della nostalgia spazza via tutto. “Penso in primis alla missione incompiuta a Roma, dopo un anno di lavoro intensissimo – che pochi hanno notato, ndr – avevamo individuato le criticità che durano da decenni, dai rifiuti alle rotaie del metrò mai sostituite in 40 anni, fino alle illegalità di Ostia a cui, nella Legge di Stabilità, Pd e Ncd, Renzi e Alfano, stavano per fare un gran regalo prima che io denunciassi la cosa in Rete e li costringessi a fare retromarcia”.
E qui scatta il complotto. “La mossa decisiva che li ha spinti a cacciare un sindaco democraticamente eletto è stato il fatto che io mi sia opposto all’idea di Malagò e Montezemolo di realizzare il villaggio olimpico in un’area verde di Tor Vergata, mentre io e l’assessore Caudo pensavamo a un’altra area, tra Flaminia e Salaria, sfruttando un vecchio collegamento ferroviario che poteva diventare una metropolitana di superficie. Ma l’idea non piaceva a chi voleva edificare nuove aree, quartieri ghetto con quindicimila appartamenti. Sicuramente Tronca, quando dovrà decidere, sceglierà Tor Vergata, vedrete”.

Quando gli chiedono quali vantaggi possa avere il Pd e Renzi da questo presunto disastro, lui si attacca a “un passato molto rimpianto da una parte della classe dirigente romana che con la trasparenza ha perso molti privilegi acquisiti”.

Severo con gli avversari, tenero con se stesso. “Di errori miei ce ne sono stati. Un deficiti di comunicazione, ma la responsabilità è anche dei media: chiudo Malagrotta, si parla della Panda Rossa; apro le spiaggie di Ostia, si parla del funerale e dell’elicottero dei Casamonica; cambio i vertici delle aziende e la campagna stampa è sulla sporcizia della città. Ma su quest’ultima ora, guarda un po’, i giornali taccioni, evidentemente i quotidiani, soprattutto quelli romani, rispondono a interessi a me sconosciuti. E poi ho sbagliato a non esaminare attentamente, nel 2013, i curriculum dei candidati consiglieri del Pd, a pretendere che fossero cristallini. Quegli stessi a cui per la sfiducia sono stati promesse presidenze di municipi: ma a più d’uno son state paventate le stesse, come quelle del II, del III, del IV”. E poi la bomba “I romani non sopportano che li governi un fiorentino”. Già, preferiscono un genovese.

C’è anche una frecciata per Orfini. “Sì ci sono stati esponenti del partito che mi sono stati vicino. Il commissario del Pd di Roma: in prima fila nell’affilare i coltelli e poi colpirmi”. I Latte e i suoi derivati direbbero: “e basta Ignazio, è passato mezzo cd!”.

Su un possibile libro, la battuta finale che quasi sembra una minaccia. “Scrivere mi piace molto, è una passione che non nascondo e coltivo da sempre”. Chissà, magari si intitolerà l’Ignaziade.

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