I flop dei sondaggi: Negli Usa male (quasi) come in Italia

17/11/2014 di Andrea Mollica

Il fallimento dei sondaggi ha caratterizzato le ultime elezioni svoltesi in Italia. Nessun’indagine demoscopica ha previsto il risultato superlativo del M5S alle politiche 2013 così come la straordinaria percentuale ottenuta dal PD di Renzi alle europee del 25 maggio scorso. Anche nella patria della demoscopia politica, gli Stati Uniti, i sondaggi hanno fornito prestazioni deludenti alle presidenziali 2012, confermate alle midterm 2014 svoltesi dieci giorni fa.

SONDAGGI POLITICI IN ITALIA – I sondaggi politici hanno acquisito una cattiva fama nel nostro Paese, e sono spesso associati, talvolta in modo ingeneroso, alla scarsa affidabilità dimostrata nelle ultime elezioni. In Italia le indagini sulle intenzioni di voto hanno fornito più di un risultato deludente nella storia recente, anche se in diverse occasioni gli istituti demoscopici hanno saputo stimare con precisioni competizioni piuttosto difficili da monitorare come le primarie organizzate dal PD o dal centrosinistra. La “madre” di tutte le delusioni sondaggistiche è stata la lunga nottata del 9 aprile 2006; la sfida tra l’Unione di Romano Prodi e la Casa della Libertà di Silvio Berlusconi si sarebbe dovuta risolvere in una facile vittoria del cartello di centrosinistra, allora all’opposizione. Sondaggi ed exit poll realizzati per le politiche del 2006 indicavano un successo dell’Unione nell’ordine dei 5 punti percentuali, un margine confortante e al di sopra del margine statistico di errore, collocato al 3% con un intervallo di confidenza del 95%. Ciò significa che se si fossero svolte 100 volte le elezioni nell’universo campionario dell’elettorato italiano, la coalizione di Prodi avrebbe vinto per 95 volte con un margine di vantaggio compreso tra il 3,5 e il 6,5%. La realtà dello scrutinio fu però ben diversa, e l’Unione ottenne un successo che definire risicato appare ancora oggi un eufemismo, con un margine di 24 mila voti su 38 milioni espressi. Nelle elezioni del 2008 in realtà solo l’exit poll di Sky TG24, unito alle affermazioni sul sorpasso di Walter Veltroni, avevano tratto in errore una parte dell’opinione pubblica sul prevedibile successo del Popolo della Libertà e della Lega Nord, ampiamente previsto dai sondaggi diffusi sui media prima del black out elettorale. La storia però è cambiata nel 2013 così come nel 2014, visto che i dati più significativi di queste consultazioni, l’affermazione del M5S e il trionfo del PD, non sono stati rilevati nelle indagini demoscopiche pubblicate da giornali e TV.

SONDAGGI IN ITALIA E NEGLI USA – I sondaggisti italiani hanno spesso giustificato i loro errori con il black out imposto dalla legge sulla par condicio alla pubblicazione delle indagini demoscopiche. Quindici giorni prima del voto i media non possono diffondere più i dati sulle intenzioni di voto, anche se in realtà i risultati dei sondaggi continuano a circolare su diversi siti che li pubblicano sotto forma di corse di ippica, voci del conclave o gare ciclistiche. Nel 2013 così come nel 2014 c’è stata una curiosa coincidenza della sottostima della formazione arrivata prima, il M5S alle politiche e il PD alle europee. Un anno e mezzo fa i sondaggi prima del blackout rilevavano in media i 5 Stelle intorno al 15%, mentre a metà maggio gli ultimi dati indicavano per il PD un buon 31,8%. Lo scrutinio ha però smentito in modo piuttosto clamoroso le intenzioni di voto. Il M5S ha ottenuto 10 punti percentuali in più rispetto agli ultimi sondaggi, e il PD l’ha quasi raggiunto con un errore medio di 9 punti. Negli Stati Uniti le ultime elezioni, le presidenziali 2012 così come le midterm 2014, non sono state caratterizzate da errori così clamorosi, ma anche nella patria della demoscopia politica gli istituti di sondaggi la sottostima dei vincitori è stata piuttosto netta. Nel 2012 infatti Barack Obama ha ottenuto il secondo mandato alla Casa Bianca con un margine di vantaggio ben più tranquillizzante di quanto rilevato dagli ultimi sondaggi, così come i Repubblicani hanno conquistato il Senato e diverse altre competizioni statali nelle elezioni di metà mandato con più facilità del previsto, dai sondaggi.

ERRRORI NEI SONDAGGI USA: PRESIDENZIALI 2012 – Negli Stati Uniti i sondaggi si possono realizzare a scrutinio in corso, senza alcun limite temporale. L’unica prescrizione per le TV e i media americani riguardano gli exit poll, che dal 2004 non possono essere più diffusi prima della chiusura delle operazioni di voto nello stato in cui è effettuato il sondaggio. Negli Usa ci sono tre diversi fusi orari, e dal 2004 in poi si è preferito evitare di assegnare la presidenza prima della fine delle operazioni di voto degli Stati della costa Ovest, che chiudono i loro seggi tre ore dopo i primi della costa Est. Gli exit poll statunitensi godono di una fama non così dissimile rispetto a quella italiana. La “madre” di tutte le illusioni furono le indagini post voto delle presidenziali del 2004: i dati preliminari, non ancora ponderati, circolarono su molti media, e diversi siti assegnarono la presidenza a John Kerry. Memorabile in questo senso fu l’errore del giornale italiano “Il Manifesto”, che uscì nelle edicole con una prima pagina di ringraziamento agli Stati Uniti che avevano eletto il candidato democratico, mentre nelle stesse ore George W Bush festeggiava la conferma alla Casa Bianca. Nelle presidenziali del 2004 e del 2008 i sondaggi furono in realtà piuttosto precisi, visto che la media delle intenzioni di voto era praticamente identica al risultato finale ottenuto dai vittoriosi Bush e Obama. Anche nelle elezioni di metà mandato del 2006 e del 2010 le indagini demoscopiche rilevarono correttamente la forte avanzata, rispettivamente, di Democratici e Repubblicani, anche se 4 anni fa la sottostima del voto ispanico sopravvalutò alcuni candidati del Gop alle senatoriali di alcuni stati come Colorado e Nevada. Un simile errore di campionamento ha probabilmente causato la prestazione deludente dei sondaggi alle presidenziali del 2012. La media delle indagini sul voto nazionale realizzate dopo il primo dibattito tra Barack Obama e Mitt Romney aveva rilevato il candidato democratico con un vantaggio minimo, pari allo 0,3%. Quando tutte le schede sono state contate, invece, Barack Obama ha vinto in maniera piuttosto netta, con un vantaggio di circa 5 milioni di voto pari a poco meno del 4%. I sondaggi nazionali avevano indicato correttamente il vincitore, ma avevano rilevato una corsa molto più incerta di quanto in realtà sia mai stata.

ERRORI NEI SONDAGGI USA: MIDTERM 2014 – Le elezioni di metà mandato 2014 sono state caratterizzate da sondaggi che hanno rilevato con ancora minor efficacia rispetto alle presidenziali 2012 le dinamiche elettorali statunitensi. I Repubblicani erano il partito indicato dagli osservatori come il favorito delle midterm 2014, ma i valori del Gop sono stati sottostimati nelle competizioni più importante monitorate dagli istituti demoscopici. La media degli ultimi 30 sondaggi sull’indicazione generica per la Camera dei Rappresentanti indicava un margine di vantaggio per i Repubblica di poco meno di 2 punti percentuali, decisamente inferiore rispetto ai quasi 7 punti percentuali ottenuti dal Gop. Il conteggio delle schede non è ancora finito in realtà, ma al momento si nota come i sondaggisti abbiano sottostimato di circa 5 punti percentuali il vantaggio dei Repubblicani rispetto ai Democratici. La rilevazione dell’intenzione di voto generica per la Camera dei Rappresentanti può essere teoricamente meno affidabile, vista la mancanza di un requisito fondamentale come la scelta del candidato, rispetto ai sondaggi sulle competizioni statali, senatoriali o governatoriali. Nel 2014 gli istituti demoscopici hanno però sottostimato il Gop anche nelle sfide più rilevanti del Senato. Le senatoriali del Kentucky e dell’Arkansas sono state dominate dai candidati repubblicani, che hanno ottenuto margini di vittoria di 8 e 12 punti percentuali superiori rispetto a quanto stimato dai sondaggi. Un errore molto rilevante, simile ad esempio a quello registrato per la Virginia. Secondo le indagini demoscopiche, che sono state poche per questo stato visto l’esito teoricamente scontato delle elezioni, il senatore democratico Mark Warner avrebbe dovuto vincere con un margine di vantaggio di poco inferiore ai dieci punti. Warner è invece stato confermato con un successo molto risicato, ottenuto con meno di 20 mila preferenze in più rispetto al suo avversario repubblicano, pari a poco meno di un punto percentuale di vantaggio. Il sito di analisi demoscopiche 538 ha indicato in 4 punti percentuali la sovrastima in favore dei candidati democratici alle senatoriali 2014. Osservando invece le medie dei sondaggi effettuate dagli aggregatori RealClearPolitics e Huffington Post Pollster si nota come l’errore delle indagini demoscopiche effettuate per le senatoriali delle midterm 2014 sia stato di poco inferiore ai 5 punti percentuali. Un dato decisamente negativo, e non così lontano dagli sbagli a cui ci hanno abituato i sondaggisti italiani.

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