I debiti dell’Unità? Rischiano di pagarli i contribuenti

I debiti lasciati dall’Unità (e dal Pds) dopo il fallimento del 1994? Non soltanto non sono mai stati pagati, ma sono stati trasferiti sulle spalle dello Stato. Tradotto, a pagare alla fine rischiano di essere i contribuenti.

Come ha ricordato Report con un servizio di Emanuele Bellano, mentre oggi finanziatori, giornalisti e fornitori sono costretti a fare i conti con la messa in liquidazione de Nuova Iniziativa Editoriale (la società editrice che ha portato i libri in tribunale nonostante 60 milioni di contributi pubblici incassati in 14 anni di gestione), c’è anche la partita della “passata” Unità; a circa 110 milioni di euro ammonta il vecchio debito accumulato dal giornale, fino al 1994 gestito direttamente dal Pds (nato dopo la fine del Pci e la svolta della Bolognina, poi divenuto Ds e oggi Pd).

Unità Patrimonio Ds
Il valore stimato del patrimonio degli ex Pci-Pds-Ds (Screenshot: Report)

I DEBITI DELLA VECCHIA UNITÀ? POTREBBERO PAGARLI I CONTRIBUENTI –

A svelarlo per primo era stato il giornalista del Corriere della Sera, Manuele Bonaccorsi, precisando come le banche creditrici – San Paolo per 32 milioni, Bnl per 82, 20 per Banco popolare (allora Ifibanca) – abbiano già battuto cassa a Palazzo Chigi per recuperare i soldi prestati al quotidiano fondato il 12 febbraio 1924 da Antonio Gramsci.

Il motivo? Per capirlo serve fare un passo indietro, al 2001. Fu allora che Ugo Sposetti, storico tesoriere Pci-Pds-Ds e oggi senatore Pd e presidente della Fondazione Ds, si trovò di fronte al maxi debito del partito, circa 447 milioni di euro. Un gran parte (125) derivanti dagli stessi mutui concessi al quotidiano, sui quali era già garante lo Stato, come sottolineò il Corsera. Come dimostra un documento esclusivo allora svelato dalla stesso giornale, l’obiettivo divenne allora «trasferire il debito del partito derivante dai mutui editoria allo Stato, il quale peraltro ne è già garante».

IL SISTEMA DELLE FONDAZIONI E IL PATRIMONIO NON AGGREDIBILE.  –

Non fu un caso che nel 2007, prima della nascita del Pd, i Democratici di Sinistra blindarono il proprio patrimonio immobiliare – valutato per circa mezzo miliardo di euro – dentro a una Fondazione Ds. La stessa che a sua volta ha poi ceduto gli stessi immobili un un sistema di 57 fondazioni locali, presenti in tutto il territorio nazionale. Soggetti giuridici indipendenti e autonomi che gestiscono ancora circa 2400 immobili. Ma non più connessi al partito. L’obiettivo? Come ricorda la trasmissione di Milena Gabanelli, proprio quello di «fare da schermo e diventare inattaccabili dai creditori». 

L’UNITÀ E LA NORMA PER TRASFERIRE I DEBITI ALLO STATO –

Dal 2008, dopo la nascita del Pd, la mole di debiti contratti dall’Unità non viene più pagata. E oggi resta a carico dello Stato, quindi dei contribuenti. Il motivo? “Merito” di una legge, varata nel 1998 dal governo Prodi e che oggi non esiste più, che permise di trasferire la garanzia posta dallo Stato fin dal 1987 sui debiti dei quotidiani di partito «anche a soggetti diversi dalle editrici concessionarie». Specifica la legge: «La garanzia concessa a carico dello Stato è escutibile a seguito di accertata e ripetuta inadempienza da parte del concessionario».

Unità

In pratica, come ha ricordato Gabanelli,  «se un partito, non è in grado di pagare i debiti dell’editore, e non ci sono altri beni aggredibili – come nel caso dei Ds, i cui immobili erano stati “blindati” con il sistema delle fondazioni, ndr – le banche creditrici possono battere cassa alla Presidenza del consiglio». Tradotto, dovrà essere lo Stato, in quanto garante, a pagare le banche creditrici al posto dell’Unità e della Fondazione Ds. Inadempienti.

Le banche stesse hanno così prima ottenuto dal Tribunale di Roma l’emissione di decreti ingiuntivi contro la presidenza del Consiglio dei ministri per riottenere i soldi prestati all’Unità. E ora il Tribunale ha deciso che entro 120 giorni il debito dovrà essere pagato. La presidenza del Consiglio ha fatto opposizione, ma intanto, hanno precisato su Report, «bisogna scucire 95 milioni di euro». Ovvero «il totale dei decreti ingiuntivi».

LA DIFESA DI SPOSETTI –

 

«Il debitore è morto. Se il debitore muore che succede? […] Voi andate alla ricerca non si sa di che cosa… Ci sono le norme, ci sono i rogiti, ci sono le autorità preposte e in questo caso un Magistrato Civile ha detto: guarda signor Stato che devi pagare tu! Chiaro?», si è difeso Sposetti, intervistato da Report. Fu proprio lui il “regista” dell’operazione che permise di salvaguardare il patrimonio e di non renderlo aggredibile. Tutto a norma di legge, va precisato. Ma con conseguenze non irrilevanti per lo Stato e i cittadini. Proprio come ricorda Bellano nell’intervista con Sposetti, rievocando il già citato documento inedito del Corriere della Sera dove si mostrava come l’obiettivo fosse proprio quello di «trasferire il debito del partito derivante dai mutui editoria allo Stato»:

Bellano: «A me viene da pensare che questa è stata, diciamo, una strategia, è stata una mossa calcolata e strategica quello che poi è successo dopo?

Sposetti: Quindi che vuole dire? Che sono stato bravo!

È stato bravo dal punto di vista del partito, dal punto di vista dei cittadini…

Sposetti: Se m’avessero dato un incarico, una società, mi avrebbero dato tanti soldi per fare questo lavoro. Le è chiaro questo?

Sì, ma il problema però è che questo debito attualmente è stato trasferito sullo Stato e quindi è stato trasferito sui contribuenti!

Sposetti: Ma, ma, ma ma per le norme, a lei… a lei questi aspetti giuridici e contabili non gli c’entrano, che gli posso fare?! Se lei dà una garanzia a me per una mia esposizione bancaria che mi garantisce fino al 2020, se io poi non posso più onorare, la garanzia l’ha data lei, giusto? Le banche vengono a cercare lei. È chiaro questo?»

LA MOLE DI DEBITI CHE GRAVA SULLO STATO –

Sarà pur chiaro il ragionamento, ma i debiti fatti dall’Unità graveranno ora sulla collettività. Per questo, Milena Gabanelli ha fatto appello all’ex tesoriere Ds, «così insuperabilmente bravo da costruire l’inaggredibilità degli immobili del partito», a smontarla: «Vendetene un po’ e pagatevi i vostri debiti, invece di scaricarli addosso a noi, sicuramente contribuirebbe, avrebbe anche un’altra ricaduta, contribuirebbe al rilancio e all’orgoglio di quel giornale che sicuramente ha tanto amato».

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