Amministrative a Roma, Guido Bertolaso scaricato. Fi costringe Berlusconi alla resa

21/04/2016 di Alberto Sofia

Update, 16.40 – Dopo l’ufficio di Presidenza di Forza Italia, Guido Bertolaso continua a rivendicare la sua candidatura alle Comunali di Roma. Non vuole mollare, l’ex capo della Protezione civile, nonostante il partito sia in fibrillazione e abbia dato mandato a Berlusconi per ritrovare una convergenza con Fdi e Lega: «Si va avanti, non mi ritiro. Il mio obiettivo è il 5 giugno, i romani decideranno sulle proposte, non sulle voci», ha aggiunto, in conferenza stampa con Gianfranco Rotondi, leader di Rivoluzione Cristiana e deputato

GUIDO BERTOLASO SCARICATO DA FI

Non c’è ancora l’ufficialità del ritiro, ma di fatto è il passo decisivo, l’antipasto, per il benservito di Forza Italia e del Cav a Guido Bertolaso. Nella cornice di Palazzo Grazioli, con l’Ufficio di presidenza azzurro riunito, i big del partito litigano e prendono ancora tempo, come di consueto per un organo abituato a ratificare le scelte del suo padre padrone. Ma il messaggio che arriva dal partito, seppur diviso, è chiaro: sarà compito del Cav tornare «a dialogare con gli alleati», Lega e Fratelli d’Italia. Un “mandato esplorativo” che rappresenta soltanto una formula politica. Perché, di fatto, costringe Berlusconi ad accettare il mandato per siglare la resa.

Resta nelle mani del leader il tentativo di ritrovare la convergenza su Giorgia Meloni, l’opzione prioritaria per fingere una ritrovata convergenza del centrodestra, deflagrato da settimane nella partita del Campidoglio. Ufficialmente, tutte le possibilità restano in campo, compresa la “seconda via” di Alfio Marchini. Ma è il partito, che teme l’isolamento, a spingere per la leader di Fratelli d’Italia. E quella sarà la scelta, a meno di sorprese, maturata nel giorno del lancio ufficiale della campagna elettorale della stessa Meloni alla terrazza del Pincio.

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GUIDO BERTOLASO A UN PASSO DAL RITIRO. CAV TRATTA LA RESA

Non basta l’ultima resistenza di Bertolaso per evitargli la sfiducia. Nel giorno del benservito azzurro, l’ex sottosegretario è a Palazzo Grazioli, ma non partecipa – spiegano fonti interne – all’ufficio di Presidenza. Il processo interno, però, va già avanti fin dai primi giorni della sua candidatura. Quasi un imputato costretto a difendersi, dopo una campagna elettorale ricca di gaffes. Era stato il Cav a supplicarlo per candidarsi alle elezioni Comunali 2016, prima di scegliere di scaricarlo in extremis. Stretto nella tenaglia di un partito polveriera e del duo Meloni-Salvini, gli odiati alleati, il Cav abdica e accetta di “cambiare cavallo” per la partita del CampidoglioÈ la realpolitik, questione di convenienze. Meglio rischiare di perdere la faccia, che far deflagrare un partito in rissa perenne, tra le ombre di nuove scissioni. O rischiare di trovarsi a commentare un 5% dopo lo spoglio elettorale delle Amministrative.

GUIDO BERTOLASO, LA SFIDUCIA DI FORZA ITALIA

«Non possono abbandonarmi così, ci vuole rispetto per la mia storia…», si era sfogato l’ex capo della Protezione civile. In fondo, Berlusconi lo aveva rassicurato fino a 36 ore prima, ero stato il suo scudo: «Guido, per me sei il miglior candidato possibile per Roma..». Proprio mentre il Carroccio e Meloni continuavano a picconare la sua candidatura e pure Fi chiedeva di recuperare la (finta) unità della “piazza di Bologna“. «Ci condurrà alla fine…», era il coro quasi unanime che veniva ripetuto all’ex premier. Da Arcore, invece, il cerchio magico spingeva il Cav a resistere a sua volta. Perché è chiaro che il passo indietro su Bertolaso, il candidato sul quale Berlusconi si era speso in prima persona, assomiglia (non poco) al simbolo della resa. Quasi un passaggio di consegne nelle gerarchie del centrodestra futuro. Ma è la ribellione interna in casa azzurra a prendere il sopravvento. E a dettare la direzione: Berlusconi incontrerà Salvini e Meloni per decidere l’exit strategy. Provando ancora a spingere per quel listone unico che permetterebbe di nascondere le difficoltà azzurre.

Sul tavolo, sulla carta, c’è ancora pure l’opzione Alfio Marchini, sostenuta dal partito romano e da Antonio Tajani. Ma la “seconda via” resta impervia, perché sarebbe la rottura definitiva con Lega e Fratelli d’Italia. Il rischio isolamento, lo spettro per quel gruppo dirigente che teme soltanto di venire spazzato dall’Opa del Carroccio. «La realtà è che Berlusconi si è messo da solo in un vicolo cieco, ogni scelta su Roma sarà comunque un fallimento…», c’è chi si sfoga da settimane tra i corridoi parlamentari. Poca logica, ormai: in casa azzurra è l’ora delle scelte convulse, d’istinto. Ne fa le spese Bertolaso. In fondo, come aveva dichiarato in campagna elettorale, nemmeno la moglie era sicuro di votarlo. Ci ha pensato Fi a spingerlo da parte.

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