Giulio Regeni, l’Egitto cederà i tabulati?

13/04/2016 di Redazione

Dall’Egitto qualche spiraglio. Minimo. Quasi inesistente, sul caso di Giulio Regeni. L’Italia continua a chiedere i tabulati telefonici dell’utenza del ricercatore friulano, l’Egitto risponde picche. Non può condividerli senza violare la Costituzione, dicono dal Cairo: la crisi diplomatica continua. L’Italia ha richiamato il suo ambasciatore e da Londra le pressioni del Foreign Office si sommano a quelle italiane: nessuna illusione, l’Egitto chiarisce, in ogni caso, che per le indagini “ci vorranno ancora mesi”.

GIULIO REGENI, L’EGITTO CEDERÀ I TABULATI?

Punto della situazione, da Repubblica.

Il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, ha evocato la possibilità di aggirare l’ostacolo costituzionale che si frappone alla trasmissione all’Italia di tabulati e traffico telefonico chiesti dalla Procura di Roma per le indagini sull’uccisione di Giulio Regeni. In dichiarazioni fatte in una conferenza stampa al Cairo dopo una riunione ministeriale Egitto-Burundi, Shoukry però ha avvertito che le l’inchieste potrebbero durare ancora mesi. L’Egitto “non ha chiuso” il caso della morte di Regeni e la collaborazione con l’Italia “continuerà”, ha detto, ancora Shukry il quale ha assicurato che il Cairo “fornirà” a Roma “tutte le informazioni richieste” eccetto una “incostituzionale”: un evidente riferimento alla richiesta italiana dei tabulati delle conversazioni telefoniche intorno all’abitazione e al luogo del ritrovamento del cadavere del ricercatore friulano.

Per la Stampa il ministro degli Esteri egiziano è “possibilista” sulla cessione dei tabulati.

Il segretario dell’attuale procuratore Nabil Sadek promette un appuntamento «ma ci vuole tempo»: sono ore decisive al di là di questa specie di castello color sabbia che ieri ha incassato l’apertura del ministro degli Esteri Shoukry dettosi possibilista sulla trasmissione dei tabulati telefonici chiesti da Roma. Magistratura, sicurezza, intelligence militare e politici sono i fratelli coltelli che da mesi, con alleanze variabili, si contendono il futuro dell’Egitto. La giudice Tahany el Gibali, rimossa dalla Corte Costituzionale all’epoca di Morsi perché vicina all’esercito e oggi al governo, si concentra sulle minacce esterne: «Non dobbiamo permettere che questo pur grave incidente guasti i rapporti con l’Italia, l’inchiesta è aperta. C’è un attacco intenzionale contro l’Egitto da parte dei media nazionali ma forse c’è anche un complotto esterno».

Intanto le pressioni diplomatiche, come dicevamo, si alzano di livello: anche dal Regno Unito il Foreign Office assicura di star facendo la sua parte. L’Italia lavora con gli alleati per tenere l’Egitto sotto attenzione.

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L’Italia la vede diversamente: dopo l’incontro di Roma, risoltosi con un dossier incompleto e lo stralcio del nome del generale Shalaby, ha capito che l’Egitto usava il dossier tecnico per guadagnare tempo sui negoziati politici e ha deciso la linea delle contromosse «progressive» (ieri l’ambasciatore ha visto il ministro Gentiloni). E mentre il Foreign Office di Londra chiede al Cairo trasparenza arriva il sostegno del presidente francese Hollande che, secondo fonti di Parigi, nella sua visita di domenica parlerà al collega Al Sisi del caso Regeni.

 

Sullo Student di Cambridge, giornale dell’ateneo, le parole del Foreign and Commonwealth Office.

Siamo molto preoccupati dalle notizie riguardo la tortura di Giulio Regeni. Abbiamo sollevato il caso con le autorità egiziane a Londra e al Cairo, e abbiamo sottolineato il bisogno di una indagine piena e trasparente. Rimaniamo in contatto con l’autorità italiana ed egiziana. I nostri pensieri sono con la famiglia di Regeni e con i suoi amici, in questo momento difficile.

 

 

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